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Fenomeno

Due ragazzi su dieci
abusano di alcol e droga

Dalle ultime rilevazioni risulta il sempre maggiore ricorso a un mix di sostanze. Parla Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento sulle dipendenze della Asl di Milano

di Francesca LOZITO

25 Maggio 2014

La dipendenza come chiave per capire il nuovo approccio alle droghe da parte dei ragazzi. Dipendere da qualcuno, da qualcosa. Non sentire quel desiderio forte di emancipazione che caratterizza il passaggio all’età adulta. Provare qualsiasi sostanza, lecita o illecita, purché «sballi». È molto lucido Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento sulle dipendenze della Asl di Milano, nel tracciare il profilo e delineare le ragioni che devono far guardare al fenomeno delle droghe da una nuova prospettiva. «Per i ragazzi le droghe sono paradossalmente superate – spiega -. Perlomeno per come le abbiamo intese finora. Cannabis e alcol sembrano a poco a poco diventare la stessa cosa. Ciò che conta è invece trovare una sostanza che alteri il loro stato mentale».

Secondo un recente report presentato dalla Asl di Milano sulla diffusione delle sostanze psicoattive, lecite e illecite, un lavoro di ricerca effettuato con la somministrazione di oltre 3 mila questionari a cittadini residenti nel territorio di competenza della Asl, è infatti altissimo il numero di giovanissimi che usano cannabis e tabacco, e non di rado anche gli alcolici, in una modalità tecnicamente definita binge drinking: in senso letterale, abbuffata alcolica, ovvero l’assunzione di diversi tipi di alcolici in un intervallo breve di tempo.

I dati parlano del 24% di giovani che fanno uso assieme di cannabis e alcol in una fascia di età tra i 15 e i 24 anni. Stessa percentuale nella fascia 25-34 anni, mentre un calo netto si verifica nell’età adulta, tra i 35 e i 64 anni. «Uno stile di vita dei tre consumi che inciderà sulla salute degli stessi consumatori, soprattutto se non sono occasionali» fa notare Gatti. Lo scenario è preoccupante per un altro aspetto: «I nostri dati rivelano che la cannabis viene assunta pure dalla generazione dei genitori. Questa è una sorta di legalizzazione di fatto». L’uso della cannabis infatti cresce, e chi l’assume da giovanissimo continua a fumare anche da giovane: il 35,1% della fascia tra i 15 e i 24 anni e il 26,8% della fascia tra 25 e 34 anni.

Il mix tra sostanze legali e illegali è dunque un fatto conclamato. Accanto a una lieve crescita delle cosiddette smart drugs (le droghe sintetiche di nuova generazione, che non sono state ancora studiate e di cui dunque si sa pochissimo), si registra anche la presenza di farmaci legali. «Bisogna stare molto attenti a non correre il rischio che ha generato grossi problemi negli Stati Uniti – dice l’esperto -. Lì infatti i farmaci oppiacei, usati per la terapia del dolore, sono finiti impropriamente nelle mani di persone che ne hanno poi fatto un utilizzo per dipendenza e non un’assunzione a scopo medico per la terapia del dolore». Precisa Gatti: «Da noi non c’è motivo di allarmarsi ora. Ma occorre stare molto attenti, soprattutto quando si prescrivono questi farmaci (comunque sottoposti a un controllo più ferreo e differente dalle normali prescrizioni mediche, ndr), anche al contesto sociale in cui si trova il malato. Per esempio, se nella sua famiglia ci sono persone che hanno avuto in passato o stanno ancora avendo episodi di abuso o dipendenza, occorre avere ulteriori cautele».

«Oggi viviamo immersi nella società dei consumi, dove fin da piccolissimi si viene sollecitati a soddisfare i bisogni – spiega ancora -. Si pensi ai canali televisivi per bambini, che non mancano mai anche nelle tv a pagamento. Gli spot pubblicitari invitano insistentemente all’acquisto di questo o quel giocattolo. I genitori spesso accontentano i bambini per non farli sembrare diversi da quelli che li possiedono già. Qui occorre intervenire». Come? «Abituandoli fin da piccoli a vivere nella società dei consumi in modo critico. Siamo dipendenti per natura, dipendiamo prima di tutto dalla mamma. L’indipendenza è sempre stata sinonimo di crescita. E, allora, perché non insegnare ai ragazzi, partendo da una conoscenza di questi meccanismi di consumo, che si può scegliere attraverso uno spirito critico? Per esempio, tra rinchiudersi in una sala giochi dal nome ammaliante e praticare turismo, cultura e divertimento che porta a scoprire il mondo, la seconda ipotesi è certo la migliore per loro».

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