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Visita

«Diventiamo le pietre vive
che realizzano la Chiesa»

Lo ha detto l’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, in visita all’Abbazia di Morimondo, a 880 anni dall’arrivo dei monaci cistercensi e nel 5° centenario della lagrimazione della statua della Madonna a Fallavecchia

di Loris CANTARELLI

22 Giugno 2014

«Lasciando le nostre case e convenendo nel tempio la domenica e non soltanto, noi diventiamo le pietre vive che realizzano la Chiesa: la Chiesa infatti prima di essere un tempio è la con-vocazione da parte di Cristo di tutti coloro che per il Battesimo e per la fede sono diventati suoi, cristiani: Agostino diceva “altri Cristo”». Sono le parole di «gioia commossa» con cui l’Arcivescovo cardinale Angelo Scola, domenica 22 giugno all’Abbazia di S. Maria Nascente a Moribondo, ha iniziato la celebrazione eucaristica, «il gesto con cui partecipiamo per grazia in maniera esplicita e diretta alla grande opera che ha segnato la storia», «il grande motivo della nostra gioia domenicale».
L’occasione particolare degli ormai prossimi 880 anni dall’arrivo dei primi monaci cistercensi in Lombardia (dalla Borgogna, il prossimo 4 ottobre) e dell’imminente 5° centenario della seconda lagrimazione dell’immagine della Madonna nella chiesa sorella San Giorgio Martire a Fallavecchia (il 2 agosto) si è subito intrecciata con il richiamo alla sobria bellezza della basilica (richiesta esplicitamente da san Bernardo) e alla testimonianza di san Riccardo Pampuri (medico condotto a Morimondo negli anni Venti).
Accolto dal benvenuto dei ragazzi e ministranti alla celebrazione, l’Arcivescovo ha anche ricevuto il saluto della comunità di suore indiane presenti nel territorio, insieme al parroco don Mauro Loi, il decano di Abbiategrasso don PierCarlo Fizzotti e il cappellano del carcere di Opera don Marcellino Brivio.
In particolare il Cardinale ha richiamato come al di là della propria età, «tutti noi percepiamo che la fede domanda di saper stare ancorati al passato per guardare le cose con sufficiente distacco e per poter così proiettarsi però nel futuro… e quindi il presente dicenta il punto decisivo». Allora ogni eucaristia a cui partecipiamo diventa decisiva, a partire da quanto ci suggerisce la Parola di Dio proclamata dalle letture del giorno. Scola cita quindi le due parole del Siracide «per descrivere il disegno di amore di Dio su ciascuno di noi e su tutta l’umanità, perché è proprio del Cristianesimo, come ci ha insegnato la Gaudium et Spes (1963), avere cura della persona concreta»: di essere fatti a immagine di Dio («Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare», Sir 17,5) che ha voluto stabilire con noi un’alleanza eterna. Da qui la domanda rivolta a tutti dall’Arcivescovo: «facciamo memoria quotidiana del nostro essere immagine di Dio, in relazione con il suo modello? È Gesù il nostro modello, lui che è immagine perfetta di Dio?».
Da qui anche il richiamo e l’apprezzamento per il lavoro della Fondazione culturale “Abbazia di Moribondo” nata nel 1993 (con visite guidate al complesso monastico, concerti e mostre, una rivista e Quaderni dell’Abbazia, corsi e laboratori che coinvolgono la comunità locale: grazie ai restauri l’abbazia è stata anche riconosciuta museo dalla Regione Lombardia) e dall’inserimento nel 2013 all’interno della Strada delle Abbazie («bella iniziativa che spero sia valorizzata per l’Expo 2015»).
Il Vangelo ci mette anche in guardia dal confondere l’amore di Dio con «una specie di colpo di spugna che cancella tutto, bene e male, e fa di ogni erba un fascio», ha notato Scola, «e lo si vede da un’affermazione che all’interno di tutte le religioni è riscontrabile solo nella fede cristiana e che è così difficile da prendere sul serio che noi – lo dico anzitutto parlando di me – rischiamo di tradirla ogni giorno: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Allora sarete figli del Padre vostro che è nei cieli”. Cioè, la misericordia di Dio radicalizza la nostra posizione di fede e di azione, la forma di ogni nostra azione nel concreto deve arrivare fino a questo punto».
Nei saluti finali, prima di scendere a salutare i fedeli con il sindaco e le forze dell’ordine presenti nel territorio, Scola si è infine augurato che esempi di dialogo e comunità familiare come quello sroto nei secoli attorno all’Abbazia diventi un autorevole contributo anche nella costruzione del cittadino europeo in un continente che sembra avere un po’ smarrito le sue radici.