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Testimonianze

Le fedi e il virus, nuovi modi di essere comunità

Attività di culto sospese dal 23 febbraio, ma protestanti, ortodossi, ebrei e musulmani hanno trovato altre modalità per esprimere il proprio credo. E tutti desiderano tornare presto alla “normalità“

di Annamaria BRACCINI

3 Maggio 2020

Come il Coronavirus ha mutato le abitudini dei fedeli delle diverse confessioni religiose presenti sul territorio della Diocesi? Come si stanno regolando i ministri di culto con le loro comunità? Domande che mai come ora, all’inizio della cosiddetta Fase2, interrogano in profondità.

«L’ultima volta che abbiamo celebrato i culti era il 23 febbraio e, da allora, abbiamo cercato nuovi modi di essere comunità». A dire così è la pastora della Chiesa evangelica metodista Dorotée Mack, che aggiunge: «Abbiamo subito deciso di mettere insieme le forze delle diverse Chiese protestanti di Milano, avendo tra noi una forte collaborazione già avviata da tempo. Abbiamo deciso di fare, per ogni domenica, la registrazione di un culto vero e proprio con diversi momenti di lettura biblica, di riflessione, di preghiera e di canto. Lo postiamo sulle pagine Facebook e sui siti Internet e lo carichiamo anche su YouTube. Abbiamo deciso di offrire questo culto la domenica alle 10 proprio per poter essere insieme, in ascolto della Parola, con le varie Chiese protestanti. Poi ci sono altri modi: per esempio facciamo studi biblici su diverse piattaforme dove possiamo interagire, discutere insieme, vederci». Anche perché la sensazione è che non si possa tornare a breve alla normalità, come spiega ancora Mack: «Vista la situazione a Milano e in Lombardia, ci sembra che non ci siano ancora le condizioni per un momento di culto, diciamo così, “normale”, che si possa vivere con serenità».

Parole cui fa eco padre Traian Valdman, vicario emerito della diocesi italiana della Chiesa romena: «Devo dire che nella nostra Chiesa ortodossa i fedeli sono abbastanza calmi, nel senso che accolgono la situazione com’è. Perfino questa pandemia viene interpretata come un momento in cui dobbiamo ringraziare di più il Signore per il bene che ci ha dato e per pentirci dei peccati». «Per quanto attiene al culto – prosegue -, abbiamo fatto celebrazioni solo a porte chiuse, unicamente con celebranti e cantori. Giovedì, venerdì, sabato e domenica della Risurrezione abbiamo trasmesso le celebrazioni in rete. Inoltre l’insegnante di catechismo ha realizzato per la rete un piccolo spettacolo con i bambini che recitano poesie riguardanti la Risurrezione». Tra gli Ortodossi romeni il desiderio di tornare in chiesa è grande: «Siamo disposti a celebrare anche nei giorni feriali della settimana, perché con il distanziamento entreranno meno fedeli. Ci pare assolutamente necessario avere il permesso di celebrare battesimi, anche con un numero minimo di familiari, e i funerali, anche perché la Chiesa ortodossa non pratica la cremazione».

Abdullah Dahamane Tchina, Imam della Moschea di Sesto San Giovanni, da parte sua, osserva: «La comunità islamica fa parte della società civile e cerca di rispettare le normative date dallo Stato e dal Governo. Dal 23 febbraio abbiamo sospeso le attività di culto che non possiamo fare online, perché per noi deve essere presente la persona nel luogo in cui si prega, come accade per la predica del venerdì, oppure per la veglia notturna che facciamo tutte le notti del Ramadan. Ci siamo limitati ad alcune lezioni che possiamo far arrivare ai fedeli virtualmente, però il culto comune e pubblico è sospeso dal 23 febbraio». Comunque i musulmani sono pronti alla Fase 2: «Per esempio possiamo aprire parzialmente i nostri luoghi, limitandoci alle preghiere quotidiane, per le quali non c’è grande affollamento».

Problemi, evidentemente, condivisi trasversalmente anche dalla Comunità ebraica. Rav Alfonso Arbib, rabbino capo, dice: «Nessun tempio in questo momento è aperto. Vedremo se ci saranno delle aperture permesse dal Governo e, in quel caso, ci regoleremo di conseguenza. Anche noi abbiamo chiuso dal 23 febbraio. Occorre essere scrupolosi e molto cauti: lo abbiamo detto chiaramente. Speriamo che si possa in futuro fare qualcosa di diverso, perché a tutti noi manca il poter andare in sinagoga. Facciamo moltissime cose online, sia via Facebook, sia via Zoom. Si tratta di lezioni molto seguite e questa è stata una buona sorpresa. Per esempio, io faccio lezione tutti i giorni. Per quanto riguarda le preghiere, ci sono alcune parti si possono fare online perché sono preghiere individuali o da recitare insieme ad altri. Ovviamente, per quanto riguarda invece le preghiere che necessitano il “Minian”, ovvero la presenza di 10 uomini adulti, è chiaro che non si possono fare».

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