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Testimonianza

«Da Diacono permanente guarderò alla vita in modo diverso»

Antonio Ongari racconta la vocazione e il cammino verso l'ordinazione che, insieme ad altri quattro laici, tutti sposati, riceverà per mano dell'Arcivescovo sabato 6 novembre alle 17.30 nel Duomo di Milano (diretta tv e web)

di Ylenia Spinelli

31 Ottobre 2021
Da sinistra: Claudio Gamaliele Oliva, Antonio Ongari, Federico Ripamonti, Elio Gabriele Mazzi, e Maurizio Rea

Nel segno del servizio, per la preghiera e l’imposizione delle mani di monsignor Mario Delpini, sabato 6 novembre verranno ordinati in Duomo cinque diaconi ambrosiani, tutti sposati. Alla cerimonia, che prenderà inizio alle 17.30 (diretta su Chiesa Tv – canale 195 del digitale terrestre e in streaming su www.chiesadimilano.it e sul canale Youtube.com/chiesadimilano), parteciperanno anche le mogli e i figli, che li hanno accompagnati nel cammino verso il diaconato permanente. Sarà così per Antonio Ongari, che qui ci racconta come è nata la sua vocazione.

Cosa le ha fatto decidere di intraprendere il cammino diaconale?
L’incontro e la collaborazione con il diacono permanente Osvaldo Puppin – dal 2017 nella Casa del Padre -, quando è stato destinato alla parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice a San Donato, dove prestavo il mio servizio di lettore e ministro straordinario dell’Eucaristia. Il suo esempio e il suo stimolo, insieme alla proposta da parte del parroco di allora, mi hanno portato a verificare la possibilità di rispondere positivamente a questa vocazione.

Cosa ha aggiunto alla sua vita come uomo e come padre?
Un modo completamente nuovo di guardare e di rispondere alla realtà nella quale vivo, in famiglia soprattutto, ma anche in tutti gli altri ambiti. È questo che principalmente sento di aver ricevuto negli anni in preparazione al diaconato e che, ancora di più, penso di continuare a ricevere con il sacramento e con il ministero.

Siete tutti sposati: quanto è importante il sostegno delle vostre mogli?
La parola giusta è “fondamentale”. Senza il loro sostegno la nostra sarebbe stata una scelta individualistica e non vissuta all’interno del cammino di coppia. Nel concreto le nostre mogli hanno saputo sopportare le ricadute sui ritmi familiari dei nuovi impegni di studio e di formazione e sono state uno sprone a non mollare nei momenti di fatica e di scoramento. Abbiamo percorso insieme il cammino, sebbene con ruoli diversi.

Il vostro motto pone l’accento sul servizio: come si potrà esplicitare?
Ritengo che ancora possiamo e dobbiamo scoprire infiniti modi di esplicitare il nostro servizio nella vita della Chiesa, anche al di là dei ministeri ordinati, pur rimanendo fedeli alla Dottrina e inseriti nel corpo della Chiesa. Parafrasando il nostro Arcivescovo, «la situazione sarà occasione». Passando al personale, dal Vicario di zona, a nome dell’Arcivescovo, mi è stato chiesto di occuparmi di Pastorale missionaria e di Pastorale dei migranti nel Decanato San Donato-Peschiera,. Anche in questo ambito ritengo che sarà la realtà locale, in continua evoluzione, a dettare i modi di esplicitare la triplice diaconia di Parola, Eucarestia, Carità.

Come il diacono può essere presenza preziosa nel mondo del lavoro e nella società?
«Ministri della soglia» è la definizione del diaconato che più mi piace e che traduco in «avere il piede in due – tre scarpe», con una accezione positiva, perché il ministero “clericale” viene a inserirsi e, si spera, ad armonizzarsi ad altre due forme di ministero che fanno ormai parte della nostra vita. Ritengo che proprio questa particolare condizione possa essere il punto di partenza per la testimonianza della Carità di Dio che si fa presente nella vita di ogni uomo. Nell’ambito professionale, poi, il diacono permanente ha a proprio vantaggio la conoscenza di due linguaggi e di due dinamiche: quella di fede e quella lavorativa.

Altro accento è posto sul fare la volontà di Dio in ogni ambito: non vi spaventa?
Personalmente sì. Giudico, però, positivamente questa paura, in quanto segno della consapevolezza dell’importanza della scelta. Due pensieri alleviano notevolmente il peso emotivo dello spavento: la certezza che anche in questa nuova fase della mia vita non sarò mai lasciato solo e che anche con il matrimonio ho vissuto una situazione simile di assunzione di impegno totale, senza poterne conoscere in anticipo i dettagli.

I profili

«Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”»: da questo versetto di Giovanni, tratto dal racconto delle nozze di Cana, i cinque diaconi ambrosiani, tutti sposati e con una età compresa tra i 41 e i 60 anni, hanno deciso di farsi accompagnare nel ministero. Con Antonio Ongari, analista programmatore di San Donato Milanese, sposato con Vita e padre di due figli ormai grandi, verranno ordinati anche Elio Gabriele Mazzi, dirigente di azienda e docente universitario di Gorla Minore (Va), sposato con Monica e padre di due figlie; Claudio Gamaliele Oliva, imprenditore milanese sposato con Elena; Maurizio Rea, consulente aziendale di San Fruttuoso in Monza, sposato con Serena e padre di quattro figli; Federico Ripamonti, educatore professionale di Oreno di Vimercate (Mb), sposato con Isabella e padre di tre figli.
A completamento del motto, i diaconi hanno scelto come immagine il mosaico «Le nozze di Cana» realizzato da Rupnik nel giugno 2013 nel Santuario di San Giovanni Paolo II a Cracovia. «Anche noi vorremo essere come quel servitore che resta defilato lasciando la scena a Gesù – spiegano -, ma offre il vino buono agli sposi, di cui conosce l’origine e la preziosità».

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