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Scola a Basiglio: «L’Eucaristia ci permette di guardare con fiducia al futuro, pur nelle prove»

Il cardinale Scola ha presieduto la celebrazione eucaristica vespertina nella parrocchia Gesù Salvatore di Basiglio-Milano 3. Al termine dell’Eucaristia e del saluto alla Comunità, ha incontrato i sacerdoti del Decanato Rozzano

di Annamaria BRACCINI

6 Giugno 2015

Nella chiesa Gesù Salvatore a Basiglio-Milano 3, che “compie” venticinque anni – fu consacrata dal cardinale Martini il 28 settembre 1990 – il saluto, a nome di tutta la Comunità e dei sacerdoti  del Decanato Rozzano, è portato dal parroco, don Albertino Sacchi, Il cardinale Scola è a Basiglio per presiedere l’Eucaristia e incontrare, appunto, i preti del Decanato. Concelebrano il Vicario di Zona, monsignor Cresseri, il Decano don Benvenuto Riva e il clero di Rozzano. «In questa nostra realtà, divenuta Unità pastorale nel 1995, con la parrocchia Sant’Agata, molti sono stati i mutamenti. Qui è concentrato il mondo, il passato, il presente e il futuro che talvolta stridono tra di loro – conclude don Sacchi – e pongono tanti interrogativi. La Sua presenza, Eminenza, mi e ci sorregge nel essere sempre più Comunità Educante e per fare della famiglia un soggetto di evangelizzazione. Gesù Salvatore ci indica la méta per essere felici, ma non da soli».  
Anche il pensiero dell’Arcivescovo è, anzitutto, per «il valore profetico di queste parrocchie ormai tutte coordinate in Unità e Comunità Pastorali, in un territorio molto esteso come quello del Decanato Rozzano, con una presenza sacerdotale, anche se minore che in passato, comunque impegnata e dedicata». 
È la Celebrazione della Solennità del Corpus Domini – in prima fila siedono anche il sindaco Eugenio Patrone e le autorità militari – e, dunque, la riflessione attraverso la liturgia della Parola, è centrata sull’Eucaristia e sulla nuova parentela che l’effusione del sangue del Signore, la sua morte e Risurrezione, hanno generato. 
«Esiste una sintonia straordinaria – sottolinea, infatti, Scola – tra la dedicazione di questa chiesa a Gesù Salvatore e ciò che stiamo celebrando. Per essere il mio salvatore, Gesù deve essermi contemporaneo. Per sciogliere quel nodo che abbiamo in noi rispondendo al desiderio di durare per sempre, Egli apre alla vita senza fine, ci mette nella dimensione compiuta dell’esistenza». 
Il riferimento è alle Letture, dall’Esodo che sancisce l’Alleanza tra Dio e il suo popolo eletto; all’Epistola agli Ebrei con il Cristo “mediatore dell’Alleanza nuova” fino al Vangelo di Marco, con il racconto dell’Ultima Cena. «Tre passaggi che aiutano a capire in che modo Gesù è il nostro Salvatore, liberandoci dalla morte e dal peccato e premettendo di affrontare la vita in una prospettiva serena, nonostante le prove che segnano l’esistenza umana», nota il Cardinale. . 
Il grande passo è nella nuova Alleanza – suggerisce, ancora – «con Cristo che attira con sé tutti noi che cerchiamo, riconoscendo i nostri peccati e chiedendo il perdono, di seguirne l’esempio. Questa è la grande forza del Salvatore». La domanda è, semmai, come possa, comunque, salvarci un gesto compiuto oltre duemila anni fa. 
Ovvia la risposta, proprio dal Vangelo dell’Istituzione dell’Eucaristia, nel pane spezzato e nel vino condivisi con e per i Discepoli. «Se è stato possibile anticipare l’avvenimento della salvezza per loro, è possibile anche posticiparlo qui e ora e viverlo come, allora, gli Apostoli ». 
Da qui, le molte conseguenze per la vita della comunità di ciò che non può essere ridotto solo a un rito, ma deve entrare nella vita, appunto «perché Gesù ha creato una nuova parentela». Conseguenze che obbligano alla precisa responsabilità «in termini personali, ecclesiali e – con le debite differenze – civili, di vivere lo stile che viene dall’offerta di sé del Signore. «Questo ci permetterà di affrontare i mutamenti di questi tempi e le prove della vita per i tanti che patiscono l’esclusione, per gli affetti feriti, per la mancanza di lavoro specie dei giovani. Gesù Salvatore non è un principio generico, ma di vita che può cambiarci dall’interno», conclude. 
E, alla fine, c’è ancora tempo per un’ultima raccomandazione lasciata, dal Pastore, come consegna: «Sappiamo bene le differenze che esistono tra i cinque Comuni del Decanato e che qui convivono cinquanta nazionalità diverse a emblema e profezia di ciò che sempre di più sta diventando Milano. L’aumento di battesimi anche all’interno di famiglie ferite e in difficoltà, ma con una presenza di praticanti più ridotta rispetto alla media della Diocesi, rende ancora più significativa la vostra responsabilità di fedeli. Chiedo alla numerosa Comunità filippina che vive a Basiglio di inserirsi di più nella realtà parrocchiale perché ormai siete cittadini milanesi a tutti gli effetti. Raccomando molto la cura delle famiglie – perché così i laici troveranno il modo di essere protagonisti diretti dell’annuncio cristiano a partire dalle gioie e dai dolori che si sperimentano appunto in famiglia –  e quella dei giovani perché possano imparare il valore dell’amore vero e scegliere la loro vocazione. E vi dico tutto questo perché il compito dell’Arcivescovo è confortare e confermarvi in ciò che state facendo, aiutandovi a comunicare questa bella esperienza di Chiesa viva che cammina».