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L’Islam in mezzo a noi PADRE BORRMANS: DIALOGO, MA NEL RISPETTO DEI SEGNI RELIGIOSI

5 Giugno 2008

Padre Maurizio Borrmans, dei Padri Bianchi missionari d’Africa, è uno dei relatori del dibattito. Gli abbiamo posto due domande sul rapporto tra l’Europa e l’islam.

Perché è così difficile l’integrazione musulmana nei nostri Paesi?
Perché abbiamo presenze musulmane in tutti i nostri Paesi di antica tradizione cristiana, ma sono presenze ben diverse: il marocchino non è come l’albanese, o il senegalese. Abbiamo pochissimi turchi, almeno in Italia, mentre in Germania sono due milioni e in Francia mezzo milione.
Spesso mettere insieme i rappresentanti più o meno qualificati dei musulmani in Europa è molto difficile, anche perché i Governi dei Paesi di origine vorrebbero esercitare ancora un controllo ideologico, se non politico e religioso. Così il Marocco non accetta che il marocchino diventi francese: certo, diventa francese in Francia, ma in Marocco è ancora marocchino.
C’è la questione delle doppie cittadinanze che crea tanti problemi, per esempio, nel diritto matrimoniale. E poi il dialogo esige una profonda conoscenza dell’altro: non posso presentare il cristianesimo ai miei colleghi turchi musulmani di Istanbul senza tener conto di come loro vedono il cristianesimo, e devo insistere sugli aspetti che sono contestati da loro per mostrare la coerenza dottrinale ed etica del cristianesimo. Per esempio: la monogamia per noi è il riflesso etico-familiare del monoteismo assoluto della nostra fede. Ancora: il musulmano ci rimprovera perché preghiamo senza purificarci. Noi abbiamo fatto una volta per sempre la grande purificazione, il battesimo. Pratico questo dialogo con i musulmani da una vita e lo considero una bella avventura; io mi ritrovo cristiano due volte.

Oggi molti temono la crescita della presenza musulmana in Europa. Il pluralismo è una risorsa?
Sono convinto che quando una società è plurietnica, pluriculturale e plurireligiosa, in essa c’è fecondazione reciproca. Quando una società ha solo una dimensione etnica, linguistica, religiosa, si ferma. La storia ce lo dice. Diceva Leopold Senghor, presidente del Senegal: «Dobbiamo riconoscere che le invenzioni sono il risultato del métissage, della mescolanza».
Prendiamo il caso dell’Arabia Saudita, un paese esclusivamente musulmano. Con tutto il suo petrolio quali contributi ha dato in questo ultimo secolo alla cultura? Quale Nobel ha prodotto? I grandi pensatori del mondo musulmano non sono arabi, sono iraniani. L’Islam ortodosso si è progressivamente irrigidito, ha condannato tutte le avventure della filosofia e della mistica. Ma ora i musulmani sono a casa nostra, dobbiamo aiutarli a integrarsi. Questa casa diventerà anche la loro casa quando i loro figli si saranno integrati con le nostre leggi.
Da noi tutti i cittadini sono sottomessi alle stesse leggi: non c’è una legge della famiglia per il musulmano, una per l’ebreo e una per il cristiano. Come rispettare alcuni aspetti di una cultura di minoranza rispettando allo stesso tempo l’ordinamento giuridico della maggioranza? Il fatto che in una classe vi sia un bambino musulmano non comporta che si debba togliere il crocifisso. La maggioranza ha diritto al suo segno religioso. Spieghiamo ai giovani musulmani l’importanza del crocifisso e io sono pronto a mettere un versetto del Corano sulla parete.