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Il saluto in Duomo di Domenico Antonino NON CI SIAMO SENTITI SOLI�

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5 Giugno 2008

L’ex mutilatino intervenne in Duomo durante
i funerali di don Carlo Gnocchi il 1 marzo 1956

di Domenico Antonino
Terlizzi (Bari)

«Caro don Carlo,
mio papà e papà di tutti i mutilatini e dei poliomielitici…»
Iniziava così la mia preghiera, cinquant’anni fa, in questo stesso Duomo, in occasione dei tuoi funerali. Io ero stato scelto per darti l’ultimo saluto e nome delle migliaia dei tuoi figli, a nome di quanti ti avevano conosciuto di persona e nella fama e a nome di quanti, in questi anni e in futuro, hanno poi goduto e godranno ancora della tua carità.

Ricordo che avrei voluto avere la voce e il cuore di tutti per dirti grazie. Te lo sussurrai quel giorno, e avevo soltanto dieci anni. Te lo ripeto oggi, con la stessa voce e lo stesso cuore delle migliaia di bambini e ragazzi che hai restituito alla vita, delle migliaia e migliaia di persone che da allora, nei Centri della tua Fondazione, ricevono cure, assistenza, formazione e, soprattutto, amore.

Grazie della tua vita di sacerdote santo, di soldato eroico, di maestro incomparabile. Grazie della tua morte che avevi atteso sereno, guardando e baciando Gesù Crocifisso, sofferente come noi piccoli mutilati. Noi, caro don Carlo, non avevamo ancora esperienza della vita: quel che avevamo conosciuto e affrontato era spesso solo il dolore e la cattiveria degli uomini.

Ma l’amore immenso che ti aveva fatto sacrificare la vita a noi, ci ha tolto ogni triste esperienza e l’ha sostituita con quella dolce e consolante della carità senza confin i, una carità talmente forte in te, don Carlo, che è sopravanzata perfino alla morte e che ha reso possibile l’offerta dei tuoi occhi per dare la vista a due nostri amici, oggi qui presenti.

Caro don Carlo, quel giorno ti chiesi di non partire, di non lasciarci soli… Oggi ti dico grazie, perché non ci siamo sentiti orfani, perché in tutti questi anni tu sei sempre stato vivo in mezzo a noi e nella straordinaria attività della tua Fondazione.

Caro don Carlo, ricordo bene quel che mi disse Vincenzino quando scendevamo in macchina dal nostro collegio di Inverigo per venire a salutarti per sempre: “Adesso don Carlo non si chiama più don Carlo; si chiama san Carlo”.

Sono sicuro che nel cuore di tutti coloro che sono accorsi oggi a ricordarti, di tutti coloro che ti hanno conosciuto in questi anni c’è lo stesso sentimento, il medesimo pensiero, la stessa invocazione. Continua a vegliarci dal cielo, continua a benedire la tua “baracca”! Eterno riposo doni il Signore, la luce dei Santi sia con te, don Carlo, e così sia.