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21 maggio

Il monastero in città, tra preghiera e lavoro

All'Abbazia di Seregno venerdì 21 maggio si rifletterà su questa frontiera della spiritualità monastica con padre Delfieux, fondatore di una comunità a Parigi. Nella stessa serata porteranno la loro testimonianza anche i priori delle due Fraternità di Firenze

di Luisa BOVE Redazione

20 Maggio 2010

Si conclude venerdì 21 maggio alle 21 con un relatore d’eccezione il ciclo di incontri sulla spiritualità monastica promossi dal Centro culturale dell’Abbazia San Benedetto di Seregno (via S. Stefano da Seregno 100). A parlare sarà infatti padre Pierre-Marie Delfieux, fondatore e priore delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme, con una relazione dal titolo «Perché e come un monachesimo nella città». Dopo i due incontri su Bernardo Tolomei e santa Francesca Romana, l’abate di Seregno dom Luigi Gioia spiega così la scelta del tema: «Io sono qui dal 2009 e ho vissuto 22 anni in monasteri un po’ isolati, prima in Toscana e poi in Francia. Quella di Seregno è quindi la mia prima esperienza di monachesimo in città e mi interrogo molto sul suo significato». Dovendo quindi organizzare un incontro sul monachesimo ha pensato di invitare padre Delfieux, che ha conosciuto personalmente, avendo anche trascorso una settimana nel monastero di Parigi prima di andare a Seregno.
Padre Delfieux terrà quindi «una relazione dal punto di vista storico e spirituale, perché il monachesimo in città non è nato adesso», ma affonda le sue radici nei secoli passati; seguiranno gli interventi di fr. Massimo Maria e sr. Rosalba, priori delle Fraternità di Firenze, che racconteranno la loro esperienza di monaci in una città italiana.
Ma che cos’è la Fraternità Monastica di Gerusalemme? Fondata da padre Delfieux nel 1975 presso la chiesa di Saint Gervais-Saint Protais a Parigi (con l’approvazione del cardinal François Marty e il riconoscimento istituto religioso nel 1996 da parte del cardinal Lustiger), è approdata in Italia solo in questi ultimi anni a Firenze e a Roma.
Padre Delfieux, già cappellano degli studenti della Sorbona, aveva vissuto come eremita per due anni nell’Assekrem, nel deserto del Sahara, prima di fondare in Francia la Fraternità 35 anni fa. Scopo dei monaci e delle monache di Gerusalemme è quello di «portare la preghiera nella città e la città nella preghiera», creando un’oasi, un deserto, uno spazio di silenzio nel quale incontrare Dio e vivere la dimensione della fraternità.
Pur seguendo il ritmo della vita urbana, i monaci sono fedeli alla liturgia quotidiana e scandiscono le ore della giornata con la preghiera al mattino, a mezzogiorno e alla sera. Al mattino i monaci di Gerusalemme celebrano le lodi con chi si prepara ad andare al lavoro, a metà giornata l’ufficio di ora media coincide con la pausa del pranzo, alla sera i vespri e la Messa sono aperti a chi ritorna dal lavoro in orari accessibili.
«Le Fraternità Monastiche di Gerusalemme non hanno parrocchie – spiega dom Gioia -, per questo la dimensione di accoglienza e condivisione si esprime essenzialmente attraverso la liturgia, molto curata e molto bella, offrendo spazi di preghiera e adorazione che la gente apprezza molto. Anche per noi l’ospitalità è vissuta attraverso l’attività del Centro culturale San Benedetto». Non è né una scuola, né un istituto di scienze religiose e neppure un circolo culturale, ma una «foresteria monastica», come amano definirla a Seregno gli stessi benedettini.
Accanto alla Fraternità Monastica tradizionale, quindi con monaci di vita contemplativa, esiste un secondo ramo definito «apostolico» (come quello del monastero di Pistoia), che pur considerando centrale la preghiera, tuttavia è da ritenersi anche di vita più attiva. Esistono inoltre le Fraternità «laiche», autogestite e non residenziali che ruotano attorno ai monasteri già esistenti: chi ne fa parte sono persone che vivono del loro lavoro e allo stesso tempo abbracciano la spiritualità monastica. I membri mantengono il loro stato di vita e si riuniscono secondo le diverse fasce d’età o secondo interesse tematico come il dialogo fra le religioni o fra arte e fede; preghiera di intercessione per i malati, i prigionieri, gli emarginati; lavoro e disoccupazione…
«Ciò che accomuna le tre Fraternità – spiega ancora l’abate di Seregno – è il pellegrinaggio a Gerusalemme guidato da padre Delfieux, la loro spiritualità infatti è centrata su un’esperienza forte della Terra Santa». Il riferimento a Gerusalemme, luogo in cui Cristo è vissuto, morto e risorto, è fondamentale per tutti i monaci che partecipando al pellegrinaggio vanno alle origini della loro vocazione e stringono legami profondi tra loro. Si conclude venerdì 21 maggio alle 21 con un relatore d’eccezione il ciclo di incontri sulla spiritualità monastica promossi dal Centro culturale dell’Abbazia San Benedetto di Seregno (via S. Stefano da Seregno 100). A parlare sarà infatti padre Pierre-Marie Delfieux, fondatore e priore delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme, con una relazione dal titolo «Perché e come un monachesimo nella città». Dopo i due incontri su Bernardo Tolomei e santa Francesca Romana, l’abate di Seregno dom Luigi Gioia spiega così la scelta del tema: «Io sono qui dal 2009 e ho vissuto 22 anni in monasteri un po’ isolati, prima in Toscana e poi in Francia. Quella di Seregno è quindi la mia prima esperienza di monachesimo in città e mi interrogo molto sul suo significato». Dovendo quindi organizzare un incontro sul monachesimo ha pensato di invitare padre Delfieux, che ha conosciuto personalmente, avendo anche trascorso una settimana nel monastero di Parigi prima di andare a Seregno.Padre Delfieux terrà quindi «una relazione dal punto di vista storico e spirituale, perché il monachesimo in città non è nato adesso», ma affonda le sue radici nei secoli passati; seguiranno gli interventi di fr. Massimo Maria e sr. Rosalba, priori delle Fraternità di Firenze, che racconteranno la loro esperienza di monaci in una città italiana.Ma che cos’è la Fraternità Monastica di Gerusalemme? Fondata da padre Delfieux nel 1975 presso la chiesa di Saint Gervais-Saint Protais a Parigi (con l’approvazione del cardinal François Marty e il riconoscimento istituto religioso nel 1996 da parte del cardinal Lustiger), è approdata in Italia solo in questi ultimi anni a Firenze e a Roma.Padre Delfieux, già cappellano degli studenti della Sorbona, aveva vissuto come eremita per due anni nell’Assekrem, nel deserto del Sahara, prima di fondare in Francia la Fraternità 35 anni fa. Scopo dei monaci e delle monache di Gerusalemme è quello di «portare la preghiera nella città e la città nella preghiera», creando un’oasi, un deserto, uno spazio di silenzio nel quale incontrare Dio e vivere la dimensione della fraternità.Pur seguendo il ritmo della vita urbana, i monaci sono fedeli alla liturgia quotidiana e scandiscono le ore della giornata con la preghiera al mattino, a mezzogiorno e alla sera. Al mattino i monaci di Gerusalemme celebrano le lodi con chi si prepara ad andare al lavoro, a metà giornata l’ufficio di ora media coincide con la pausa del pranzo, alla sera i vespri e la Messa sono aperti a chi ritorna dal lavoro in orari accessibili.«Le Fraternità Monastiche di Gerusalemme non hanno parrocchie – spiega dom Gioia -, per questo la dimensione di accoglienza e condivisione si esprime essenzialmente attraverso la liturgia, molto curata e molto bella, offrendo spazi di preghiera e adorazione che la gente apprezza molto. Anche per noi l’ospitalità è vissuta attraverso l’attività del Centro culturale San Benedetto». Non è né una scuola, né un istituto di scienze religiose e neppure un circolo culturale, ma una «foresteria monastica», come amano definirla a Seregno gli stessi benedettini.Accanto alla Fraternità Monastica tradizionale, quindi con monaci di vita contemplativa, esiste un secondo ramo definito «apostolico» (come quello del monastero di Pistoia), che pur considerando centrale la preghiera, tuttavia è da ritenersi anche di vita più attiva. Esistono inoltre le Fraternità «laiche», autogestite e non residenziali che ruotano attorno ai monasteri già esistenti: chi ne fa parte sono persone che vivono del loro lavoro e allo stesso tempo abbracciano la spiritualità monastica. I membri mantengono il loro stato di vita e si riuniscono secondo le diverse fasce d’età o secondo interesse tematico come il dialogo fra le religioni o fra arte e fede; preghiera di intercessione per i malati, i prigionieri, gli emarginati; lavoro e disoccupazione…«Ciò che accomuna le tre Fraternità – spiega ancora l’abate di Seregno – è il pellegrinaggio a Gerusalemme guidato da padre Delfieux, la loro spiritualità infatti è centrata su un’esperienza forte della Terra Santa». Il riferimento a Gerusalemme, luogo in cui Cristo è vissuto, morto e risorto, è fondamentale per tutti i monaci che partecipando al pellegrinaggio vanno alle origini della loro vocazione e stringono legami profondi tra loro. – – A Sesto nascerà “un’oasi di pace” – Il “libro di vita” di padre Delfieux

I monaci di Seregno in refettorio per il pranzo