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Monza

«Individuare gesti simbolici a cui dare contenuto, per celebrare la nostra appartenenza comune»

L’Arcivescovo ha incontrato i Sindaci e gli Amministratori della Zona pastorale V (Monza). «Valorizzate le tante risorse che esistono sul territorio e siate scintille per cambiare l’aria depressa che tira»

di Annamaria Braccini

2 Marzo 2019
L'incontro tra l'Arcivescovo e gli amministratori della Zona V svoltosi a Monza nel 2019

7 sindaci “portavoce” – perché altrettanti sono i Decanati della Zona pastorale V-Monza – che raccontano luci e ombre della vita dell’amministratore locale.

Inizia così, tra testimonianze, esperienze di ogni giorno e riflessione sul futuro, l’incontro tra gli Amministratori dei Comuni appartenenti al territorio della Zona e l’Arcivescovo. Presso l’Aula Magna della Facoltà di Medicina dell’Università Bicocca, nella sua sede monzese, arrivano in tanti. Il clima è cordiale; monsignor Silvano Provasi, prevosto di Monza porge il saluto di benvenuto e il moderatore, Sabino Illuzzi, responsabile della Commissione animazione socio-politica della Zona V, richiama il senso del “Discorso alla Città” 2018 come punto di partenza del confronto, nel più ampio orizzonte di un’ecologia globale quale è quella che delinea il Papa nella sua Enciclica, “Laudato sì”.

Gli interventi dei Sindaci

Inizia il sindaco di Brugherio, Marco Troiano, che dice: «Il futuro lo costruisce chi sa già ora riconoscere le priorità; chi sa guardare lontano e sporcarsi le mani su temi divisivi, riconoscendosi comunità e offrendo percorsi di condivisione come antidoto al vero male che è la solitudine».

Concetta Monguzzi, primo cittadino di Lissone, definisce l’indicazione sorta dall’emergenza educativa (condivisa con una sinergia transcomunale e transdecanale proprio con Brugherio), e sottolinea tre alleanze possibili: «quella del sapere, dell’esserci – per favorire il senso di responsabilità e di coinvolgimento – e delle persone, per uscire dal facile ritornello secondo cui Comune, Chiesa, scuola, amministratori e preti sono tutti “marci”».

Tra difficoltà nel misurarsi con una politica poco pensata e dominata dai social, voglia di pensare, esigenze di fare rete per rispondere a problemi complessi come quelli giovanili, degli anziani soli e, sempre in primo piano, del lavoro, ciò che emerge è il desiderio concreto “di abitare in modo attivo le nostre città”, in un territorio unanimemente riconosciuto ricco di associazionismo e di volontariato. L’appello è a trovarsi alleati sul terreno del bene comune. Un’incontrarsi che, talvolta, come nel caso dei Sindaci del Decanato di Desio, ha portato – proprio su invito del Decano – a immaginare un tavolo di lavoro condiviso su alcuni nodi problematici. Da qui la proposta di una giornata organizzata dalle Istituzioni, dalle parrocchie, da Associazioni, articolazioni ecclesiali e comunali, denominata simbolicamente “Città aperta”.

Il ringraziamento degli amministratori per il Vescovo, è soprattutto per il “Discorso” con l’invito a riflettere e, in questa prospettiva, «per essersi sentiti compresi nel servizio quotidiano alla comunità».

La riflessione dell’Arcivescovo

Da parte sua, l’Arcivescovo si dice fiducioso e invita «a non fermarsi solo ai problemi o alla sproporzione tra la complessità della realtà e le risorse disponibili».

Rivolgendosi direttamente ai presenti osserva: «Ho fiducia perché esistono persone come voi. Mi sembra di costatare che, come amministratori, mettete nell’impegno, passione, anima, tempo e competenze. Confermo il mio apprezzamento motivato per il vostro lavoro, teso a fare sempre meglio».

Dai giovani e dall’emergenza educativa. «che mi preoccupa molto e che sento emergere anche da quanto mi dicono i preti», nasce una prima consegna.

«Cento anni fa c’erano migliaia di giovani che, in Europa, volevano andare in guerra, poi, dopo il Secondo conflitto mondiale, vi è stata la stagione straordinaria di giovani che volevano fare la pace e anche l’Europa è nata su un’idealità che intendeva abbattere muri e frontiere. Mi pare che i giovani di oggi, pur tra tanti difetti, si sentano europei, viaggino, parlino le lingue, ma il rischio è che non desiderino niente e che siano imprigionati nell’insoddisfazione».

«Guardate i vostri singoli Comuni, con la quantità di servizi, di offerte, di organizzazione. Si è costruito un livello di vita, con il lavoro, a fronte del quale non si può che avere fiducia. Forse, vista l’aria depressa che tira, possiamo iniettare un poco di fiducia. Questo è un compito degli amministratori. Dai vostri interventi è evidente che si possa alzare la testa, rimediare all’emotività, avere una visione e condividerla. Forse essere autorizzati a pensare può significare anche essere autorizzarti a sognare».

Sogni che, però, non sono fantasie e solo astrazioni, suggerisce subito il vescovo Mario. Che fare, allora?

«Troviamo dei simboli che ci aiutino a vivere una cittadinanza attiva. Chiederò ai parroci di riflettere su come, ad esempio, la festa patronale possa diventare un momento simbolico per condividere un sogno e un rilancio di idealità. È così bisogna fare anche con le feste civili, come il 1 maggio o il 25 aprile, che talvolta sono divenute addirittura divisive. Questo tocca a voi».

Perché non pensare anche a un “Discorso alla città” non solo a Milano, ma portato nei paesi, nel territorio, tra la gente e i giovani? E, ancora, un’altra proposta semplice, ma appunto dal chiaro valore emblematico. «Credo che un Sindaco dovrebbe parlare ai ragazzi: regalate una copia della Costituzione a quelli, nel vostro Comune, che compiono 18 anni. I simboli sono importanti per dare un senso della comunità. Valorizzate le risorse che ci sono, trovando solidarietà tra tutte le espressioni del territorio. Basta una scintilla per accendere il fuoco, un gruppo anche piccolo, ma motivato, è sufficiente per segnare una svolta. Dobbiamo arginare il male, certamente, ma non è emanando provvedimenti di ordine pubblico che si cambia la testa della gente. Valorizzare le risorse significa infondere questa possibilità di essere una scintilla. Per motivare un sogno e far nascere il desiderio – non solo la rivendicazione o la pretesa di fronte al bisogno -, ci vuole una promessa, una speranza».

Ma cosa promettere? Chiara la risposta. «Abbiamo dei valori civili che possono essere attraenti. Questa è la nostra responsabilità di adulti di fronte ai giovani. La testimonianza può saldare la grave cesura tra le generazioni. Genitori, educatori, amministratori, possono dimostrare che è desiderabile diventare adulti».

L’idea è anche quella di una sorta «di formazione permanente per i Sindaci, come avviene per i sacerdoti, magari da attuare con l’aiuto di esperti per leggere i mutamenti della società. Mi sembrerebbe utile anche che faccia notizia ciò che un Comune fa e che l’eventuale collaborazione tra Sindaci in vista del bene comune, anche da posizioni politiche diverse, sia conosciuta dai cittadini. In tutto questo, assai rilevante appare il ruolo dell’oratorio e dello sport con il suo valore educativo. Così pure la scuola, la Chiesa, il mondo imprenditoriale si possono mettere in rete in vista della formazione al lavoro. Come si è fatto con il Fondo famiglia-lavoro, si può pensare a un Fondo sinergico di idealità».