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Sanità

Cure sospese per 35 milioni di pazienti non-Covid

Una ricerca ha quantificato su scala nazionale le conseguenze dell’epidemia sul sistema sanitario. La cancellazione o rinuncia delle visite specialistiche ha riguardato soprattutto gli over 65 anni

21 Aprile 2021

In un anno di pandemia, 35 milioni di italiani hanno avuto problemi a utilizzare servizi e prestazioni sanitarie per patologie non-Covid. In particolare, le cancellazioni e rinunce hanno coinvolto circa 10 milioni di persone. Di queste circa 400 mila hanno rinunciato (o visto cancellare) interventi di ricovero; 600 mila non hanno potuto fare interventi chirurgici e circa 1 milione di persone non hanno avuto le prestazioni di day hospital. Il servizio a cui hanno dovuto rinunciare maggiormente sono le visite specialistiche, cancellate o a cui hanno dovuto rinunciare circa 7 milioni di Italiani. Da segnalare che la cancellazione o rinuncia delle visite specialistiche ha riguardato in specifico l’83,9% degli over 65 anni. 
Il pericolo del contagio ha determinato anche effetti psicologici sull’utilizzo dei servizi sanitari, perché il 63,9% della popolazione preferisce evitare di frequentare ospedali e ambienti della sanità. Solo il 13,8% non ha timore a entrare in strutture mediche. La paura maggiore si riscontra tra la popolazione più giovane.
È il quadro che emerge dalla ricerca della Fondazione Italia in salute, intitolata Gli italiani e il Covid-19. Impatto socio-sanitario, comportamenti e atteggiamenti della popolazione italiana, realizzata da Sociometrica, per quantificare su scala nazionale le conseguenze dell’epidemia sul sistema sanitario impegnato nelle patologie non-Covid e presentata giovedì 15 aprile da Federico Gelli, presidente della Fondazione, e Antonio Preiti, direttore Sociometrica. Si tratta di un ampio studio condotto su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta che affronta, oltre le patologie non-Covid, anche l’impatto sui comportamenti collettivi, lo stato psicologico del Paese e l’atteggiamento di fiducia o di diffidenza verso i vaccini.

Grave effetto psicologico sulla popolazione

La ricerca della Fondazione Italia in salute realizzata da Sociometrica rivela anche che da quando è scoppiata la pandemia Covid-19, molti italiani, pure al di là delle disposizioni di legge, hanno modificato spontaneamente alcuni comportamenti quotidiani. Il 63,3% evita di prendere mezzi pubblici, oltre la metà non frequenta più negozi, bar e ristoranti; circa 7 persone su 10 hanno scelto di non vedere più amici e conoscenti dentro casa. Altre modifiche comportamentali e d’impatto sullo status psicologico messe in rilievo dall’indagine sono: il 49,1% della popolazione avverte una crescita dello stress; il 43,9% ha smesso, o fortemente ridotto, l’attività fisica; il 28,8% ha difficoltà del sonno; il 27,1% ha malesseri psicologici di tipo generale; il 25,7% mangia di più o ha smesso di controllare la propria dieta; il 16,5%  accusa sintomi di depressione. La ricerca ha un focus anche sulle conseguenze dell’epidemia sui minori. Quasi il 60% dei genitori intervistati ritiene che la pandemia abbia avuto un impatto psicologico sui figli minorenni. Per 1 genitore su 4, i minori sono stati “colpiti molto pesantemente”, soprattutto nel caso di famiglie poco istruite. La ricerca rivela, a proposito, una “legge di proporzionalità” tra livello di istruzione dei genitori e impatto sui minori: più basso è il titolo di studio dei genitori e più grave è l’effetto dell’epidemia sui minori.

Gli italiani e il vaccino tra fiducia e diffidenza

Dai dati della ricerca emerge inoltre un atteggiamento molto differenziato degli italiani nei confronti dei vaccini. Il 7,5% non intende farlo, il 9,9% attende di capire di più, mentre il 7,6% vorrebbe poter scegliere quale vaccino fare. Un italiano su quattro, però, “non vede l’ora” di fare il vaccino e il 40,5% attende tranquillamente il proprio turno. A desiderare di essere vaccinate sono le persone con patologie di vario tipo; le più favorevoli ai vaccini sono quelle più istruite. 
«Abbiamo cercato di andare oltre i dati già sconvolgenti del numero dei decessi, dei ricoveri e dei contagi, per fare un’analisi a tutto campo di quel che l’epidemia sta provocando nella società italiana – spiega Federico Gelli, presidente della Fondazione Italia in salute -, convinti che dalla ricerca e dalle consapevolezze che ne derivano, possa arrivare un contributo importante per il conseguimento dell’obiettivo comune: uscire dalla pandemia al meglio e al più presto». «Scopriamo un’Italia in grande sofferenza – aggiunge Antonio Preiti, direttore di Sociometrica – non solo sul piano economico e sociale, ma sul piano molecolare, delle singole persone, che non salva nessuno e nessun aspetto della vita com’eravamo abituati a viverla. Avere cognizione dell’ampiezza e della profondità del ‘male oscuro’ innescato dal Covid è fondamentale, se vogliamo uscirne senza traumi sociali permanenti».