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Intervista

Bressan: «Con “Vita e Pensiero” per permettere alla fede di ridare linfa e di generare cultura»

Il Vicario episcopale sottolinea il significato dell’operazione che vede la Diocesi impegnata al fianco dell’Editrice, che con quattro incontri a partire dal 10 ottobre festeggia il proprio centenario

di Annamaria Braccini

7 Ottobre 2018
Monsignor Luca Bressan

È possibile ripartire dalle parole, apprendere di nuovo il lessico e la grammatica dell’umano? Tornare a un linguaggio in grado di essere strumento di dialogo vero e profondo e non una sorta di arma per ferire l’altro o un mezzo in più per erigere muri di incomprensione e di incomunicabilità? Sì, è possibile e anzi, forse mai come in questi tempi, necessario. Per questo l’iniziativa «Sapienza dell’umano. Quattro parole per ricominciare», promossa dall’Arcidiocesi e da «Vita e Pensiero», si pone come un’approfondita e interessante occasione per riflettere sul tema da diversi punti di vista e per dire che anche oggi la società e il Cristianesimo possono conoscere la forza di un nuovo inizio.

Ad approfondire il senso e la logica degli incontri è monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione sociale: «L’Editrice “Vita e Pensiero” ha colto la ricorrenza del suo centenario (l’anno prossimo sarà anche il centenario della Rivista del Clero Italiano, edita dalla stessa “Vita e Pensiero”) per tentare un’operazione culturale, pensata con l’Arcidiocesi, alla quale abbiamo aderito subito e volentieri. Si tratta di rilanciare il motivo per cui è nata l’Editrice e, poi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ossia ridare vitalità e rendere attuali i valori dell’esperienza cristiana che generano cultura. Infatti le quattro parole scelte sono termini fondamentali nella vita di ciascuno: “entusiasmo”, “desiderio”, “limite” e “tradizione”».

Perché questa scelta?
Siamo convinti che queste quattro parole vadano riprese per scoprirne la novità nella nostra cultura, la forza e la capacità di ristrutturare l’esperienza umana in un momento nel quale vediamo la trasformazione in atto sia a livello sociale, tramite la globalizzazione, l’urbanizzazione e le grandi metropoli, sia a livello antropologico, attraverso l’ingresso della tecnica nella vita delle persone. Pensiamo che oggi, in un tale contesto di rinnovamento, declinare queste parole sia un’esperienza culturale che può permettere alla fede di ridare linfa e di generare cultura, come è stato nei primi secoli del Cristianesimo.

Quindi non è casuale che le serate si svolgano in quattro diverse Basiliche storiche di Milano?
Certamente no. Abbiamo voluto collocare gli incontri in altrettanti luoghi significativi per l’esperienza cristiana – le Basiliche di San Simpliciano, Sant’Ambrogio, Santi Apostoli e Nazaro Maggiore e Sant’Eustorgio -, nella convinzione che quegli spazi non siano semplicemente contenitori, ma “culle” in cui si genera qualcosa, luoghi che conservano e dicono che la tradizione cristiana è capace di vivere. Tanto è vero che queste Basiliche sono dette “matrici” della nostra Chiesa, nel senso che hanno generato alla fede i primi cristiani di Milano.

Chi avete invitato a tenere le relazioni?
Gli autori prescelti sono significativi, perché sanno ben interpretare il momento presente. Nel primo appuntamento avremo lo scrittore Pablo d’Ors che, nel suo ultimo libro intitolato Entusiasmo, rilegge la propria esperienza di fede e la vocazione: vuole raccontare, con i linguaggi del tempo, che anche oggi si può essere chiamati e che Dio è nostro contemporaneo. Entusiasmo in greco significa, appunto, «essere afferrati da Dio».
Il secondo autore è José Tolentino de Mendonça, che il Papa ha appena chiamato presso di sé in un luogo prestigioso quale è la Biblioteca Apostolica Vaticana, come archivista e bibliotecario, proprio per tentare l’operazione culturale che anche noi vogliamo intraprendere. Nella Quaresima di quest’anno Tolentino de Mendonça ha predicato gli Esercizi spirituali al Santo Padre e ai collaboratori della Curia Romana ed è una figura che sa decifrare come la cultura attuale sia capace di esprimere nostalgia di Dio, cercando e trovando spazi per ascoltarlo e linguaggi per comprenderlo. L’incontro, difatti, si intitola «Chi ha sete venga. Elogio del desiderio».

E gli altri due relatori?
Sono il priore attuale della Comunità di Bose Luciano Manicardi, a cui abbiamo chiesto di parlare del senso del limite a partire dall’esperienza della Comunità che è stata capace di leggere la tradizione, e quindi di usarla, come una matrice dentro la quale forgiare un’esperienza nuova.
Infine, il quarto relatore è Giuliano Zanchi. Lo abbiamo interpellato per la capacità, in alcuni suoi libri, di cogliere con lucidità quali siano le tensioni che vive attualmente la fede cristiana e su quali punti vi sia bisogno che la forma della Chiesa e della vita quotidiana del Cristianesimo si lascino rigenerare per poter abitare l’uomo. Le difficoltà nel tramandare la fede da un generazione all’altra chiedono di tornare a riflettere in profondità, attivando energie e immaginazione, sulla tradizione cristiana che è forza vitale, ma anche fuoco che va custodito.

 

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