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Milano

Scola ai Consacrati: «Portare nel mondo la cultura dell’incontro»

Il cardinale Scola ha presieduto la Celebrazione per la XIX Giornata Mondiale della Vita consacrata. Nella Basilica di Sant’Ambrogio, moltissimi i presenti al rito e un centinaio concelebranti. «Una giornata di gioia», ha sottolineato l’Arcivescovo

di Annamaria BRACCINI

2 Febbraio 2015

Una Giornata vissuta nella gioia per portare nel mondo il Signore della luce e della pace con quella cultura dell’incontro tanto più necessaria oggi, in un’epoca segnata da violenze e scontri.

Nella basilica di Sant’Ambrogio, gremita di consacrate e consacrati, è appunto la XIX Giornata mondiale loro dedicata voluta da san Giovanni Paolo II, che si festeggia nella Celebrazione presieduta dal cardinale Scola e concelebrata da un centinaio di sacerdoti.

La benedizione delle candele, la bella e suggestiva processione che, partendo significativamente dalla cappella che conserva le reliquie di Santa Marcellina, sorella di Ambrogio, percorre l’atrio di Ansperto, portando al suo centro l’antica icone della Madre di Dio, il canto dei dodici Kyrie tipici delle solennità ambrosiane, le fiammelle accese in ogni parte della chiesa ricordano simbolicamente e liturgicamente tutta la bellezza e la gioia della Vita consacrata. Che è «risorsa originale della Chiesa ambrosiana, chiamata ogni giorno a percorrere le vie incontro all’umano», come dice, nel suo indirizzo di saluto, monsignor Paolo Martinelli, vicario episcopale per la Vita consacrata maschile, cui sono accanto anche i vescovi, monsignor Luigi Stucchi, vicario episcopale per la Vita consacrata femminile e l’abate di Sant’Ambrogio. «Vogliamo concorrere al nuovo umanesimo – continua Martinelli –, umanesimo che coinvolge del dono di sé di ogni uomo e donna già per il nostro essere in relazione. Da tutto questo ci sentiamo interpellati. In terra ambrosiana esiste una lunga storia della Vita consacrata e di Vita contemplativa quale testimonianza fedele della scoperta del Dio vicino: chiediamo nella preghiera che non venga ha mai meno questa testimonianza evangelica».

«Appare evidente che la gioia che contagia anche noi oggi, non è un sentimento vago ed estemporaneo. Non è una gioia per distrazione dalle cose solite». È’ questo bambino presentato al Tempio da Giuseppe e Maria, che ci attira a sé, con una gioia oggettiva, più forte del mutamento dei nostri stati d’animo», sottolinea, subito, in apertura della sua omelia, il Cardinale, che ricorda quanto sia significativo vivere la Celebrazione all’interno dell’Anno della Vita consacrata voluto da papa Francesco in occasione del 50° di promulgazione del Decreto Perfectae caritatis del Concilio Vaticano II.

«Il nostro cuore è, dunque, in festa perché la nostra vita è stata visitata dal Signore che ha redento il suo popolo». Non a caso, la Giornata è posta nella Festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio. «Egli viene nel tempio, si fa incontrare», osserva l’Arcivescovo: la liturgia di questa sera in Oriente dove è nata, è chiamata propriamente festa dell’incontro. Il Signore si fa incontrare, diviene una presenza sperimentabile nella vita quotidiana. Così accade anche a ciascuno di noi, poiché è attraverso questa modalità umile e semplice, che Egli coinvolge la nostra vita con la sua e ci rende partecipi della sua stessa missione».

Chiaro il richiamo a papa Francesco e alla “cultura dell’incontro” che «ci smuove dalle cose solite – come ci siamo mossi stasera per essere qui –, ci scuote dal torpore delle nostre abitudini, sollecitando la nostra libertà alla decisione».

Il pensiero non può che essere per l’oggi: «In un tempo come il nostro, soprattutto nella cultura del nostro Occidente opulento del nord del pianeta così caratterizzata da vertiginosi cambiamenti, da grandi scoperte tecno-scientifiche e al contempo agitato da inquietudini sociali profonde, dalle difficoltà dell’incontro con altre religioni, popoli etnie, Gesù si presenta in mezzo a noi e ci spinge a essere testimoni in un modo diverso, luminoso, di vivere gli affetti, il lavoro, il riposo, il dolore, il male, l’educazione, la giustizia, e tutto ciò a cui, attraverso i vari carismi, ognuno è chiamato. Cristo viene a noi come principio di nuovo umanesimo, che rimette al centro l’uomo, qui e ora, nell’oggi nelle relazioni fondamentali che noi cristiani chiamiamo in un modo preciso: relazioni di comunione».

Ma se questo è il compito che è assegnato a ogni cristiano – «L’Anno della Vita consacrata non riguarda soltanto le persone consacrate ma l’intera comunità cristiana», chiarisce il Messaggio per la Giornata del Consiglio Episcopale Permanente –, è evidente che “un posto singolare”, nella Chiesa, sia occupato dai Consacrati. «Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività», scrive, infatti, papa Francesco, «devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo».

Per questo è importante, conclude l’Arcivescovo rivolgendosi direttamente ai presenti, «che viviate la vostra consacrazione inseriti nella Chiesa come ispiratori e protagonisti di un nuovo umanesimo, di cui anche la terra ambrosiana ha tanto bisogno. Allo stesso modo è importante che la Chiesa ambrosiana, le sue istituzioni e le sue parrocchie, movimenti e gruppi riconoscano e promuovano questa chiamata profetica, perché essa contribuisce a mantenere la Chiesa particolare a immagine della Chiesa universale, cosa che può facilmente essere persa di vista. Sia la vostra stessa forma di vita in obbedienza, povertà e verginità a essere profezia, richiamando tutto il popolo cristiano alla libertà dei figli di Dio. La vostra povertà evangelica insegni il senso dell’uso dei beni e delle risorse come dono da custodire con responsabilità; la vostra vita casta sia sostegno ed indicazione di un ordine giusto e fecondo degli affetti tra l’uomo e la donna, tra genitori e figli; la scelta della castità consacrata, che si sostiene e alimenta solo in Dio, non è una fuga dalle responsabilità della vita familiare, ma testimonia la via di una diversa fedeltà e fecondità, con cui le persone consacrate si legano all’amore assoluto di Dio per ogni uomo affinché nessuno vada perduto».

E, in conclusione, dopo il saluto affettuoso dei moltissimi e moltissime che si avvicinano a lui e ai Vescovi concelebranti, il Cardinale ricorda l’importante scelta, per il 2015, della nostra Regione che offrirà l’olio di San Francesco il 4 ottobre prossimo, ad Assisi coinvolgendo anche i rappresentanti delle istituzioni civili. «Invitate i giovani, i ragazzi: è bene che questo gesto divenga un pellegrinaggio di popolo in questo momento in cui il Paese sente il dolore che attraversa il mondo per la presenza di tante persone che giungono da diverse etnie e Paesi».