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Testimonianza

La Chiesa in Brasile impegnata a educare e accompagnare la gente

Un fidei donum: il popolo, più che disorientato, sembra un gregge senza pastore, nonostante gli sforzi dell’autorità responsabile

di Pierangelo ROSCIO RICON Fidei donum in Brasile

2 Novembre 2020
Don Pierangelo Roscio Ricon

La situazione sanitaria in Brasile è molto variegata, per cui si possono avere prospettive e giudizi contrastanti. In generale si potrebbe dire che ci troviamo ancora in alto mare, e non si sa come si evolverà la situazione: il popolo più che disorientato sembra un gregge senza pastore, nonostante gli sforzi dell’autorità responsabile.

La Chiesa ha tenuto una posizione molto attenta, e in particolare la nostra Diocesi di Grajaù, preoccupata di educare e accompagnare la gente, attuando un protocollo di prevenzione molto serio (in parallelo non poche Chiese evangeliche ironizzavano la preoccupazione, sostituendola con la fiducia in Dio…).

Ora la nostra Chiesa sta riprendendo in forma progressiva, stabilendo diverse tappe, vari stadi di partecipazione, l’attività consueta di culto, di catechesi e di formazione a gruppi. Resta però l’impressione di una Chiesa che cerca di conservare le posizioni, di non perdere terreno, assicurandosi il servizio ai suoi fedeli… senza eccessiva preoccupazione missionaria, se non quella di copiare i modelli dell’evangelismo carismatico, privilegiando l’immagine, gli eventi show Ma uscite, né si intravedono nuove piste: le parole di papa Francesco stentano a essere recepite, e meno ancora vengono attuate. C’è una fascia di clero – e anche di vescovi – apertamente ostile allo spirito di Francesco, in quanto si oppone allo status clericale e danneggia la cultura del privilegio, che si vuole conservare come una dignità della Chiesa (questo me lo diceva apertamente il vescovo di Grajaù, riferendosi soprattutto alle sue zone di origine, il Nord-est e la Bahia, e giù verso il centro Brasile).

Quanto a missionarietà mancata, a livello di Chiesa brasiliana, è emblematico il ritardo missionario con il caso Amazzonia, come a livello teologico fa pensare il silenzio dopo il documento Querida Amazonia, con il Papa che ha indicato una strada diversa da quella acclamata da tre quarti dell’episcopato amazzonico (non solo brasiliano). A livello della nostra Diocesi «adottiva» è da sottolineare – oltre al forte impegno per la pandemia – il grande sforzo del vescovo per assicurare alimenti a villaggi di indios (Grajaù detiene il 90% di insediamenti indios del Maranhao).

Uno sforzo tutto personale non solo nel procurare, ma nel consegnare capillarmente gli aiuti, per evitare le intercettazioni delle varie mafie, indie e bianche (politiche). La grande povertà di questi popoli sembra però di carattere endemico/culturale, e non si vedono mediazioni per avviare un nuovo corso. In più la linea di governo è di grande incoscienza nel campo ecologico, danneggiando gravemente non solo l’ambiente, ma la vita dei vari popoli indigeni.

La pandemia ha mostrato ancor più chiaramente le difficoltà in cui si trova la politica e le enormi disparità sociali: si parla di milioni sotto la soglia di povertà (60 circa, se non erro). Il tg di questa settimana parlava di 5 milioni che hanno superato quella soglia, grazie ai contributi dello Stato per la pandemia, ma che ricadranno con l’anno nuovo per la fine di questi sussidi di emergenza. In compenso si vedono forme di generosità di privati, individui ed enti o imprese, mentre si scoprono continui casi di sciacallaggio, ad alto livello politico, di funzionari pubblici di ogni tipo. Cresce la coscienza dell’indipendenza della magistratura rispetto ai vari centri di potere, ma il cammino sarà ancora lungo (e mai finito), impressiona sempre la presenza capillare della criminalità nelle carceri, nella polizia, nonostante lo sforzo generoso di tanti servitori della società.

La pandemia ha favorito riflessioni di approfondimento della vita cristiana e del servizio pastorale missionario della Chiesa? Certamente a livello personale, per molte persone sensibili, è stato un richiamo che ha scosso, risvegliato, anche inciso profondamente. A livello comunitario è difficile dire: forse si vedrà qualcosa più avanti. Resta l’impressione di una situazione di stallo e di conservazione, non di rischio missionario, e desiderio di spogliarsi di sicurezze e privilegi per essere Chiesa più evangelica, più missionaria, più francescana.