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9 settembre

Cardinale Scola, la “presa di possesso”

Alle 12 in Duomo si terrà il rito da parte del nuovo Arcivescovo per mezzo di un procuratore, il Vicario generale monsignor Carlo Redaelli

5 Settembre 2011

Venerdì 9 settembre l’Arcivescovo eletto, cardinale Angelo Scola, per mezzo di un procuratore, prenderà possesso canonico dell’Arcidiocesi di Milano, con una celebrazione che si terrà in Duomo alle 12 nella Cappella feriale (dietro l’altare maggiore). La cornice celebrativa è la preghiera liturgica dell’Ora Sesta.

La presa di possesso canonico dell’Arcidiocesi, che avrà come “procuratore” scelto dal cardinale Scola il Vicario generale monsignor Carlo Redaelli, si svolgerà alla presenza dei Vescovi ausiliari, del Capitolo Metropolitano, del Collegio dei Consultori, del Consiglio Episcopale Milanese, oltre che dei capi-ufficio e del personale della Curia Arcivescovile e dei fedeli. Da Venezia due ecclesiastici, inviati dall’Arcivescovo, porteranno i documenti ufficiali.

L’atto formale consiste nei seguenti passaggi: innanzitutto, nella consegna al procuratore della lettera che lo nomina a tale funzione; sarà poi consegnata e ne sarà fatta pubblica lettura, con la traduzione in italiano, della Lettera Apostolica di Benedetto XVI che nomina il cardinale Angelo Scola Arcivescovo di Milano; prenderà visione di tale documento il «Collegio dei Consultori» dell’Arcidiocesi; seguirà poi l’atto di assidersi sulla cattedra episcopale da parte del procuratore, a nome del nuovo Arcivescovo. Dopo questi momenti formali, l’assemblea risponderà all’annuncio rendendo grazie al Signore, mentre verranno suonate le campane del Duomo.

Al termine della celebrazione in Duomo, il procuratore, passando per il camminamento sotterraneo si recherà al Palazzo Arcivescovile, quindi raggiungerà l’appartamento arcivescovile e concluderà la presa di possesso nella Cappella privata dell’Arcivescovo.

È il primo atto formale

La presa di possesso della propria diocesi da parte del vescovo è l’atto giuridico con il quale chi è stato nominato vescovo diventa a tutti gli effetti e formalmente pastore della diocesi che gli è stata affidata. È un atto giuridico, con tutti gli effetti che il Codice di Diritto Canonico a tale atto attribuisce. Ma come capita spesso, soprattutto per gli eventi che segnano la storia di una Chiesa locale, come della Chiesa universale, tale atto giuridico non si esaurisce in un’arida procedura burocratica, compiuta in un ufficio con firme e timbri, ma esige una sua “visibilizzazione” celebrativa, possibilmente all’interno di una celebrazione. In effetti della presa di possesso da parte del vescovo non parla solo il Codice di Diritto Canonico, ma anche il Coeremoniale Episcoporum, cioè il libro che descrive e regola le celebrazioni liturgiche del vescovo nella sua diocesi. E la prima indicazione che in tale libro troviamo, in riferimento alla presa di possesso, è quella di suggerire, come preferenziale, la scelta di compiere questo atto giuridico all’interno del rito di ingresso del vescovo nella sua diocesi: in questo modo è il vescovo stesso che di persona prende possesso della propria diocesi divenendone a tutti gli effetti pastore. Qualora poi, per vari motivi, ciò non fosse possibile, allora il vescovo eletto può compiere questo atto attraverso un procuratore, prima del suo ingresso. Formalmente l’atto della presa di possesso consiste nella presentazione e nella pubblica lettura della Lettera Apostolica con la quale il Papa nomina l’eletto quale vescovo di una determinata Diocesi: come segno che rende visibile l’avvenuta presa di possesso il vescovo (se compie lui personalmente l’atto), oppure il procuratore, si siede sulla cattedra episcopale. E da quel momento in tutte le Messe celebrate in Diocesi, durante la preghiera eucaristica, accanto al nome del papa, viene ricordato il nome del nuovo vescovo. Possiamo concludere con una osservazione. L’espressione «presa di possesso» ha una sua tradizione di carattere giuridico e un suo indubbio valore, anche se qualcuno potrebbe equivocare sul termine «possesso» leggendovi una certa dimensione di potere. In realtà con la «presa di possesso» il nuovo vescovo inizia ufficialmente, formalmente e di fatto il suo ministero di pastore, di liturgo e di maestro nella fede. E «ministero» significa letteralmente «servizio»: prendere possesso di una diocesi significa quindi cominciare a esercitare non un potere ma un servizio pastorale per la salvezza delle anime e il bene della Chiesa di Cristo.

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