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Roma

Libertà religiosa, una battaglia per tutti

Presentato il Rapporto 2012 dell’Aiuto alla Chiesa che soffre

16 Ottobre 2012

Non cessano le violenze e le persecuzioni a sfondo religioso nel mondo. Cina, Nigeria, Pakistan, Egitto, Kenya, India sono solo alcuni dei Paesi che destano maggiore preoccupazione. Se dunque nel 2011 sul fronte dell’applicazione della libertà religiosa «non vi sono stati miglioramenti», si riscontra però una tendenza positiva inedita in termini di «consapevolezza relativa al tema della nell’opinione pubblica, dovuta in gran parte all’aumento della copertura mediatica e a una maggiore disponibilità d’informazioni».

È il quadro complessivo che emerge dalla XI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo presentato oggi a Roma in conferenza stampa da Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). Il Rapporto ha preso in esame 196 Paesi del mondo. Da una parte preoccupano in modo particolare le situazioni vissute in Cina, nei Paesi della cosiddetta “primavera araba” e in alcune Nazioni dell’Africa; dall’altra il Rapporto evidenzia un aumento di sensibilità nell’opinione pubblica riguardo a questo problema: ne sono prova gli interventi legislativi di vari Stati europei e l’impegno mostrato da alcuni Parlamenti nazionali (italiano, belga e tedesco), nonché dal Parlamento europeo. Se dunque, sul piano legislativo, «si riscontrano passi in avanti, lo stesso – conclude il Rapporto di Acs – non si può dire riguardo alle violenze e alla persecuzione. Perché le minacce alla libertà religiosa non accennano a diminuire».

Alcuni dati

Riflettori di Acs puntati sulla Nigeria per la proliferazione di alcuni gruppi islamici: dal 1999 alla fine del 2011 sono stati 14 mila i nigeriani uccisi da violenze a sfondo religioso. Lo scorso anno, nella sola settimana di aprile successiva alle elezioni presidenziali del giorno 16, almeno 800 persone sono rimaste uccise e 65 mila hanno dovuto abbandonare le proprie case. In India – si legge nel Rapporto – è lunghissima la lista degli attacchi alle minoranza mentre «il 2011 è stato un anno terribile per il Pakistan»: «Dopo l’omicidio a gennaio del governatore del Punjab, Salman Taseer, il 2 marzo viene ucciso il ministro federale per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti». Nessuna modifica è stata apportata alla legge anti-blasfemia, a causa della quale nel 2011 sarebbero state almeno 161 le persone incriminate e 9 quelle uccise con esecuzioni extra-giudiziali. Mai come nel 2011 anche in Cina è stata lunga la lista degli arresti di cristiani (cattolici e protestanti), islamici e buddisti (tibetani); la maggiore durezza del governo si deve probabilmente al crescente interesse religioso riscontrato nel Paese, in particolare nei confronti del cristianesimo. Le ulteriori tensioni tra Pechino e la Santa Sede sono legate alle nuove ordinazioni illecite e ai numerosi casi di arresti, torture e «rieducazioni tramite il lavoro» subiti da chi, fedele al Papa, rifiuta di aderire all’Associazione Patriottica.

Il caso dell’Egitto

A parlare della situazione della libertà religiosa nei Paesi arabi è stato padre Samir Khalil Samir, islamologo, che ha portato la storia dei due bambini copti analfabeti, di 8 e 10 anni, Mina Nadi Faraj e Nabil Naji Rizq, arrestati con l’accusa di aver urinato su fogli di carta sui quali erano scritti dei versetti del Corano. «Questo ci fa dire che stiamo prendendo una direzione pericolosa – ha detto padre Samir -. Stiamo per tornare a un’epoca che ormai non conoscevamo più: quella del fanatismo religioso. Negli ultimi trenta anni si sono verificati degli episodi, ma mai si era arrivati a mettere in prigione dei bambini analfabeti accusati di oltraggio all’Islam». Queste situazioni, però – ha aggiunto l’islamologo – devono incrementare l’impegno del dialogo: «Insieme, musulmani e cristiani, dobbiamo lottare per più giustizia e per la dignità per tutti, lottare in favore dei più disagiati. Dobbiamo imparare insieme che la religione non è fatta per condannare chiunque, ma per aiutare tutti quanti a essere più umani e più aperti a ogni essere umano!».

Dietro le statistiche

«La libertà religiosa è come tutti sanno una battaglia non solo dei credenti ma di tutti coloro che difendono il principio di libertà d’opinione», ha detto il giornalista del Sole 24 Ore Alberto Negri. E ha aggiunto: «Sebbene redatto da una fondazione cattolica», il Rapporto «non si limita a denunciare le violazioni alla libertà religiosa subite dalle comunità cristiane, ma fa un quadro della situazione in 200 Paesi con riferimento alla condizione dei fedeli di ogni credo. La libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare l’applicazione dei diritti fondamentali dell’uomo».

«Ovviamente – ha concluso monsignor Sante Babolin, presidente del Segretariato italiano di Acs -, le statistiche, spesso aride e fredde, vanno sempre collocate in un contesto geografico e culturale: dietro ogni cifra si nascondono volti e nomi precisi, persone che hanno pagato con la vita la loro fedeltà al Vangelo di Cristo. E a ricordarcelo, in questi ultimi mesi, ci sono le innumerevoli domeniche di sangue in Nigeria e le continue sofferenze dei cristiani iracheni e di quelli pachistani».