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Arabia Saudita

Il popolo spinge per il voto alle donne

Intervista a Paolo Branca, islamologo e membro del Comitato per l’Islam italiano costituito dal ministero dell’Interno

26 Settembre 2011

Piccoli passi di democrazia anche nella roccaforte dell’Arabia saudita. Il Re Abdullah bin Abdul Aziz ha annunciato che le donne entreranno a far parte della Shura (il Consiglio consultivo) del regno potranno candidarsi alle prime elezioni municipali e potranno anche esercitare regolarmente il diritto di voto. Nel regno wahhabita ultraconservatore le uniche elezioni che si svolgono sono quelle municipali. Le prossime sono previste il 29 settembre, ma a queste le donne ancora non potranno partecipare. Quelle a cui potranno partecipare le donne quindi dovrebbero svolgersi fra quattro anni. Ne abbiamo parlato con Paolo Branca, islamologo e membro del Comitato per l’Islam italiano costituito dal ministero dell’Interno.

Professore, che ne pensa?
Intanto è una riforma annunciata non ancora attuata. Ma al di là di ogni questione tecnica da definire, credo comunque che sia un segnale importante che riflette una situazione sociale ormai molto cambiata negli ultimi anni. Per esempio, in Arabia Saudita ci sono molte più donne che uomini laureati. Grazie poi al benessere economico, le donne vanno più frequentemente a scuola e all’università per cui cominciano anche a venir meno molti degli usi tradizionali che le condizionano: le donne si sposano più tardi, non accettano più tanto facilmente il matrimonio combinato, vogliono partecipare di più alla vita sociale. Alcune sono già manager di industrie. Però si sa che la politica è sempre l’ultima ad adeguarsi. Quindi questa decisione del re significa che è maturata nella società una situazione tale per cui non è più possibile mantenere i tradizionali divieti come la separazione fra i sessi dei ruoli che ha sempre caratterizzato la società dell’Arabia Saudita.

E’ azzardato affermare che anche in Arabia Saudita sia arrivato un riflesso della primavera araba?
No, non è per niente azzardato. Nel senso che tra i blogger ci sono molte donne e ci sono anche donne saudite. Per cui chi usa questi sistemi di comunicazione, ha voglia di partecipare, dire la sua, entrare in rete per confrontarsi con persone di altri paesi.

C’è quindi da credere che il processo di democrazia avviato nelle piazze, abbia effetti concreti nella vita degli Stati?
Diciamo piuttosto che non è possibile tornare indietro. Come vede persino l’Arabia Saudita si è vista obbligata almeno ad annunciare dei cambiamenti. Che questi annunci portino a una democrazia in un batter d’occhio, ovviamente non sarà possibile. Si tratta di cambiamenti lenti che devono oltre tutto vedersela con le varie caste vecchie e nuove che vogliono invece mantenere lo status quo. Però il fatto che ci siano state per mesi queste mobilitazioni oceaniche a cui hanno partecipato tutti, soprattutto i giovani, usando social network e telefonini, vuol dire che le società sono più avanti degli Stati e di questo gli Stati ne dovranno tenere conto.

Le notizie che arrivano dall’Arabia Saudita, qui in Italia fanno un po’ sorridere…
Ma, veramente bisogna fare attenzione a non avere la memoria corta. Non scordiamoci cioè che anche in Italia il processo di emancipazione femminile è stata una conquista recente e che la disparità tra i sessi è una questione che ha segnato profondamente tutta la storia del mondo e tutte le religioni. In realtà poi la religione entra fino ad un certo punto in questa questione, nel senso che non esistono norme religiose sebbene la gente le creda tali.

Quale quindi l’approccio più appropriato di fronte a queste notizie?
Quello di rendersi conto che i rapporti di genere e le questioni che riguardano il sesso, la famiglia e i figli sono realtà che cambiano lentissimamente nella storia dell’umanità e cambiano prima nella realtà e solo dopo vengono percepite dalle istituzione e quindi legiferate.

Non c’è anche il rischio di immaginarsi un islam integralista dappertutto. E’ davvero così arretrato l’islam sulla questione femminile?
Intanto bisogna dire che gli immigrati musulmani presenti in Italia non sono sauditi ma sono per la maggior parte marocchini e tunisini, paesi in cui le donne guidano la macchina, votano, sono perfettamente integrate nella società. Per cui prendere l’Arabia Saudita come il modello di tutto il mondo islamico è assurdo perché è l’eccezione, non la regola.

Chi è la donna per il Corano?
Non si coglie nel Corano una differenza ontologica tra uomo e donna. Neanche il peccato originale viene raccontato come nella Bibbia cioè con un ruolo negativo di Eva. Si parla dei due che hanno disobbedito ma non si da una colpa particolare alla donna. Ciò però non ha evitato che si siano perpetuati tanti usi che relegavano la donna alla vita puramente domestica e che ciò sia avvenuto soprattutto nelle zone arretrate del mondo islamico come l’Arabia desertica e beduina. La situazione è quindi contraddittoria: il rispetto per la donne c’è, come c’è nell’ebraismo e nel cristianesimo. La società patriarcale spesso però non lo ha colto.