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L’analisi di Carmine Abagnale, presidente dell’Associazione Poliziotti Italiani «UNA TRAGICA CASUALITÀ HA DATO FUOCO A UNA MICCIA ACCESA DA TEMPO»

15 Novembre 2007

«Il ragazzo ucciso poteva essere chiunque e l’episodio
e’ successo lontano dagli stadi, ma divulgando il fatto
che fosse un tifoso si è fornita la scintilla all’astio
che da tempo covava nelle curve contro le forze dell’ordine.
La mancata reazione alle violenze di piazza? Si è preferito
il male minore. Per il futuro non è necessario inasprire
le pene: basta che siano eque e soprattutto certe»

di Mauro Colombo

«Negli ambienti ultras da tempo covava un fortissimo astio nei confronti delle forze dell’ordine, sviluppatosi in seguito alle ultime normative anti-violenza e cresciuto dopo che molte società hanno deciso di ribellarsi a queste frange e ai loro “ricatti”. È significativo che a Roma, oltre a caserme e commissariati, sia stata assalita la sede del Coni: come dire che, agli occhi di questi delinquenti (non li chiamo tifosi), le istituzioni sportive sono corresponsabili del loro indebolimento».

È l’analisi di Carmine Abagnale, presidente della Associazione Poliziotti Italiani, sui presupposti che hanno portato alle violenze di domenica: «E’ morto un ragazzo, e per questo esprimo il mio cordoglio alla sua famiglia: ma poteva essere chiunque ed è successo lontano dagli stadi. Il fatto che fosse un tifoso è assolutamente casuale. Ma ha dato fuoco a una miccia accesa da tempo».

Cioè, se al fatto di Arezzo non si fosse dato un connotato “calcistico”, non avremmo assistito a episodi di violenza tanto gravi?
C’è stata poca chiarezza, sia sulla gestione dell’episodio, sia sulle comunicazioni che ne sono seguite. Non ci si è resi conto che, divulgando la notizia in un certo modo, sia pure in buona fede non si faceva altro che fornire la scintilla per appiccare l’incendio.

La polizia ha deciso di non intervenire per non alimentare scontri di piazza. Non è stato come lasciare campo libero alla violenza?
Posto che, secondo me, le partite non andavano sospese, in termini di ordine pubblico il criterio che si segue è quello del “male minore”. Con le premesse che ho descritto, chi ha scatenato gli incidenti si aspettava il confronto con la polizia. E allora, davanti alla prospettiva di uno scontro che avrebbe potuto avere conseguenze pesantissime, la devastazione delle “cose”, senza danni alle persone, è apparsa appunto il male minore, e non ci si è opposti.

Ma diffidare i violenti dal recarsi sugli spalti (i cosiddetti Daspo) e regolamentare gli accessi con i tornelli serve a poco se la violenza, come domenica, esce dagli stadi e prende di mira strade e piazze…
Ma per l’appunto all’interno degli stadi queste misure hanno avuto una loro efficacia, a salvaguardia – non dimentichiamolo – delle persone perbene, delle famiglie, delle donne e anche dei bambini, che allo stadio ci vanno per assistere a un evento sportivo in civile convivenza e non per finire in mezzo a una guerriglia. Se la violenza si scatena lontano da persone che potrebbero riceverne danno, anche in questo caso è un male minore.

Tra i provvedimenti allo studio ci sono lo stop alle trasferte organizzate e la chiusura delle curve: che ne pensa?
A San Siro per Inter-Napoli, trasferta vietata ai tifosi partenopei, c’erano più napoletani che milanesi, eppure non è successo niente… Un intervento serio, a mio modo di vedere, parte dallo scioglimento del tifo organizzato e prosegue, più che con l’inasprimento, con l’equità e la certezza delle pene. Nel nostro Paese, purtroppo, la punizione per i reati esiste solo sulla carta: c’è la convinzione che tanto in galera non si va, mentre invece chi sbaglia deve pagare (e questo vale in generale, beninteso, non solo per gli ultras).

In questi giorni si è insistito molto – anche a livello istituzionale – sulla possibile infiltrazione nelle curve dell’estremismo politico o della deliquenza organizzata…
All’elemento politico, francamente, non credo. Il discorso è diverso invece per quanto riguarda la malavita, alla quale certo potrebbe far comodo gestire un “esercito” abbandonato a se stesso come quello che siede in curva.