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Cent’anni da scout SUL FRONTE DELL’EMERGENZA

15 Ottobre 2007

L’Agesci pur essendo un’organizzazione educativa, quando sopraggiunge un’emergenza dal territorio si "converte" in organizzazione di pronto intervento a sostegno delle popolazioni colpite. Il "settore emergenza" degli scout è nato in occasione della tragedia del Vajont nel 1963. Di questa particolare attività ne parliamo con il responsabile milanese, Mario Villa.

di Luisa Bove

Quando in Italia c’è un’emergenza gli scout sono tra i primi a giungere sul luogo. Dopo le prime esperienze delle “Aquile Randagie”, il settore è nato nel 1963 dopo il disastro della diga del Vajont. «Prima di allora si interveniva quando occorreva, ma non esisteva ancora un settore specifico», spiega Mario Villa, incaricato del settore Emergenza e Protezione Civile di Milano e componente della pattuglia regionale. La struttura piramidale, con incaricati nazionali, regionali e di zona, ognuno con proprie pattuglie e propri capisquadra, permette di avere «sempre monitorato tutto il territorio italiano». In Lombardia i volontari sono 140, di cui una ventina solo a Milano.

«Pur essendo un’organizzazione educativa – dice Villa -, quando c’è un’emergenza l’Agesci si “converte” in organizzazione di intervento alla popolazione: tutte le normali attività scout, se necessario, vengono sospese e gli stessi capi possono essere impiegati per l’emergenza».

Come funziona il “reclutamento”?
Andiamo nelle Comunità capi dei diversi gruppi scout e presentiamo il nostro Piano operativo, spiegando il lavoro che svolgiamo e le nostre competenze di intervento. Quindi consegniamo le schede di adesione. Chi aderisce viene poi contattato per conoscere la sua disponibilità e i tempi di reperibilità. Quindi si creano squadre di 6-8 persone che vengono formate dal punto di vista professionale rispettando le diverse competenze: assistenza psico-sociale alla popolazione, montaggio e gestione di tendopoli, gestione delle mense e animazione, lavoro di segreteria (verifica dei danni sul territorio e inserimento dati per il Dipartimento Protezione Civile che fa capo al Ministero dell’Interno).

Cosa succede quando scatta un’emergenza? Come venite mobilitati?
Il sindaco del paese colpito deve inviare un fax di richiesta di intervento all’Agesci e a Roma. Poi si allertano le squadre di Emergenza e Protezione Civile a livello nazionale che raggiungono il luogo del disastro. Ora stiamo trattando per essere iscritti all’albo regionale per poter essere attivati anche dalla Regione per le piccole emergenze.

Chi lavora e decide di partecipare a un’emergenza deve chiedere ferie o esistono leggi che consentono di assentarsi dal lavoro con permessi particolari?
Esiste una legge (Dpr 194/01) che garantisce il mantenimento del posto di lavoro per chi lavora, mentre agli studenti vengono riconosciuti crediti formativi. Come incaricati di zona o regionali rilasciamo un certificato da consegnare al datore di lavoro in cui si dichiara che il signor “X” appartiene all’associazione Agesci settore Protezione Civile. Con questa dichiarazione, se c’è un’emergenza e il datore di lavoro dà il permesso, il volontario può partire entro 24, 48 o 72 ore, in funzione della reperibilità che ha dato al momento dell’adesione. Ogni scout si deve presentare al Centro operativo misto del paese disastrato per la registrazione e deve restare sul posto almeno cinque giorni. Prima di tornare a casa riceve la dichiarazione del presidente del Com che certifica il suo servizio. Il datore di lavoro, invece, ottiene un risarcimento dall’ente che ha richiesto l’intervento dell’Agesci: la Provincia, la Regione o istituzioni a livello nazionale.

Qual è stata la vostra ultima “impresa”?
I funerali di Giovanni Paolo II. Prima invece abbiamo avuto l’emergenza del terremoto di Salò, nel 2004, in cui abbiamo mobilitato 280 ragazzi provenienti da tutto il Nord Italia. Abbiamo svolto soprattutto un lavoro di segreteria e animazione nelle frazioni disastrate. Grazie a Dio non ci sono stati morti e feriti, quindi non abbiamo dovuto allestire tendopoli. L’avvenimento è passato in secondo piano perché non ci sono state vittime, ma per noi è stato un grande impegno, perché abbiamo garantito il servizio 24 ore su 24, dal 28 novembre al 20 dicembre. Abbiamo fatto un ottimo lavoro e le autorità di Brescia ci hanno ricordato e ringraziato un anno dopo.