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Vaticano

Cristiani in Medio Oriente, una Chiesa di comunione

L'elenco delle 44 "propositiones" stilate al termine dell'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi

25 Ottobre 2010

Quarantaquattro “proposizioni” (in latino propositiones) riassumono le due settimane di lavori dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, dal titolo “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola’ (At 4,32)”. L’elenco finale delle proposizioni è stato votato sabato 23 ottobre, nel corso della quattordicesima congregazione generale. Quarantaquattro “proposizioni” (in latino propositiones) riassumono le due settimane di lavori dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, dal titolo “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola’ (At 4,32)”. L’elenco finale delle proposizioni è stato votato sabato 23 ottobre, nel corso della quattordicesima congregazione generale. Condividere la Croce La prima questione messa a fuoco è quella relativa alla «presenza cristiana in Medio Oriente», dove «siamo chiamati a vivere come Chiesa di comunione, restando aperti a tutti, senza cadere nel confessionalismo». Riferendosi alla difficile situazione in cui versano alcune comunità cristiane mediorientali, i padri sinodali ricordano che «essere cristiano comporta la condivisione della Croce di Cristo»; tuttavia occorre «attirare l’attenzione del mondo intero sulla situazione drammatica di certe comunità cristiane» che «soffrono ogni tipo di difficoltà, giungendo talvolta fino al martirio», chiedendo «alle istanze nazionali e internazionali uno sforzo speciale per mettere fine a questa situazione di tensione». Nelle propositiones si parla poi di pace («le nostre Chiese s’impegnino a pregare e operare per la giustizia e la pace» e «si dedichino alla purificazione della memoria e alla promozione del linguaggio della pace e della speranza») e dei pellegrinaggi ai Luoghi Santi («occasione di una catechesi approfondita, attraverso un ritorno alle sorgenti»). Per una pastorale dell’emigrazione Per mantenere una presenza cristiana in quella che fu la culla del cristianesimo si esortano fedeli e comunità ecclesiali «a non cedere alla tentazione di vendere le loro proprietà immobiliari». «Le nostre Chiese – proseguono le propositiones – devono creare un ufficio o una commissione che si occupi dello studio del fenomeno migratorio e delle sue motivazioni per trovare i mezzi per contrastarlo», impegnandosi a «consolidare la presenza dei cristiani» attraverso «progetti di sviluppo». Chiedendo alle Chiese locali di «adottare una pastorale specifica dell’emigrazione», i padri sinodali richiamano il legame «tra gli emigrati e la Chiesa di provenienza» e raccomandano che le Chiese d’accoglienza «conoscano e rispettino la teologia, le tradizioni e i patrimoni orientali». Sui lavoratori immigrati in Medio Oriente, invece, si sollecitano Chiese, istituzioni e forze politiche «a fare tutto quanto rientra nelle loro competenze perché i diritti fondamentali degli immigrati, riconosciuti dal diritto internazionale, siano rispettati». Vivere la comunione La comunione «in seno alla Chiesa cattolica», «tra vescovi, clero e fedeli», «con le Chiese e le comunità ecclesiali» costituisce uno degli elementi portanti del Sinodo. All’interno della Chiesa cattolica si raccomanda, tra l’altro, di «creare una commissione di cooperazione tra le gerarchie cattoliche del Medio Oriente, incaricata di promuovere strategie pastorali comuni», si richiamano i nuovi movimenti ecclesiali a «operare in unione con il vescovo locale e secondo le sue direttive pastorali», si fa cenno alla «situazione dei fedeli cattolici nei Paesi del Golfo» e alla «pastorale delle vocazioni», si parla dell’«importanza della lingua araba» chiedendo d’intensificarne l’uso da parte della istituzioni vaticane «affinché i cristiani di cultura araba abbiano accesso alle informazioni provenienti dalla Santa Sede nella loro lingua materna». «Preti sposati» ed ecumenismo Nel rapporto tra vescovi, clero e fedeli ha suscitato la curiosità dei media la propositio relativa ai «preti sposati» (presenti nella Chiesa orientale), laddove si afferma che «il celibato ecclesiastico è stimato e apprezzato sempre e dovunque nella Chiesa cattolica, in Oriente come in Occidente», chiedendo tuttavia «la possibilità di avere preti sposati fuori dai territori patriarcali» per «assicurare un servizio pastorale in favore dei nostri fedeli» rispettando «le tradizioni orientali». Sul piano ecumenico, invece, si riafferma l’«importante ruolo» delle Chiese orientali cattoliche, incoraggiate «a instaurare un dialogo ecumenico a livello locale», raccomandando che «siano maggiormente coinvolte nelle commissioni intenzionali di dialogo». La testimonianza cristiana «Ogni battezzato dev’essere pronto a rendere ragione della sua fede», rilevano infine i padri sinodali proponendo «centri di catechesi» per «una formazione di fede viva degli adulti», incoraggiando «le scuole e le istituzioni educative cattoliche», rilevando «l’importanza capitale dei nuovi mezzi di comunicazione» e ponendo particolare attenzione alle famiglie e ai giovani. Da ultimo, il dialogo interreligioso con ebrei e musulmani. Da un lato «le iniziative di dialogo e di cooperazione con gli ebrei sono da incoraggiarsi per approfondire i valori umani e religiosi, la libertà, la giustizia, la pace e la fraternità». Dall’altro «nel Medio Oriente i cristiani condividono con i musulmani la stessa vita e lo stesso destino» e perciò «sono chiamati a continuare il fecondo dialogo di vita» con «uno sguardo di stima e di amore, mettendo da parte ogni pregiudizio negativo».