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Abruzzo

I giovani: una grande maturità di fronte alla tragedia

Sabato 30 maggio i ragazzi di L'Aquila riceveranno la Croce della Giornata mondiale della gioventù davanti alla Casa dello studente, da cui partirà la veglia di Pentecoste

Daniele ROCCHI Redazione

27 Maggio 2009
L'AQUILA 11-04-2009
PIZZOLI  
TERREMOTO 
RAGAZZI CHE GIOCANO  NELLE TENDOPOLI
PH: CRISTIAN GENNARI

La Croce della Giornata mondiale della gioventù nei luoghi del terremoto d’Abruzzo. È l’iniziativa messa in piedi dalla sezione “giovani” del Pontificio Consiglio per i laici, dalla Fondazione Giovanni Paolo II per la gioventù del medesimo Pontificio Consiglio, con la collaborazione del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, di quello diocesano de L’Aquila e della Regione ecclesiastica Abruzzo-Molise. L’apertura è fissata per sabato 30 maggio alle 16 davanti alla Casa dello studente dove la Croce verrà consegnata ai giovani aquilani. Da qui si muoverà verso la tendopoli di piazza D’Armi dove, alle 22, ci sarà la veglia di Pentecoste a cui seguirà la preghiera notturna. Il 31 maggio e il 1° giugno la Croce visiterà le tendopoli di Lucoli, Coppito, “Ex Italtel 2” a L’Aquila, Pettino Villa Sant’Angelo, San Demetrio, Paganica fino all’arrivo alla basilica di Collemaggio (1 giugno, 21.30) dove ci sarà una veglia notturna. Martedì 2 giugno, la Croce verrà portata nella “zona rossa” nel cuore de L’Aquila, in piazza Duomo. Da lì partirà alla volta del Santuario di san Gabriele dell’Addolorata a Isola del Gran Sasso per la chiusura dell’Agorà dei giovani della Regione ecclesiale Abruzzo-Molise. «Si tratta di un vero e proprio pellegrinaggio della Croce nelle varie tendopoli – spiega mons. Pietro Santoro, vescovo delegato per i giovani di Abruzzo e Molise – mi piace sottolineare che in questa occasione viene portata la croce della Gmg, originale, quella data da Giovanni Paolo II ai giovani nel 1984 e conservata nel Centro san Lorenzo di Roma».

Mons. Santoro, quali sono gli scopi che si propone questo pellegrinaggio?
Innanzitutto vuole essere una proposta di speranza e un invito ad ogni persona ad accettare la Croce di questo momento. Al tempo stesso, sapendo che Cristo condivide tutto questo dolore, intende aiutare le persone ad entrare nell’ottica della Resurrezione. Sappiamo che tutto ciò è difficile, duro da mettere in pratica, ma la Croce diventa anche una sfida educativa.

Il sisma ha azzerato in molti giovani sogni ed aspirazioni per il futuro: c’è uno stato d’animo prevalente che si sta facendo largo in loro dopo questa tragedia?
I giovani sono stati troncati per la perdita di lavoro e di studio, per non tacere delle dimensioni affettive e familiari. Adesso stanno sperimentando la fragilità e la paura. C’è chi ha paura di tornare a casa e chi ha paura di restare. Nel loro inconscio c’è una fenditura di paura, l’incognita del futuro, «resto o vado via?», un dilemma lacerante. Come Chiesa invitiamo i giovani a restare. Se vanno via, infatti, non solo viene a mancare un serbatoio sociale ma anche volti che dicono che la speranza in un futuro diverso è possibile.

Come stanno reagendo, invece, davanti alla morte di molti loro coetanei?
Oggi la morte è censurata, non se ne parla. Il terremoto li ha messi non dentro un reality ma davanti ad una dimensione importante come la morte. Da questo punto di vista, devo dire, ho visto un rilancio di speranza, forte: è come se tutto questo dramma avesse accumulato nei giovani ulteriori risorse di vita e di forza.

Forse anche di rabbia… o no?
Io credo di no, vanno in controtendenza. Certamente e giustamente invocano anche giustizia qualora fossero accertate delle responsabilità. Ma la rabbia non prevale. Anzi ho notato un certo capovolgimento di valori.

Cosa intende per capovolgimento di valori?
Recentemente ho incontrato gli studenti universitari aquilani e della Marsica alla Sapienza di Roma. Il terremoto sta costituendo per loro un capovolgimento radicale di prospettive. La tragedia vissuta li sta facendo uscire da nicchie di autoreferenzialità. Essi dicono e testimoniamo che rileggendo quanto accaduto in queste ultime settimane devono rimpastare i loro sogni presenti e futuri con quelli degli altri. Stanno riscoprendo la dimensione dell’alterità. Lo studio, come il lavoro, non sono solo strumenti di affermazione personale ma anche di promozione del bene dell’altro, del bene comune. A livello culturale ed interiore c’è un senso di riscatto molto positivo. Nel male c’è anche questo fiore che è spuntato.

Il terremoto è stato anche un banco di prova per la vita di fede di tanti giovani. La Chiesa come li sta aiutando per riprendere questo cammino intimamente legato al proprio progetto di vita, di studio e di lavoro?
In questa realtà la Chiesa sta vivendo, e dovrà farlo sempre di più e ancora a lungo, la dimensione dell’accompagnamento, del dialogo personale, per entrare nel cuore dei giovani, capirlo ed aprirlo verso strade nuove. La speranza non è semplicemente un’idea o un valore ma deve incarnarsi nel loro cuore e intelligenza. Rendere la propria vita speranza per gli altri, questa è la sfida che si vince anche con la presenza dei sacerdoti, dei vescovi, dei religiosi. La fede è il carburante per andare avanti. Scommettere sulla fede è scommettere in una maggiore umanità. La Croce della Giornata mondiale della gioventù nei luoghi del terremoto d’Abruzzo. È l’iniziativa messa in piedi dalla sezione “giovani” del Pontificio Consiglio per i laici, dalla Fondazione Giovanni Paolo II per la gioventù del medesimo Pontificio Consiglio, con la collaborazione del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, di quello diocesano de L’Aquila e della Regione ecclesiastica Abruzzo-Molise. L’apertura è fissata per sabato 30 maggio alle 16 davanti alla Casa dello studente dove la Croce verrà consegnata ai giovani aquilani. Da qui si muoverà verso la tendopoli di piazza D’Armi dove, alle 22, ci sarà la veglia di Pentecoste a cui seguirà la preghiera notturna. Il 31 maggio e il 1° giugno la Croce visiterà le tendopoli di Lucoli, Coppito, “Ex Italtel 2” a L’Aquila, Pettino Villa Sant’Angelo, San Demetrio, Paganica fino all’arrivo alla basilica di Collemaggio (1 giugno, 21.30) dove ci sarà una veglia notturna. Martedì 2 giugno, la Croce verrà portata nella “zona rossa” nel cuore de L’Aquila, in piazza Duomo. Da lì partirà alla volta del Santuario di san Gabriele dell’Addolorata a Isola del Gran Sasso per la chiusura dell’Agorà dei giovani della Regione ecclesiale Abruzzo-Molise. «Si tratta di un vero e proprio pellegrinaggio della Croce nelle varie tendopoli – spiega mons. Pietro Santoro, vescovo delegato per i giovani di Abruzzo e Molise – mi piace sottolineare che in questa occasione viene portata la croce della Gmg, originale, quella data da Giovanni Paolo II ai giovani nel 1984 e conservata nel Centro san Lorenzo di Roma».Mons. Santoro, quali sono gli scopi che si propone questo pellegrinaggio?Innanzitutto vuole essere una proposta di speranza e un invito ad ogni persona ad accettare la Croce di questo momento. Al tempo stesso, sapendo che Cristo condivide tutto questo dolore, intende aiutare le persone ad entrare nell’ottica della Resurrezione. Sappiamo che tutto ciò è difficile, duro da mettere in pratica, ma la Croce diventa anche una sfida educativa.Il sisma ha azzerato in molti giovani sogni ed aspirazioni per il futuro: c’è uno stato d’animo prevalente che si sta facendo largo in loro dopo questa tragedia?I giovani sono stati troncati per la perdita di lavoro e di studio, per non tacere delle dimensioni affettive e familiari. Adesso stanno sperimentando la fragilità e la paura. C’è chi ha paura di tornare a casa e chi ha paura di restare. Nel loro inconscio c’è una fenditura di paura, l’incognita del futuro, «resto o vado via?», un dilemma lacerante. Come Chiesa invitiamo i giovani a restare. Se vanno via, infatti, non solo viene a mancare un serbatoio sociale ma anche volti che dicono che la speranza in un futuro diverso è possibile.Come stanno reagendo, invece, davanti alla morte di molti loro coetanei?Oggi la morte è censurata, non se ne parla. Il terremoto li ha messi non dentro un reality ma davanti ad una dimensione importante come la morte. Da questo punto di vista, devo dire, ho visto un rilancio di speranza, forte: è come se tutto questo dramma avesse accumulato nei giovani ulteriori risorse di vita e di forza.Forse anche di rabbia… o no?Io credo di no, vanno in controtendenza. Certamente e giustamente invocano anche giustizia qualora fossero accertate delle responsabilità. Ma la rabbia non prevale. Anzi ho notato un certo capovolgimento di valori.Cosa intende per capovolgimento di valori?Recentemente ho incontrato gli studenti universitari aquilani e della Marsica alla Sapienza di Roma. Il terremoto sta costituendo per loro un capovolgimento radicale di prospettive. La tragedia vissuta li sta facendo uscire da nicchie di autoreferenzialità. Essi dicono e testimoniamo che rileggendo quanto accaduto in queste ultime settimane devono rimpastare i loro sogni presenti e futuri con quelli degli altri. Stanno riscoprendo la dimensione dell’alterità. Lo studio, come il lavoro, non sono solo strumenti di affermazione personale ma anche di promozione del bene dell’altro, del bene comune. A livello culturale ed interiore c’è un senso di riscatto molto positivo. Nel male c’è anche questo fiore che è spuntato.Il terremoto è stato anche un banco di prova per la vita di fede di tanti giovani. La Chiesa come li sta aiutando per riprendere questo cammino intimamente legato al proprio progetto di vita, di studio e di lavoro?In questa realtà la Chiesa sta vivendo, e dovrà farlo sempre di più e ancora a lungo, la dimensione dell’accompagnamento, del dialogo personale, per entrare nel cuore dei giovani, capirlo ed aprirlo verso strade nuove. La speranza non è semplicemente un’idea o un valore ma deve incarnarsi nel loro cuore e intelligenza. Rendere la propria vita speranza per gli altri, questa è la sfida che si vince anche con la presenza dei sacerdoti, dei vescovi, dei religiosi. La fede è il carburante per andare avanti. Scommettere sulla fede è scommettere in una maggiore umanità.