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17 settembre

“Il campo è il mondo”,
Scola ne parla ai preti di Milano

Il Vicario monsignor Carlo Faccendini presenta l’appuntamento al Collegio San Carlo, primo di una serie di incontri zonali di presentazione della Lettera pastorale

di Luisa BOVE

15 Settembre 2013

Tutti i preti e i diaconi di Milano sono attesi martedì 17 settembre alle 9.30 presso il Teatro del Collegio San Carlo (via Morozzo della Rocca 12) per partecipare al primo incontro di presentazione della nuova Lettera pastorale dell’Arcivescovo Il campo è il mondo. Vie da percorrere incontro all’umano. Il ciclo di appuntamenti proseguirà nelle altre Zone della diocesi fino a novembre.

A introdurre i lavori sarà monsignor Carlo Faccendini, Vicario episcopale di Milano, poi la parola passerà a quattro preti: «Un parroco, un responsabile di Pastorale giovanile, un diacono permanente per la Pastorale scolastica e un sacerdote che lavora nell’ambito della sofferenza, ai quali ho chiesto di leggere la Lettera e di intervenire presentando qualche aspetto particolare e indicandone anche l’utilizzo pastorale». Poi interverrà il cardinale Angelo Scola, quindi seguiranno gli interventi liberi dell’assemblea e alle 12.15 l’Arcivescovo concluderà l’incontro.

Sarà un’occasione di confronto con i preti e i diaconi permanenti chiamati per primi a diffondere la Lettera e ad applicarla nella pastorale…
Il Cardinale chiede che la Lettera non sia semplicemente il pretesto, ma la vera anima dell’azione pastorale, quindi che venga letta e con essa ci si confronti davvero. L’incontro di martedì dovrà essere il volano per rilanciare nelle parrocchie della città il confronto, raccogliendo le provocazioni e gli inviti contenuti nel testo.

Il cardinale Scola chiede ai sacerdoti ambrosiani «l’esercizio di un’umile paternità nell’accompagnare i fedeli lungo le vie del mondo»…
Questo è il senso vero della Lettera. Quando l’Arcivescovo dice che  “il campo è il mondo” dice anche lo stile con cui la Chiesa sta dentro alla città, si pensa per la città e a servizio della città. Non è una Chiesa che si chiude in maniera autoreferenziale, ma è disposta ad accompagnare i cammini di tutti. La gente diventa la vera interlocutrice del lavoro pastorale e va quindi invitata e ricercata.

C’è una peculiarità dei preti che svolgono il loro ministero proprio a Milano, società plurale per appartenenze culturali, religiose, etniche?
Quella di guardare alla realtà cosmopolita della città non come a un handicap, ma come a un dono, a una ricchezza, a un’opportunità. Ma io queste cose me le sento dire dagli preti stessi. Quando un sacerdote vuole bene, vuole bene alla gente che gli è affidata: composita, plurale, meticcia. Sono loro i destinatari dell’annuncio del Vangelo, con loro ci dobbiamo misurare e condividere il cammino di fede. Lo stile che ci è chiesto richiede conversioni, scelte pastorali e attenzioni precise che non si possono più rimandare. Essere testimoni oggi è la forma più vera dell’annuncio e nella misura in cui la vita si mette in gioco è più credibile.