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9 novembre

La fame interpella tutti,
la risposta della Chiesa

Nel suo messaggio per la Giornata diocesana Caritas, il cardinale Scola richiama i temi di Expo 2015 e invita parrocchie e realtà ecclesiali ad ascoltare il grido dei poveri e a diventare protagonisti di un cambiamento

6 Novembre 2014

In occasione della Giornata diocesana Caritas (domenica 9 novembre, il cardinale Angelo Scola invia un messaggio a tutti i responsabili e volontari, prendendo spunto dalla campagna contro la fame nel mondo lanciata da Caritas Internationalis e naturalmente dai temi di Expo 2015. Titolo del messaggio è «Pane e parola. “Voi stessi date loro da mangiare”» (in allegato il testo integrale).

L’Arcivescovo definisce quello di Expo «un evento provvidenziale» anche per la Chiesa e invita ad «abitare» questi temi e a farne oggetto di riflessione «nelle nostre parrocchie e nelle aggregazioni di fedeli che intercettano quotidianamente il disagio alimentare di tanti nostri fratelli». Expo è come una «moderna agorà, una piazza nella quale documentare la portata universale della visione cristiana a proposito del cibo, del nutrire, della società, dell’umano». Compito della Chiesa non è quello di trovare «soluzioni tecnocratiche», ma di dire con forza «che il dovere di offrire cibo a tutti si giustifica per il fatto che non possiamo non riconoscerci appartenenti a “una sola famiglia umana” come recita il titolo della Campagna lanciata da Caritas Internationalis nel dicembre dello scorso anno». E aggiunge: «Dobbiamo lasciarci interrogare dalle esperienze di disagio e fatica dei nostri fratelli, facendo emergere le domande che esse ci pongono. In questo modo potremo imparare a coniugare azione, intelligenza e creatività, a imitazione dei grandi santi della carità».

Per fare tutto questo occorre «un atteggiamento fondamentale»: quello della «disponibilità al cambiamento», lo stesso che Gesù aveva chiesto anche al giovane ricco. Non si tratta semplicemente di «“fare” delle cose», ma di «essere disposti a cambiare il nostro modo di “essere” e quindi di rapportarci con gli altri, con i beni». Ogni nostra azione, insiste il cardinale Scola, «deve poter esprimere la nostra appartenenza alla Chiesa ed essere segno tangibile dell’amore del Signore Gesù per ogni uomo e donna».

La Chiesa ha dunque un compito educativo da svolgere e che lo stesso beato Paolo VI chiamava «funzione pedagogica». Diceva infatti il Papa nel suo Discorso alle Caritas diocesane del 28 settembre 1972: «Al di sopra di questo aspetto puramente materiale della vostra attività emerge la sua prevalente funzione pedagogica, il suo aspetto spirituale che non si misura con cifre e bilanci, ma con la capacità che essa ha di sensibilizzare le chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi». In questo compito non facile ci sostiene Gesù Eucaristia. Nella Nota pastorale sulla comunità educante, continua l’Arcivescovo, «ho ricordato che “la Domenica, cioè il giorno del Signore che soprattutto nell’Eucaristia manifesta l’imponenza di Dio nella vita delle persone e dell’intera famiglia umana, è naturalmente la prima e fondante espressione di quest’unica comunità di cui ogni articolazione vive. (…) Il Dies Domini costituisce il paradigma della vita della comunità che ama, lavora, soffre, riposa… col Signore al centro e a partire dal rapporto con Lui». E ancora: «La mensa eucaristica non nutre solo la nostra vita, ma trasforma le nostre relazioni: ci aiuta a crescere nello stile di una vita donata, capace di farsi pane per altri, una vita salvata dall’egoismo che la renderebbe sterile».

«Mi piace allora concludere questo Messaggio – scrive l’Arcivescovo – con l’augurio che durante questo anno pastorale la vostra azione favorisca la crescita di tutta la Chiesa diocesana come “comunità educante” alla carità, superando ogni tentazione alla delega che impedisce di assumere le proprie responsabilità e rende settoriale l’azione ecclesiale. La lotta contro la fame e le sue innumerevoli sfaccettature non ha bisogno solo di figure carismatiche o di politici lungimiranti, ma soprattutto di ogni singolo cristiano e cittadino appassionato del bene comune e del futuro dell’umanità». Solo così, svolgendo con consapevolezza questo compito educativo, saremo «attori protagonisti del nuovo umanesimo».

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