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17 settembre

L’Arcivescovo in visita a Niguarda

In occasione del passaggio dai diocesani ai Camilliani: saranno loro a reggere la Cappellania. Il cappellano: «La Chiesa è vicina ai malati»

di Annamaria BRACCINI

15 Settembre 2013

Più che un semplice ospedale, una vera e propria città della salute. Tanto che Niguarda, piccolo Comune autonomo nei secoli e, poi, grande e popolare quartiere a nord est di Milano, è ormai da decenni sinonimo semplice e senza ulteriori specificazioni appunto della grande Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda. Oggi, un fiore all’occhiello della sanità italiana e internazionale per la qualità del servizio erogato e per i numeri: 4.100 operatori, di cui 750 medici e oltre 2.000 tra infermieri, tecnici sanitari e della riabilitazione, sede di tutte le specialità cliniche per le patologie dell’adulto e del bambino con oltre 200 ambulatori e 70 strutture cliniche.

Qui, alle 16 di martedì 17 settembre, il cardinale Angelo Scola arriverà per la sua visita ad alcuni reparti e per la celebrazione eucaristica. «Lo attendiamo tutti, chi è impegnato nell’assistenza spirituale, i pazienti, i medici e l’intero personale – dice monsignor Vittorino Bruni, da tredici anni rettore della Cappellania Santa Maria Annunciata -. Il bilancio di questi anni è molto positivo e, concludendo come sacerdoti diocesani la nostra assistenza religiosa presso l’Ospedale – proprio con la presenza del Cardinale avverrà lo scambio di consegne con i Padri Camilliani che reggeranno d’ora in poi la Cappellania -, posso dire che siamo sempre stati aiutati nel nostro ministero da ciascuna componente di questa grande istituzione, assai sensibile e disponibile alle necessità di fede dei pazienti».

Quante sono le persone impegnate nel sostegno spirituale?
Siamo quattro sacerdoti, sei religiose e alcuni ministri straordinari dell’Eucaristia che portano quotidianamente la comunione ai malati. Vorrei ricordare l’impegno generoso e sinergico profuso dalle suore di Maria Bambina presenti fin dalla fondazione dell’Ospedale, e da don Alberto Mandelli qui da 23 anni. Il nostro servizio si realizza nel visitare i reparti, dalla mattina molto presto – fin dalle 5.30 per alcune divisioni particolarmente delicate come i trapianti – per arrivare, con la Messa mattutina e altre visite, fino al pomeriggio e a sera.

Come ha visto cambiare in questi anni l’ospedale?
I mutamenti più significativi sono stati soprattutto quelli strutturali, con le grandi nuove ali in costruzione nel Blocco nord e il moderno Blocco sud, inaugurato nel 2010. Pur con le modifiche tipiche della nostra città in ogni contesto e che hanno interessato anche Niguarda, come la multiculturalità e le molte etnie presenti soprattutto nel corpo infermieristico e nei pazienti, direi che non è mai venuto meno il desiderio di collaborazione e di sostegno per i degenti. In questo contesto voglio sottolineare un’iniziativa che ho promosso personalmente, al mio arrivo nel 2000: raccogliere tappi di plastica delle bottigliette d’acqua per un fine benefico, costruire pozzi in Africa e in Sudamerica. Oggi, grazie alla collaborazione di tutti, i pozzi realizzati sono ben diciotto.

La prima speranza dei malati è di guarire, come è ovvio, ma è anche una più ampia e profonda – lo nota il Cardinale – richiesta di senso nel e del dolore…
Certo. Questo è il dato qualificante dell’assistenza religiosa in un luogo di cura e, infatti, lo tocchiamo con mano ogni giorno. È questa la ragione per cui non andiamo solo a visitare chi ne fa esplicita domanda, ma offriamo a tutti la nostra vicinanza anche solo per una parola e una preghiera. La risposta non manca mai.