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Milano

Scola: «Catecumeni, grande dono
per la Chiesa universale»

L'Arcivescovo ha presieduto la veglia in traditione Symboli assieme a seimila giovani ambrosiani sottolineando il valore della testimonianza di coloro che nella notte di Pasqua riceveranno il battesimo

di Francesca LOZITO

28 Marzo 2015

«Un grande dono, un grande contenuto nel passaggio che l’Europa sta vivendo. Un invito a vivere la fede con la vostra forza di giovani». Così l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha definito la straordinaria testimonianza dei centocinquantaquattro catecumeni, coloro che nella notte di Pasqua riceveranno – da adulti – il Battesimo.
Due di loro sono minorenni, due hanno più di 60 anni, la maggioranza giovani. Il 58% sono donne, il 42% uomini.
Vengono dall’Italia per il trenta percento, segno che anche nel nostro Paese c’è un forte desiderio di avvicinarsi ad un percorso di fede.
Il 70% sono stranieri. Le nazionalità più rappresentate sono l’albanese, la cinese, l’ivoriana, la peruviana.
Angela e Hava, due sorelle i cui genitori sono cresciuti nell’Albania sotto la dittatura, atei, hanno testimoniato durante la veglia il loro cammino che le sta per portare al battesimo: «Dentro di me mi sentivo credente – dice Ava – anche quando ancora non avevo iniziato il catecumenato. Poi, grazie alla vicinanza di alcune figure fondamentali come la mia insegnante di religione ho capito meglio quale sarebbe dovuto essere il mio percorso. Avevo tante domande che mi sovrastavano ma sapevo che Dio mi stava chiamando. Sappiamo che questa nostra scelta ci porterà a dei cambiamenti e siamo felici di poterlo condividere – hanno concluso le due sorelle – con la nostra straordinaria comunità parrocchiale».
E con loro in Duomo c’erano ben seimila giovani, una presenza davvero numerosa, che al termine della celebrazione hanno ricevuto l’immaginetta del Credo.
I catecumeni hanno ricevuto il Credo dalle mani dell’Arcivescovo.
Nell’omelia il cardinale Scola si è soffermato sul tema della veglia, tratto del capitolo 5 del Vangelo di Matteo: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”
«Che cos’è, allora, la purità di cuore? – domanda l’arcivescovo – Per capirlo pensate a Maria, che la incarna in modo supremo. Un cuore puro è un cuore totalmente spalancato, come gli occhi di un bambino che guardano sua madre. Un sinonimo di purità, in questo senso, è semplicità, sincerità, nel senso con cui si dice che un vino è “sincero”, cioè non adulterato, un vino in cui non è stato inserito nessun elemento estraneo alla sua natura».
Il brano evangelico scelto per la veglia, l’incontro tra il Signore e Natanaele, che riconosce di colpo Gesù, mette al centro la questione dell’incontro “fattore decisivo e imprescindibile per conoscere Gesù, oggi come duemila anni fa. “Vieni e vedi” dice il metodo con cui si diffonde e propaga l’incontro, attraverso i testimoni” afferma ancora Scola.
L’incontro più autentico, dunque, quello che permette di avvicinarsi a Dio, avviene molto spesso nel quotidiano, attraverso il coinvolgimento, “vieni e vedi”, appunto. Per i ragazzi convenuti in Duomo, per chi non si assuefà e vive fino in fondo il rapporto di amore con Dio: “Lo abbiamo ascoltato da Angela e Hava”.
Oggi e ieri, testimonianza ancora attuale è per l’Arcivescovo, Santa Teresa d’Avila, a cinquecento anni dalla nascita, che rifonda il Carmelo, «la cui attualità è ancora viva».
La percezione dell’amore di Dio è dunque «custodita ed alimentata, attraverso la fedeltà alla compagnia cristiana, in cui il nostro io fiorisce e si rafforza. Nel linguaggio sempre vivo e attuale della tradizione cristiana si chiama – ha spiegato l’Arcivescovo – vocazione». Che nella sera della veglia ha gli occhi e i volti dei 154 catecumeni: «Consegnando il Credo a coloro che si affacciavano alle soglie della Chiesa per chiedere il Battesimo, i nostri padri fin dall’età apostolica erano consapevoli di affidare ai giovani il tesoro più prezioso della loro vita, da custodire certo, ma soprattutto da far fruttare con creatività e responsabilità. Non solo un testo quindi, ma il dono di una Presenza irrinunciabile, seguita con fedeltà e amata più della propria stessa vita. Il martirio di «una moltitudine immensa» di nostri fratelli cristiani è lì a documentarcelo» ha concluso Scola. Questa “custodia” va portata avanti – ha detto ancora Scola – nelle nostre comunità. Da qui l’invito ad avvicinare gli altri giovani.
La conclusione è dedicata alle parole scritte da Paolo VI nel suo testamento.
E un invito accorato: «Non buttate via la vita. Nessuno, infatti, può restituirvela». E ha invitato i ragazzi ad essere rivoluzionari, controcorrente, di «andare contro la cultura del provvisorio impegnandovi ad essere felici».
E ha invitato i giovani a sostare in preghiera davanti al Crocefisso durante il triduo pasquale.

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