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L’esperienza di una Asl a Genova UN LABORATORIO PER GESTIRE LA CONFLITTUALITÀ

5 Giugno 2008

Anche nelle separazioni più drammatiche c’è sempre la possibilità di trovare le risorse per inventarsi un nuovo modo di essere famiglia. Perché i figli possano avere ancora una mamma e un papà e i coniugi continuare, anche da separati, a essere genitori.

di Daria Finzi e Anna Spadacini
psicologhe dirigenti Asl 3-Genova

Il Laboratorio dei conflitti, Centro di mediazione psicologica dell’Azienda Sanitaria Genovese, offre ai genitori che si separano e ai loro figli un luogo per ritrovarsi e per riprendere i fili della relazione familiare, danneggiata dalla violenza del conflitto. Le sedute psicologiche vedono riuniti insieme, dopo tanta distanza ostile, i membri della famiglia i quali, attraverso il dialogo, possono poco a poco sperimentare modalità per collaborare, per recuperare il passato familiare che tendono a cancellare, per ritrovare fiducia e speranza nelle parole dell’altro. Alle famiglie, che si rivolgono al Laboratorio spontaneamente o su consiglio del giudice, si offre la possibilità di affrontare conflitti che sembrano insolubili in un luogo di ascolto protetto e neutrale, adatto a temi che richiedono competenza, riservatezza e garanzia che sarà mantenuto il segreto professionale.

Nei primi incontri si definisce il progetto terapeutico (numero di sedute, tempi, obiettivi, ecc.) che viene sancito da un accordo condiviso dalla coppia genitoriale. Le due condizioni indispensabili per questo tipo di mediazione sono la partecipazione al lavoro di tutti e due i membri della coppia e la loro autorizzazione a far intervenire i figli alle sedute. Come scrive Silvia Vegetti Finzi: «Se il legame è stato forte, se l’amore ha unito i due termini della coppia in un unico progetto di vita, la separazione sarà lacerante».

E in effetti non esistono separazioni indolori. I coniugi , che nel matrimonio avevano trovato forti elementi di identità e di riconoscimento sociale, dopo la separazione devono ricostruire i punti di riferimento e la mappa dei rapporti affettivi. Nel vuoto creato dall’uscita del partner dalla casa comune, essi rischiano di perdere le risorse affettive indispensabili all’accudimento dei figli e alla relazione empatica con essi. Inoltre, quando il conflitto di coppia assume toni esasperati, genera un caos di azioni, di parole e di emozioni che rende molto difficile mantenere la comunicazione e la relazione affettiva con i figli. Spesso i genitori li coinvolgono nei loro “argomenti” : i torti e le ragioni, la divisione dei beni, l’affidamento all’uno o all’altro.

In quei frangenti la tentazione di strumentalizzarli a proprio favore può venire esasperata dai rispettivi sentimenti di rivendicazione coniugale. Tutto questo provoca nei figli una profonda insicurezza espressa dalla paura di perdere le persone amate e i luoghi della quotidianità. È necessario da parte dei genitori esserne consapevoli e attuare uno sforzo per recuperare la capacità di ascolto e di contenimento di cui i figli hanno grande bisogno, soprattutto in questa fase di cambiamento.

Il nostro progetto di mediazione nasce dalla convinzione che il processo di separazione, pur connotato da elementi di distruttività, contiene in nuce nuovi modi di stare insieme, di essere al tempo stesso vicini e lontani. Abbiamo constatato che nella storia di famiglia si possono recuperare ragioni e passioni per salvare il legame genitori e figli anche quando quello coniugale si è spezzato per sempre. Persino nelle situazioni psicologiche più complesse esistono risorse inespresse che, se recuperate, si rivelano capaci sostenere il lavoro di riparazione dei rapporti.

Questo avviene operando in un’area d’incontro in cui i bisogni di continuità e di sicurezza affettiva dei figli trovano riscontro nell’ascolto e nella disponibilità dei genitori. Partendo dal bisogno dei genitori di essere aiutati a recuperare autostima e progettualità fondamentali per ritornare in sintonia con i propri figli, il Laboratorio dei conflitti propone una mediazione che è psicologica e terapeutica, finalizzata non tanto alla risoluzione del conflitto ma alla elaborazione della sofferenza e alla crescita personale che restituisce ai protagonisti stessi gli strumenti per affrontare in prima persona e in modo autonomo la crisi della loro famiglia. . L’obiettivo è quello di promuovere nei genitori il senso di responsabilità, anche attraverso una maggiore sensibilità per i bisogni psicologici dei figli. Il nostro punto di partenza è lo sforzo di distoglierli dal “corpo a corpo” della coppia per coinvolgerli in un nuovo patto che li impegni a ritrovare la comunicazione tra loro in quanto genitori.

Al Laboratorio dei conflitti partecipano anche i bambini, ai quali è offerto uno spazio protetto per esprimere liberamente sentimenti ed emozioni spesso rimasti inascoltati, bambini che subiscono passivamente decisioni che li riguardano, incapaci di capire il confuso presente e di prefigurarsi il futuro. Quando i bambini sono stati indebitamente coinvolti in alleanze con un genitore contro l’altro hanno bisogno di essere ricollocati in una posizione corretta ed equidistante da entrambi. Anche gli eventi drammatici che hanno stravolto la loro vita e la loro quotidianità possono essere, insieme ai genitori, riletti e reintegrati nella storia personale.

I genitori a loro volta si ritrovano fianco a fianco e, adottando la stessa ottica, possono osservare i figli, giocare con loro, costruire una storia familiare condivisa che sarà conservata nel tempo. Attraverso la rilettura delle vicende familiari che il conflitto tendeva a caricare di elementi negativi, il dialogo terapeutico evidenzia gli aspetti riparativi e di ricomposizione dei rapporti . Mentre nel conflitto ognuno parla in prima persona, difendendo strenuamente i propri bisogni, interessi, e desideri, la mediazione conduce i contendenti ad assumere un vertice esterno all’egocentrismo, dal quale cogliere l’insieme della situazione e l’intreccio delle relazione. In questa prospettiva èpossibile che torni ad affiorare un “noi” là dove regna la polverizzazione degli “io” e che i coniugi, benché divisi in quanto tali, si ritrovino uniti come genitori.