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Liturgia

Il tempo in cui riappropriarci delle antiche profezie

All’avvio dell’Avvento monsignor Claudio Magnoli, responsabile del Servizio diocesano, raccomanda una cura particolare nelle celebrazioni, che presti attenzione al significato profondo di questo periodo

di Annamaria Braccini

15 Novembre 2018

Inizia l’Avvento ambrosiano, comincia il percorso che non segnala solo la profondità di un tempo cruciale per la vita cristiana, ma che, liturgicamente, si definisce attraverso gesti e precisi atteggiamenti spirituali come l’ascolto della Parola di Dio e il silenzio. È questo che, in sintesi, suggerisce monsignor Claudio Magnoli, responsabile del Servizio diocesano per la Pastorale liturgica e segretario della Congregazione per il Rito Ambrosiano, presieduta dall’Arcivescovo: «Vorrei partire da una premessa che mi pare necessaria. L’Avvento, come i fedeli dovrebbero conoscere, ha due poli di attenzione: l’avvento di Gesù nella nascita, a Natale, da Maria – e questo, per tutti, è un dato immediato e istintivo – e l’avvento secondo, ultimo e definitivo di Cristo alla fine della storia. Tra le due venute si dipana, in forma, per così dire “rovesciata”, la liturgia che inizia da questo secondo, guardando a Cristo che verrà, per poi contemplare progressivamente Gesù che nasce. Per questa ragione intrinseca si va dalla prima Domenica, dedicata alla venuta finale del Signore, fino alla sesta e ultima, la Divina Maternità di Maria».

Come vivere al meglio questo periodo di attesa?
La prima indicazione concreta mi pare che sia offrire ai fedeli un inizio che sia significativo della portata di questo tempo. In tutte le parrocchie si celebrano le Messe cosiddette prefestive, che andrebbero chiamate meglio Messe vigiliari: suggerisco che, in avvio dell’Avvento, questa celebrazione vigiliare sia solenne. Una seconda indicazione, relativa alla predicazione, è che i sacerdoti prevedano di fare un cammino progressivo nelle loro omelie, in modo che queste non siano semplicemente un predicare episodico, ma sottintendano un disegno, un itinerario preciso.

E per l’animazione delle Celebrazioni e la partecipazione dei fedeli?
Il primo suggerimento è di dare rilievo all’atto penitenziale nella forma della benedizione dell’acqua e dell’aspersione del popolo dei fedeli, recuperando, quindi, il riferimento al Battesimo e il desiderio di aderire alla purificazione che l’Avvento comprende. Darei anche una seconda indicazione che concerne la valorizzazione di alcuni silenzi. In Avvento, come si sa, non si recita il Gloria: avendo a disposizione qualche momento in più, durante la Messa, sarebbe bene riscoprire il silenzio, per esempio, dopo l’omelia, alla Comunione e dopo la Comunione. E tutto, naturalmente, senza dimenticare la massima cura per i canti.

Per quanto riguarda le Letture proposte in Avvento?
Per le Letture festive, l’itinerario è già predisposto con quanto previsto dal Lezionario nell’Anno C. Per i giorni feriali, invece, possiamo ricordare che il cardinale Angelo Scola, venendo incontro ad alcune richieste di avere celebrazioni più contenute nel tempo, ha previsto la possibilità che vi sia una sola Lettura profetica prima del Vangelo. Come liturgista, e anche dal punto di vista pastorale, suggerirei di non risparmiare sulla liturgia, dando rilievo a entrambe le Letture profetiche – che, in questo Avvento, sono tratte da Geremia e dai Profeti minori -, seguite dal Vangelo di Matteo. In questo contesto, mi sembra opportuno che possa essere pronunciata una breve omelia che aiuti a cogliere lo spunto che viene dalla Parola, soprattutto per spiegare la logica che regge l’intero cammino indicato per i giorni feriali. L’Avvento è il tempo in cui riappropriarci delle profezie antiche del popolo d’Israele che riguardano non soltanto Cristo, ma noi in Cristo e noi discepoli di Cristo.