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Hinterland

Scola: «Aprirsi ai fratelli
per testimoniare l’amore di Dio»

L’Arcivescovo, a Cusano Milanino, ha presieduto la Celebrazione per l’avvio della Comunità pastorale “Madonna della Cintura”. Ai moltissimi fedeli presenti ha raccomandato di vivere la Comunità «come una famiglia»

di Annamaria BRACCINI

26 Ottobre 2014

Tanta gente, in piazza e sull’ampio sagrato, attende il cardinale Scola e seguirà la Celebrazione sui maxischermi; altrettanta è in chiesa, gremita fino a non poter nemmeno più entrare; e, poi ci sono i quattrocento collegati dal Teatro parrocchiale.
La nascente Comunità pastorale “Madonna della Cintura” accoglie così l’Arcivescovo che giunge a Cusano Milanino a presiedere la Messa per il solenne inizio, appunto, della Comunità che riunisce le parrocchie San Martino e Immacolata e Regina Pacis. Realtà che parte sotto gli occhi dell’antica e veneratissima statua della Vergine da cui la Comunità prende il nome e che eccezionalmente, dal Santuario dove è conservata, veglia per l’occasione sull’altare maggiore di San Martino, parato a festa.
Concelebrano, tra gli altri, il Vicario Episcopale della Zona settima, mons. Piero Cresseri e il decano di Bresso, don Angelo Zorloni; in prima fila c’è il sindaco, Lorenzo Gajani, con le autorità civili e militari, molte le Associazioni e i gruppi, specie di volontariato, presenti.
Insomma, quello che si dice un bell’avvio, anche considerando che i fedeli, dopo essersi riuniti più volte attraverso i due Consigli pastorali, hanno delineato una proposta di itinerario pensata, lo spiega il responsabile del CP, don Andrea Ferrarotti, non tanto come documento tecnico-organizzativo, ma come una “lettera d’amore” inviata alla comunità cristiana per meglio agire ed essere presenti nel futuro.
«Abbiamo bisogno di pace e riconciliazione – anche se già un primo frutto di tale discernimento è il riavvicinamento di molti alla confessione, nota don Ferrarotti –: sappiamo di avere un cammino lungo davanti, ma ci affidiamo a Maria non nascondendo i timori, le difficoltà, le lentezze, ma attendendo, Eminenza, una sua parola di incoraggiamento come una guida sicura per il nostro cammino».
E questa “lettera di intenti” piace all’Arcivescovo che, con gioia, sottolinea la radice comune da cui anche le Comunità pastorali, con le loro complessità e attese, prendono vita: il Signore e l’amore della Trinità per coloro che si aprono alla salvezza che è donata a tutti gli uomini, come indica con chiarezza la Lettura di Atti 10 proclamata nella Liturgia della Parola.
«Il dato dell’universalità della Chiesa pare oggi acquisito, ma dobbiamo spalancarci di più. Certamente è importante mantenere le tradizioni, ma occorre aprirci ai figli di Cristo che sono generati in tutte le culture. La cattolicità, l’universalità della Chiesa assume per noi oggi un tratto di importante verità, implica che il “tutto” venga prima della parte».
Insomma, bisogna che, nel frammento, come può essere una comunità locale, brilli la bellezza dell’intero. Ma come rendere visibile questa luce? Nella via privilegiata, suggerisce Scola, della testimonianza verso i fratelli battezzati che hanno perduto la strada di casa.
«La cattolicità nelle nostre terre ambrosiane assume – osserva, infatti, l’Arcivescovo –, questa missione, soprattutto per le generazioni di mezzo che, nel loro quotidiano, hanno perso il senso della centralità di Cristo».
Un compito non facile, anche perché «in tempi di “religiosamente e politicamente corretto”, noi per primi non siamo fino in fondo convinti che a salvarci sia solo la croce», scandisce.
Da qui, una prima consegna: «Comunicare in prima persona, con rispetto totale delle convinzioni di ciascuno, la fede, attraverso il gesto eucaristico da portare fuori dal tempio, nonostante tutte le nostre fragilità e peccati. Siamo veri testimoni della Risurrezione solo se l’amore fraterno vince tra di noi. Come Gesù ci abbraccia ogni mattina, anche noi dobbiamo ri-aprirci giorno dopo giorno verso gli altri anche se siamo stati umiliati o abbiamo subito delle ingiustizie, anzitutto per il bene di chi perdona».
Poi, l’affidamento alla Madonna della Cintura – che mi è particolarmente cara, dice l’Arcivescovo – «di un simile desidero di fede, di condivisione, di riconciliazione, di tutto ciò che ci pesa sul cuore e soprattutto, della vostra bella e nuova comunità pastorale».
Il gesto simbolico dell’incoronazione della statua di Maria e del Bambino (la corona era stata benedetta mercoledì scorso da papa Francesco in piazza San Pietro , pone quasi un sigillo, anche felicemente suggestivo, a tali parole sulle quali il Cardinale torna in conclusione con un appello: «La nostra grande storia è sempre stata storia di collaborazione religiosa e civile e anche se i tempi sono molto cambiati (basti pensare che il 7% degli abitanti è immigrato), rimane cruciale testimoniare un nuovo umanesimo. In questa società plurale, credere nella vita eterna porta a vivere in modo differente il rapporto con i beni, con il prossimo, con la società. Alimentiamo il confronto, in vista di un riconoscimento reciproco, nella consapevolezza che la rinascita di cui il Paese ha tanto bisogno, parte dalla base, dalla provincia, da voi. Abbandonate puntigli sterili, litigi inutili, clericalismi astratti, fate prevalere l’amore, perché la Comunità sia sempre più una famiglia».
La Benedizione apostolica con l’indulgenza plenaria, i 15.000 euro per il Seminario che vengono consegnati al Cardinale dalla Comunità – per questo scopo i parrocchiani hanno rinunciato ciascuno a un caffé a settimana – la festa della gente attorno al Pastore che si spinge a stingere mani, all’aperto, ben oltre il sagrato e il Teatro, è come un augurio anche per la Processione che, nel pomeriggio, riporta l’amata immagine della Madonna su un baldacchino sostenuto dai fedeli, come in antico, al Santuario, dove – come ulteriore dono per ricordare la visita – ogni giovedì si pregherà in modo specifico per le Vocazioni.

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