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Intervista

Bressan: «No a usare la vicenda dei profughi come strumento di pressione»

Il vicario episcopale per l’Azione sociale lancia l’allarme di fronte a una politica che punta sempre più a utilizzare le vicende in modo strumentale come nel caso della nave Aquarius o del registro per i figli di coppie omosessuali al Comune di Milano

di Pino Nardi

16 Giugno 2018

«L’evento dei Dialoghi di vita buona è uno strumento che deve accendere una riflessione dentro tutte le comunità cristiane e nella Chiesa, perché è in atto un’evoluzione del modo di pensare la politica. C’è il rischio che si trasformino i principi sui quali si struttura il funzionamento della politica, come abbiamo visto in queste settimane». È l’allarme che monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per l’Azione sociale, lancia di fronte a una politica che punta sempre più a utilizzare le vicende in modo strumentale. A partire da quella che ha visto protagonista Matteo Salvini, ministro dell’Interno, rispetto al rifiuto di accogliere la nave Aquarius carica di profughi. O all’annuncio del sindaco di Milano Giuseppe Sala del registro per i figli di coppie omosessuali.

«Da una parte valori come la maternità e la paternità – continua Bressan – legati all’iscrizione al Registro dell’anagrafe dei figli di due madri. Si è visto che l’iniziativa del sindaco Sala era finalizzata alla risposta alle affermazioni di un ministro. Dall’altra parte il fatto che Salvini abbia “utilizzato” la vicenda dei profughi ospitati sulla nave come strumento di pressione politica. Così il valore diventa semplicemente uno strumento e la politica utilizza quelli che dovrebbero essere i suoi valori di riferimento come semplici strumenti per raggiungere fini privati legati al consenso. Al contrario, come sostiene la tesi dei Dialoghi, la politica va considerata come risorsa, energia per raggiungere la capacità di costruire i legami. Invece la ricerca del consenso rischia di essere l’unico vero obiettivo della politica».

Una critica puntale in una stagione nella quale la politica vive una crisi profonda. «Il vero problema è chiedersi cosa sta diventando la politica. Essa dovrebbe essere lo strumento per organizzare i vari attori in campo, per la costruzione di uno spazio pubblico che permetta a tutti di vivere bene insieme, di gestire il bene comune. Invece sta diventando uno strumento che semplicemente sceglie o enfatizza alcune logiche in un gioco di scambio, di supremazia dell’uno sugli altri».

Di fronte a uno scenario così preoccupante, cosa può fare la comunità cristiana per rilanciare la politica intesa come servizio per il bene comune? «L’evento dei Dialoghi di vita buona – risponde Bressan – può servire per sensibilizzare la comunità cristiana ad una lettura critica dell’informazione che viene data sulla politica oggi. E dall’altra parte ci deve servire per capire che è un momento in cui occorre tornare a impegnarsi nella politica secondo le logiche indicate da molti “padri fondatori”, da De Gasperi allo stesso papa Montini. Nell’anno della canonizzazione di Paolo VI, il quale diceva che la politica è la più alta forma di carità, c’è proprio bisogno di ritornare a ripensarla e a capire che non ci si impegna per capitalizzare qualcosa per me o per il mio gruppo, ma ci si spende – una “forma di martirio” dice papa Francesco – per mettere al primo posto il futuro di tutti».