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Testimonianza

I nostri «fidei donum» nelle scuole argentine

Un sacerdote milanese a Buenos Aires, partito a 51 anni, ora ne ha 77. «La comunità mi rende lieto e giovane» Borse di studio per i poveri anche dall’Italia

 di Mario PERETTIFidei donum a Buenos Aires

7 Giugno 2020
Gruppo di studenti in un istituto di Buenos Aires

Non ero credente, ho avuto la grazia di incontrare nel liceo Berchet don Giussani che mi ha cambiato la vita. Ordinato sacerdote nel 1972, sono stato 7 anni vicario nel quartiere degli Olmi e ho insegnato religione alle medie, negli anni della contestazione, poi 14 anni in San Marco e ho insegnato religione nel liceo statale Bottoni.

Ho sempre sentito la vocazione per la missione, ma Dio mi ha continuamente cambiato le carte in tavola e ne sono contento. Già varie volte era deciso che io partissi: per Belo Horizonte, Rio de Janeiro, Villa Hermosa in Messico, ma pochi giorni prima di partire le circostanze e il vescovo mi hanno fatto rimanere in Italia. A 51 anni, nel 1993, quando ormai non sentivo tanto forte la spinta alla missione e mi pareva di essere troppo vecchio per cambiare totalmente vita, sono stato chiamato a partire per Buenos Aires.

Per 20 anni ho insegnato teologia in facoltà laiche di due università cattoliche, generando una comunità dentro le facoltà. Nel 1999 le Suore del Buon Pastore e il vescovo Bergoglio hanno offerto una scuola di 270 alunni (elementari e asilo) e 27 dipendenti. Con un gruppo di amici abbiamo accettato questa avventura e con il lavoro nostro e la grazia di Dio la scuola adesso ha quasi 1000 alunni e 120 dipendenti.

Nel 2014 le Suore di San Gaetano hanno offerto una struttura a Maximo Paz, un paese molto povero a 50 chilometri da Buenos Aires, dove per 30 anni seguivano un doposcuola e avevano aiutato in parrocchia con la catechesi. Ho proposto a due giovani nostre maestre di asilo e elementari di vivere con me questa nuova avventura e abbiamo creato una scuola completando, in 6 anni, i 6 anni di elementari (non ci sono le medie), 5 anni di liceo (manca l’ultimo), una università a distanza (succursale dell’Università cattolica di Salta), la scuola sportiva del Real Madrid e ora stiamo concretando il progetto di una scuola di formazione per il lavoro (a Maximo Paz molti sono disoccupati, o lavorano in nero o fanno lavori di poca soddisfazione) succursale della scuola della Diocesi di La Ferrere.

Nelle due scuole e nel centro di formazione professionale quello che più mi piace è che le persone che collaborano con me vivono il lavoro come vocazione (e questo fa rinnovare in me la gioia della mia stessa vocazione) ed esprimono al tempo stesso una grande responsabilità personale. È nata anche una comunione profonda fra di noi. Questo mi dà la coscienza che, anche se credo di essere un po’ utile, sono sicuro di non essere indispensabile e questa é la garanzia che queste opere potranno continuare nel tempo.

Abbiamo anche generato comunità di vita di ragazzi, docenti e famiglie e svolgiamo un lavoro sistematico di formazione a un metodo di educazione che parte dall’esperienza della fede. Le famiglie sono molto povere (soprattutto a Maximo Paz) e possiamo accogliere alunni che non possono pagare tutta la quota o nulla, grazie a circa 60 gruppi di famiglie che si uniscono per sostenere un alunno con una borsa di studio (molti sostenitori sono i «ragazzi» che ho contribuito a educare nelle due parrocchie e nelle scuole di Milano dove ho insegnato).

Anche in casa ho sempre vissuto in una comunità. Attualmente vivo con un altro fidei donum, don Giorgio Assenza, e con un padre di famiglia che lavora a Buenos Aires, ma ha il resto della famiglia a Paraná a 550 chilometri di distanza. Insieme viviamo come in un piccolo convento, pregando insieme e condividendo la vita quotidiana, per quello che i nostri impegni permettono.

Quando ero ragazzo (prima di allontanarmi dalla fede), mi impressionava un frate Cappuccino molto anziano che iniziava la Messa secondo il rito di allora, in latino, e io capivo che realmente il rapporto con Gesú lo rendeva giovane e lieto. Ora a 77 anni posso dire che l’affezione a Cristo, nel suo «corpo umano», la Chiesa, la comunità, mi rende lieto e «giovane».

Chiedo a tutti quelli che stanno leggendo una preghiera per me e per la mia gente e se vogliono lancio l’idea di unirsi con qualche amico per dare una borsa di studio a uno dei nostri alunni poveri (info: e-mail: marioperetti@hotmail.com).

 

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