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Scuola

Studiare all’estero fa bene

Indagine: ottimi risultati per gli studenti delle Superiori

di Alberto CAMPOLEONI

27 Luglio 2015

Studiare all’estero fa bene. Lo sostiene un’indagine di Intercultura tra gli studenti che hanno partecipato a un programma all’estero e che hanno appena affrontato l’Esame di Stato. Su 251 tra ragazzi e ragazze che hanno risposto al questionario, quasi la metà ha conseguito risultati brillanti alla maturità, Che vuol dire, in particolare: 51 studenti hanno preso il massimo dei voti (100 o 100 e lode), mentre altri 67 hanno ottenuto tra 91 e 99.

Tra quanti hanno risposto al questionario, il 14,3% ha riscontrato un miglioramento in tutte le materie. In particolare – e probabilmente come si poteva prevedere – il 62,5% ha mostrato miglioramento nelle lingue straniere, mentre il 27,8% nelle materie umanistiche e il 12,3% in quelle scientifiche. Dall’indagine emerge anche che non è stato facile, per gli studenti, riallinearsi subito con quanto appreso durante l’anno dai compagni rimasti in Italia. Un dato, questo, che tocca un “nervo scoperto” rispetto ai timori di chi si accosta al tema dell’esperienza di studio all’estero e che non di rado costituisce un motivo di preoccupazione e un freno. Tuttavia, anche se il questionario di Intercultura evidenzia alcune difficoltà – il 28,9% degli studenti ha ammesso di avere fatto più fatica nelle materie scientifiche, contro il 10% di chi ha riscontrato di “sudare di più” in quelle umanistiche – conferma anche come i timori sono spesso infondati; il 42,6% degli studenti che hanno risposto afferma infatti di non aver vissuto grosse difficoltà di reinserimento a livello scolastico.

La spiegazione di Intercultura è questa: “Il motivo principale per cui gli studenti che hanno trascorso un periodo lungo di scuola all’estero riescono a rimettersi alla pari, anche con ottimi risultati, è quello legato all’acquisizione delle competenze trasversali. Essere lontani da casa, al contatto con una cultura diversa, in una scuola sostanzialmente differente dalla propria, mettendo in discussione quanto appreso finora per adattarsi alle nuove situazioni ha fatto sì che questi ragazzi abbiano sviluppato, innanzi tutto, una grande apertura mentale (96,8%), una maggiore autonomia di giudizio (63%), capacità di lavorare in gruppo (52,6%), velocità nell’apprendimento (42,3%)”.

Insomma, il programma di studio all’estero – potremmo dire – “aiuta a crescere”, funziona quasi – con tutti i distinguo del caso, che vanno calibrati sulle situazioni particolari – da “acceleratore” delle esperienze scolastiche, il cui risultato finale atteso, al di là delle conoscenze/abilità disciplinari, è proprio il conseguimento di competenze trasversali importanti, capacità di orientamento e di scelta, acquisizione di consapevolezza e responsabilità.

Sempre l’indagine di Intercultura dice che i “maturati” con un’esperienza di studio (e di vita) all’estero sanno già cosa fare: l’81% di loro ha deciso di proseguire gli studi all’università, il 7,6% di lavorare e l’8% di prendersi un periodo sabbatico per riordinare le idee. Tra chi proseguirà gli studi, se la maggior parte rimarrà in Italia, magari fuori sede (il 50,8% di chi ha risposto), un buon 15,3% si è già iscritto a università estere.

Insomma, idee chiare. E non è poco. “La scuola è mondo”, come qualcuno ha scritto e spesso il mondo è scuola. Buona scuola.