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Catechisti

Adulti nella fede, nel cuore il calore di Dio

Nell’iniziazione cristiana chi introduce all’incontro con il Signore
non può che far trasparire il suo personale rapporto con Gesù

di don Antonio COSTABILE responsabile del Servizio per la Catechesi

21 Ottobre 2013

Oggi spesso veniamo identificati a partire dal ruolo che svolgiamo nella società, dalla professionalità acquisita, dalle competenze che sappiamo mettere in campo, dall’immagine vincente che siamo riusciti a dare di noi stessi. C’è quasi una esasperazione nel rimarcare queste caratteristiche perché sia riconosciuta non tanto la persona, ma piuttosto il suo ruolo sociale o a volte anche ecclesiale.

Nella stessa comunità cristiana si vanno caratterizzando di fatto diverse figure ministeriali oltre quelle canonicamente ritenute tali.

Questo è certo positivo perché rivela la ricchezza di doni e di generosità da parte di molti nell’edificazione della comunità cristiana.

C’è però un duplice rischio da non sottovalutare, quello di delegare il compito di tutti ad alcuni, e di circoscrivere la responsabilità per esempio nel campo educativo ad alcune figure particolari con una funzione specifica. Forse più che di ruoli definiti o di ministeri di fatto si tratta di avere uno sguardo che sappia tenere insieme il dono e il compito di ciascuno a partire da un legame primo e sorgivo per tutti: il legame, «la familiarità con Gesù», come ha ricordato Papa Francesco recentemente ai catechisti (27 settembre): «La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita. Ricordo, tante volte in diocesi, nell’altra diocesi che avevo prima, di aver visto alla fine dei corsi nel seminario catechistico, i catechisti che uscivano dicendo: “Ho il titolo di catechista!”. Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola stradina! Chi ti aiuterà? Questo vale sempre! Non è un titolo, è un atteggiamento: stare con Lui; e dura tutta la vita! È uno stare alla presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui.

Ciò che ci caratterizza quindi è il nostro primario rapporto con Gesù; prima che catechista, operatore pastorale, educatore di altri, sono cristiano, appartenente a Cristo per me stesso e per gli altri.

La relazione viva e personale con Gesù, con la sua Parola nel silenzio dell’ascolto e della preghiera, nell’assemblea liturgica che rinnova efficacemente la “memoria Iesu”, nella cura di ogni relazione, mi definisce e plasma la mia identità decisiva, prima e oltre ogni ruolo che posso svolgere nella comunità cristiana.

Allora comprendiamo che ogni ministero a partire da quello ordinato a quello più umile e nascosto nella comunità cristiana è un servizio alla Comunione, è un far trasparire un Amore che ci precede, una Parola di cui facciamo eco con parole e gesti autentici.

In particolare nel campo educativo e nell’iniziazione cristiana chi introduce all’incontro personale con il Signore non può che far trasparire, irradiare il suo personale rapporto con Gesù, il suo senso di appartenenza alla comunità cristiana, come luogo ed esperienza viva della memoria incessante di Gesù.

Di conseguenza se c’è una domanda prima rispetto ad ogni altra che ci riguarda è questa: «Come vivo io questo stare con Gesù, questo rimanere in Gesù? Ho dei momenti in cui rimango alla sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo!» (Papa Francesco ai catechisti, 27 settembre).