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3 febbraio

Don Bosco al “Beccaria”
per dare voce alla speranza

Nell’Istituto di rieducazione minorile messa col cardinale Tettamanzi: tre ragazzi riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Pomeriggio tappa alla Comunità Kàyros. Parla don Claudio Burgio

di Annamaria BRACCINI

2 Febbraio 2014

«Con la bontà e l’amore cerco di guadagnare al Signore questi miei amici». Diceva così don Bosco, quando gli chiedevano dei suoi ragazzi di strada e di come fosse riuscito a diventarne amico, sottraendoli a un storia già scritta di emarginazione sociale e di povertà morale.

Da allora è passato un secolo e mezzo, i giovani sono cambiati, così come il mondo che li circonda. Ma alcune cose non mutano mai. Allora il gesto bello di portare l’urna di Don Bosco all’interno dell’Istituto di rieducazione minorile “Cesare Beccaria”, lunedì 3 febbraio alle 9, è di quelli che insieme lasciano il segno e convincono. Soprattutto perché, davanti alla reliquia, tre ragazzi ospiti dell’Istituto riceveranno per le mani del cardinale Dionigi Tettamanzi i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

«Sarà un momento di forte impatto concreto e simbolico», dice don Claudio Burgio che, come cappellano, conosce bene la realtà del “Beccaria” e che ha guidato questi ragazzi nell’itinerario di preparazione durato parecchi mesi, in un caso dal primo giorno di carcerazione, un anno e mezzo fa. «Il senso della mattinata è proprio quello di “benedire” – nel significato anche di “dire bene” – il cammino educativo che un carcere minorile può produrre. La celebrazione col Cardinale sarà strettamente privata, ma vi parteciperanno una settantina di ragazzi di età compresa tra i 14 e i 21 anni, attualmente presso l’Istituto, e il personale che si occupa di loro. Vorrei anche sottolineare che, con l’accompagnamento di don Gino Rigoldi, il mio e di alcuni volontari, ci sono altri sette ragazzi che stanno compiendo il cammino di fede verso i sacramenti».

I giovani del “Beccaria” porteranno una loro testimonianza?
Sì, dopo il rito, alle 10.30, nel teatro interno alla struttura è previsto un momento in cui i nostri reclusi cercheranno di raccontare le loro esperienze, e così, di “raccontarsi” come persone, trasmettendo le situazioni che stanno vivendo. E questo avverrà, significativamente, in un dialogo con alcuni coetanei delle scuole, che per l’occasione potranno varcare le porte del carcere. Abbiamo voluto intitolare questo confronto – che vedrà con molta probabilità anche la presenza del sindaco Pisapia, da giovane educatore proprio al “Beccaria” – “L’educazione è questione di cuore”, per dare voce alla speranza, nella logica che animò l’esperienza educativa di don Bosco. Inoltre, fino alle 12.30, nella cappella dell’Istituto ci saranno anche le religiose e le consacrate che pregheranno “con” e “per” le giovani generazioni.

Sempre lunedì, nel pomeriggio, l’urna sarà ala Comunità Kàyros di Vimodrone, dove chi esce dall’Istituto può trovare accoglienza e possibilità di reinserimento nella società…
Alle 14 l’urna arriverà appunto a Vimodrone, dove sta sorgendo il nuovo centro della Comunità. Sarà un evento di testimonianza e preghiera, che durerà circa un’ora, presieduto dal Vicario episcopale monsignor Luca Bressan. Emblematicamente abbiamo voluto così percorrere con Don Bosco la strada dei nostri giovani, dal carcere fino alla Comunità.

Don Bosco ha maturato la sua vocazione formativa a contatto con i carcerati. Le situazioni sono molto diverse da allora. Ma il suo esempio sa ancora essere attrattivo?
Certamente, perché la domanda che attraversa i giovani in ogni tempo – e forse oggi ancora di più – è una domanda di “padre”, la ricerca di una figura capace di indicare vie di verità e di giustizia specie in chi vive fragilità particolari. Questo fu il carisma di Don Bosco e continua a essere così: infatti, anche nel terzo millennio, è il santo dei giovani.