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Sport, fede e vita cristiana IL GIOCO E LA FESTA/1

5 Giugno 2008

Queste due componenti, insieme a quella della corporeità, aiutano a capire lo stretto rapporto tra la pratica religiosa e quella sportiva, che non è uno strumento, ma un luogo dove si esprimono l’umanità, la dignità e la libertà dell’uomo: valori che fanno riferimento all’etica cristiana

di Massimo Achini
Presidente del Csi di Milano
Segretario della Commissione diocesana
per la progettazione della pastorale per lo sport professionistico
Componente della Consulta diocesana per lo sport

Sport, fede e vita cristiana. Un tema difficile e complesso. Prima di affrontarlo è bene chiarire l’assioma di partenza che ritengo sia condiviso e condivisibile. Lo sport non deve essere considerato come una realtà o un’esperienza totalizzante. Acquista significato se viene messo in relazione con una scala di valori strettamente legati alla visione cristiana dell’uomo, quali il rispetto della persona e della vita, la lealtà, la correttezza, la promozione, la solidarietà.

Per questo motivo lo sport non può essere considerato semplicemente un mezzo; al contrario, se considerato nell’ottica indicata, risulta esso stesso un valore, ossia un luogo ove si esprime l’umanità, la dignità e la libertà dell’uomo. Non è corretto parlare di sport come esperienza “neutrale”. Necessariamente la pratica sportiva richiama valori che appartengono alla eticità di ciascuno e, nel nostro caso, fanno riferimento all’etica cristiana.

Lo sport è, prima di ogni cosa, gioco. L’aspetto ludico può essere definito come l’anima dello sport. Qual è l’elemento caratteristico del gioco? La gratuità. Giocando non si guadagna nulla, non si vince nulla. Si gioca per il piacere di giocare, slegando se stessi dalle necessità quotidiane. Il gioco è, dunque, libertà e massima espressione del proprio essere. La fede non è da meno. È gratuità allo stato puro, è un dono che rende liberi e che regala pienezza e felicità interiore. L’attività ludica sfocia naturalmente nella socialità, così come la fede spinge ciascuno a comunicare con il prossimo, per renderlo partecipe della grande gioia e del messaggio di salvezza che regala.

L’altro aspetto che accomuna fede e sport è la festa. «Lo sport – diceva Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo Internazionale degli Sportivi – è gioia di vivere, gioco, festa e come tale va valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del tecnicismo e del professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura gli uni verso gli altri, come espressione della ricchezza dell’essere…».

Lo sport, quello autentico, produce inevitabilmente un clima di festa e di gioiosa partecipazione; così pure l’esperienza della fede cristiana conduce a un’esistenza partecipata e consapevole, che, nonostante le difficoltà, riesce ad apprezzare fino in fondo le gioie e le opportunità offerte. Non è un caso che, secondo la simbologia biblica, il Regno promesso venga spesso dipinto come un banchetto, ovvero una festa caratterizzata dalla presenza di molte persone, ognuna delle quali ha un posto e ha ricevuto un invito.

Un terzo aspetto che balza all’occhio è lo stretto rapporto esistente tra fede e sport a partire dalla corporeità. Dalla creazione alla promessa della resurrezione finale, il corpo viene definito dai testi sacri come un segno della grandezza divina e quindi meritevole di rispetto. Così pure nella pratica sportiva viene riconosciuto un ruolo prioritario al corpo. La cura, il rispetto e l’attenzione alla corporeità sono, infatti, necessari alla pratica sportiva.

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