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Riflessione

Non uccidere

Il comandamento cristiano di non uccidere perde valore e ad esso si sostituisce la supremazia del più forte e del più spregiudicato nella competizione. La via della salvezza dell’uomo sta nella capacità di dominare la tecnologia che oggi lo rende schiavo

di Gianfranco BUSETTO Socio dell’Unione Giuristi Cattolici di Milano

3 Ottobre 2011

Le cronache ripetono ossessivamente notizie di morte. L’uomo non crede più nella sacralità della vita che viene così ridotta a un fatto puramente materialistico, a un bene di consumo.
L’uomo tecnologico misura ogni cosa alla stregua di un atto di potenza, mettendosi al posto di Dio. Pretende la supremazia su ogni cosa legittimandola con l’affermazione di avere il privilegio dell’autocoscienza.
Surroga Dio disponendo delle cose come se gli appartenessero. Delibera il suo dominio sull’universo alterando gli equilibri della natura. La regola dell’”usa e getta” passa dal rapporto tra l’uomo e le cose al rapporto tra gli uomini.
Consumare è il nuovo mito che, malinteso, riduce al non essere persone e cose. E’ la vittoria della morte sulla vita, il superamento dello stesso materialismo che attribuiva dignità alla materia.
Le vite consumate segnano la fine della vita di relazione tra gli uomini e della centralità della persona. Compiere un omicidio, fatta salva la legittima difesa, è un atto di supremazia e di violenza nei confronti del prossimo che conduce a morte la vittima ma nel momento stesso decreta il fallimento della vita del reo. Chi si dichiara cristiano ha scelto di privilegiare la vita e la dignità della persona come valore assoluto e relazionale ed è tenuto a rispettare il “ comandamento” di non uccidere come precetto fondamentale della sua esistenza.
Alla sua base sta il supremo messaggio cristiano di pace e di solidarietà racchiuso nell’espressione “ama il prossimo tuo come te stesso”.
La nostra epoca è caratterizzata da una accentuata competitività prodotta dall’avvento di una tecnologia avanzata che si traduce in un confronto interpersonale senza esclusione di colpi, in una velocizzazione nevrotica della vita quotidiana, nel venir meno dei contatti umani. In questo contesto si moltiplicano i prodotti e avanza l’uomo consumatore e con esso l’idea che l’avere conta di più dell’essere. Si forma in tal modo la società del consumo nella quale tutto è precario: si consumano le relazioni di coppia, si consumano i sentimenti, si consuma ogni cosa, la vita stessa.
Lo stesso comandamento cristiano di non uccidere perde valore e si sostituisce a esso la supremazia del più forte e del più spregiudicato nella competizione. La via della salvezza dell’uomo sta nella capacità di dominare la tecnologia che oggi lo rende schiavo e passa attraverso il recupero del tempo per contemplare, pregare, perdonare. E’ la via tracciata da Gesù per chi ancora vuol dirsi ed essere cristiano.