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11 marzo

Una comunità “normale” è anche inclusiva

La pandemia, più pesante per le persone più fragili, può essere l’opportunità per “cambiare le regole” a proposito della disabilità. Al convegno online promosso dal tavolo di Coordinamento diocesano intervento dell’Arcivescovo e testimonianza del parroco romano don Luigi D’Errico

di Mauro SANTOROSettore disabilità del Servizio per la Catechesi

7 Marzo 2021
Don Luigi D'Errico con alcuni fedeli della sua parrocchia romana

In questi anni i convegni diocesani su comunità cristiana e disabilità hanno avuto sempre al centro il tema del “modo di essere comunità” delle nostre parrocchie. Questo argomento è diventato di grande attualità alla luce della pandemia, dato che proprio la vita delle comunità è stata sconvolta e destrutturata. Le attività “normali” all’improvviso sono state interrotte. Ora, in balia dei colori che vengono assegnati alle zone e con la speranza alimentata dalla somministrazione del vaccino, si cerca, con molta calma e prudenza, di riprendere un po’ di vita “in presenza” all’interno dei nostri ambienti. Ma questo vuol dire ritornare alla “normalità” di prima? E poi che cosa vuol dire “normalità”? Chi decide che cosa sia “normale”? Che cosa vuol dire essere una comunità cristiana che riprende la propria attività “normale”?

Le persone fragili, tra cui quelle con disabilità, in questo ultimo anno hanno pagato più di altri gli effetti della pandemia: pensando a loro, si avverte che l’unica opzione possibile, l’unico imperativo, perché dall’esperienza della pandemia si possa uscire “vivi” (umanamente parlando, con la consapevolezza della nostra fragile umanità e della necessità di una dimensione di vita fraterna), è cogliere questi avvenimenti come un’opportunità, una pietra d’inciampo, un’occasione che ci è data per rivedere le “regole del gioco della vita”. Si tratta per questo di cambiare radicalmente quella presunta “normalità” del quotidiano e del modo di essere comunità cristiana in cui finora ci siamo trovati a vivere. A questo proposito il Papa afferma con forza che: «L’inclusione dovrebbe essere la “roccia” sulla quale costruire i programmi e le iniziative delle istituzioni civili» e a maggior ragione delle comunità cristiane.

Sono queste le domande e le provocazioni che animeranno la serata del convegno dell’11 marzo (in allegato la locandina – iscrizioni on line), durante il quale si alterneranno brevi interventi, testimonianze e video racconti, seguendo un ritmo “allegro”, per non appesantire la serata. Ci sarà la possibilità di interagire ponendo domande durante la diretta della serata.

Mi permetto di segnalare due presenze di rilievo: anzitutto quella del nostro Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, il quale si mostra sempre attento al tema della disabilità e che per l’occasione ci rivolgerà la sua autorevole parola. Inoltre sarà presente don Luigi D’Errico, parroco dei Santi Martiri dell’Uganda a Roma, da poche settimane nominato commendatore dal Presidente della Repubblica, per l’impegno nel volontariato e per l’attività in favore dell’inclusione sociale. Sarà interessante ascoltarne la testimonianza: ci parlerà della sua comunità, in cui l’inclusione non costituisce un “di più”, ma è diventata la normalità dell’essere parrocchia.

Il desiderio di fondo che anima questo nuovo appuntamento – frutto della ormai consolidata collaborazione tra Servizio per la catechesi, Caritas ambrosiana, Fom, Csi e referenti di altre realtà che lavorano sul territorio nel mondo della disabilità – è ben espresso dalle parole di papa Francesco, quando auspica che in una comunità, quando si parla delle persone con disabilità, la meta è che arriviamo a parlare non più di “loro”, ma solo di “noi”.

 

 

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