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Padiglione Santa Sede,
«un luogo per non dimenticarsi di chi ha fame»

Oltre 240 persone all’ora nei primi due giorni di apertura del padiglione. Gli italiani sono la maggioranza. Ma si sono visti anche molti stranieri. Francia, Germania, Spagna e Giappone le nazionalità più rappresentate

di Francesco CHIAVARINI

2 Maggio 2015
Le immagini del padiglione della Santa Sede, l'edicola Caritas e la Madonnina a Expo 2015.

Un flusso continuo di persone sin dalla mattina ha visitato il Padiglione della Santa Sede nel suo secondo giorno di apertura, sabato 2 maggio. Secondo lo staff organizzativo nei momenti di maggiore affluenza ci sono stati anche 240 passaggi all’ora. Famiglie per lo più. Gli italiani sono la maggioranza. Ma si sono visti anche molti stranieri. Francia, Germania, Spagna e Giappone le nazionalità più rappresentate. 
«Molto semplice ed efficace, adattissimo per le scolaresche», osserva Monica Colombo che di mestiere accompagna gli studenti nelle città d’arte. 
«Fa riflettere. È uno spazio quasi spoglio, ma che va diritto al cuore dei problemi, nello stile di papa Francesco. Mostra quello che non si vede: il dramma di chi non ha da mangiare, di chi soffre», dice Marco Alborghetti, studente di urbanistica.
«Mi hanno colpito molto le frasi sulla facciata che sembrano quasi piovere dall’alto “Dacci il nostro pane quotidiano” e “Non di solo pane”: sono un bel messaggio in questo posto, dove forse tra tante meravigliose architetture, si rischia di dimenticarsi che c’è una parte del pianeta che non ha da mangiare», sottolinea Francesca Baragiola che ha voluto accompagnare anche i figli Chiara, Federico e Maria ad Expo approfittando della bella giornata di sole ed è rimasta colpita, passeggiando lungo il decumano dall’architettura discreta quasi defilata del sito vaticano.
«Volevamo che da fuori assomigliasse a un grande masso, nel quale si potesse penetrare come attraverso una fenditura nella roccia. Dentro, invece, lo spazio quasi disadorno vuole rappresentare una grotta, un luogo primordiale, che invita alla contemplazione, una sorta di chiesa delle origini per riportarci all’essenza al cui centro ci sono due tavoli, quello dell’Ultima Cena di Tintoretto e il tavolo interattivo che si anima al passaggio dei visitatori», spiega l’architetto Michele Reginaldi, dello studio Quattroassociati, che ha realizzato il progetto.
«Ci chiedono se il Tintoretto è originale, tutti sono colpiti dal tavolo interattivo», racconta Federica Federici, guida del Padiglione.
Il tavolo interattivo è stato particolarmente apprezzato anche dallo chef Massimo Bottura, che durante i sei mesi dell’Esposizione ha voluto coinvolgere i migliori cuochi del mondo in una sfida contro lo spreco, invitandoli a cucinare per le persone in difficoltà al Refettorio Ambrosiano: «Bellissima l’idea di mettere sulla stesso piano, il gesto di impastare il pane e quello di aprire il libro sacro. La cucina nasce dalla cultura».
Tra le personalità che hanno già visitato in questi giorni il Padiglione della Santa Sede il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati; il sindaco di Torino, Piero Fassino; il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta; il rettore dell’Università cattolica, Franco Anelli.