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Caritas

La crisi non ferma l’immigrazione

Presentato questa mattina il Dossier Statistico 2010, curato insieme alla Fondazione Migrantes, che inquadra il fenomeno all'interno del contesto europeo e internazionale

di Luisa BOVE Redazione

26 Ottobre 2010

La crisi non ferma l’immigrazione. È quanto emerge dal Dossier 2010 presentato oggi a Milano e che in 20 anni di ricerca ha monitorato centinaia di migliaia di persone straniere intervistate e intercettate sul territorio nazionale.
Oggi ci sono circa un milione (982.225) di residenti immigrati in Lombardia che con il 23,2% di presenze risulta essere la prima regione in Italia. Solo a Milano sono iscritti all’anagrafe il 41,5% di stranieri sul totale residente sul territorio lombardo, ha detto Meri Salati del Centro Studi di Caritas Ambrosiana, il 16,3% a Brescia e l’11,3% a Bergamo. Per la maggior parte si tratta di persone che giungono dall’Europa (38,4%), America Latina (12,6%), Africa (27,5%) e Asia (21,4%), impegnate soprattutto nei servizi (59%), industria (37%) e agricoltura (3%).
«Nel 2009 i nuovi ingressi in Italia sono stati 400 mila», ricorda Ugo Melchionda del Comitato scientifico che ha realizzato il Dossier, con 77 mila nuove nascite e 112 mila ricongiungimenti. La regolarizzazione, grazie all’ultima sanatoria di colf e badanti, è ferma al 70%, ma secondo gli osservatori tra i dati della Caritas e gli aggiornamenti Istat c’è sempre uno scarto di 700 mila stranieri per un ritardo di registrazione degli immigrati regolari in Italia.
C’è forse un aspetto allarmante per il nostro Paese: le donne italiane infatti hanno 1,33 figli a testa, mentre le donne straniere ne hanno il doppio. Questo significa che «la popolazione autoctona invecchia (e in futuro avrà sempre più bisogno di assistenza), a fronte di una maggiore popolazione giovane straniera», dice Melchionda. «Se non ci sarà una migliore politica migratoria, si avranno gravi e duri conflitti sociali».
Un dato interessante è anche quello dei matrimoni misti che oggi tocca il 10% del totale. Anche la popolazione scolastica straniera è nettamente in crescita: in Italia c’è un immigrato ogni 13 italiani, mentre in Lombardia ce n’è uno su 8. Le percentuali parlano chiaro: 37,4% nelle primarie, 21,9% nelle secondarie di primo grado e 19% in quelle di secondo grado.
Tornando al tema occupazione: su 5 milioni di stranieri ben 2 milioni sono inseriti nel mondo del lavoro, anche se spesso si tratta di una «qualità pessima» cioè di mestieri di basso livello, precari, sottoinquadrati, disagiati (sabato, domenica e orari serali). Non mancano tuttavia i titolari di piccole imprese pari a 213.267 (sempre dati riferiti al 2009) , unico settore in crescita, mentre i soci di cooperative sono 69.349, gli amministratori 87.485 e coloro che svolgono altre funzioni societarie 18.753.
Quest’anno il Dossier ha calcolato con maggior precisione i costi e i ricavi rispetto alla popolazione straniera residente sul nostro territorio e non c’è dubbio che per l’Italia la presenza di immigrati è un affare. Tuttavia c’è chi dice: «Aiutiamoli a casa loro», ricorda Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana, ma è anche vero che «nel 2009 l’Italia ha dimezzato gli aiuti ai paesi in via di sviluppo risultando all’ultimo posto in Europa». Inoltre chi raggiunge l’Italia come immigrato non parte dai paesi più poveri al mondo, perché non ne avrebbe le possibilità economiche.
«L’Italia non ha ancora toccato il fondo della crisi», dice ancora Gualzetti, «e per tornare ai livelli occupazionali del 2007 dovrà aspettare fino al 2013». I segnali di difficoltà li legge attraverso le richieste di aiuto che arrivano al SAI (Servizio accoglienza immigrati) di Caritas Ambrosiana e al Fondo Familgia-lavoro lanciato dall’Arcivescovo nel Natale 2008. Non è un dato facilmente rilevabile, ammette Gualzetti, ma c’è anche chi torna a casa e chiede un sostegno economico per affrontare il viaggio: sono soprattutto donne sole con minori molto piccoli, donne di età adulta e uomini over 50. Spesso per paura non si rivolgono ai servizi del territorio, ma agli sportelli della Caritas e al terzo settore.
Gualzetti non ha dubbi: «Dalla crisi se ne esce insieme, evitando chiusure e risentimenti, assumendo ognuno la propria responsabilità: pubblico, privato, imprese, società civile…».
Per il direttore di Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo «è illusorio pensare di arginare il fenomeno migratorio» per quattro motivi: l’inarrestabile invecchiamento demografico del nostro Paese, l’aggravarsi di uno squilibrio economico tra paesi ricchi e paesi poveri, le situazioni di conflitto e di discriminazione in certi paesi e la riduzione delle risorse destinate alla cooperazione internazionale.
Di fronte al fallimento del modello interculturale di Angela Merkel e ai pesanti scontri in Francia, Davanzo suggerisce il «modello interculturale» pur sapendo che «è più difficile, ma l’unico possibile». In pratica si tratta di avere «una visione dinamica della nostra identità», ha detto il direttore, «riconoscendo una reciproca contaminazione e recuperando la cultura dell’altro come ricchezza». La crisi non ferma l’immigrazione. È quanto emerge dal Dossier 2010 presentato oggi a Milano e che in 20 anni di ricerca ha monitorato centinaia di migliaia di persone straniere intervistate e intercettate sul territorio nazionale.Oggi ci sono circa un milione (982.225) di residenti immigrati in Lombardia che con il 23,2% di presenze risulta essere la prima regione in Italia. Solo a Milano sono iscritti all’anagrafe il 41,5% di stranieri sul totale residente sul territorio lombardo, ha detto Meri Salati del Centro Studi di Caritas Ambrosiana, il 16,3% a Brescia e l’11,3% a Bergamo. Per la maggior parte si tratta di persone che giungono dall’Europa (38,4%), America Latina (12,6%), Africa (27,5%) e Asia (21,4%), impegnate soprattutto nei servizi (59%), industria (37%) e agricoltura (3%).«Nel 2009 i nuovi ingressi in Italia sono stati 400 mila», ricorda Ugo Melchionda del Comitato scientifico che ha realizzato il Dossier, con 77 mila nuove nascite e 112 mila ricongiungimenti. La regolarizzazione, grazie all’ultima sanatoria di colf e badanti, è ferma al 70%, ma secondo gli osservatori tra i dati della Caritas e gli aggiornamenti Istat c’è sempre uno scarto di 700 mila stranieri per un ritardo di registrazione degli immigrati regolari in Italia.C’è forse un aspetto allarmante per il nostro Paese: le donne italiane infatti hanno 1,33 figli a testa, mentre le donne straniere ne hanno il doppio. Questo significa che «la popolazione autoctona invecchia (e in futuro avrà sempre più bisogno di assistenza), a fronte di una maggiore popolazione giovane straniera», dice Melchionda. «Se non ci sarà una migliore politica migratoria, si avranno gravi e duri conflitti sociali».Un dato interessante è anche quello dei matrimoni misti che oggi tocca il 10% del totale. Anche la popolazione scolastica straniera è nettamente in crescita: in Italia c’è un immigrato ogni 13 italiani, mentre in Lombardia ce n’è uno su 8. Le percentuali parlano chiaro: 37,4% nelle primarie, 21,9% nelle secondarie di primo grado e 19% in quelle di secondo grado.Tornando al tema occupazione: su 5 milioni di stranieri ben 2 milioni sono inseriti nel mondo del lavoro, anche se spesso si tratta di una «qualità pessima» cioè di mestieri di basso livello, precari, sottoinquadrati, disagiati (sabato, domenica e orari serali). Non mancano tuttavia i titolari di piccole imprese pari a 213.267 (sempre dati riferiti al 2009) , unico settore in crescita, mentre i soci di cooperative sono 69.349, gli amministratori 87.485 e coloro che svolgono altre funzioni societarie 18.753.Quest’anno il Dossier ha calcolato con maggior precisione i costi e i ricavi rispetto alla popolazione straniera residente sul nostro territorio e non c’è dubbio che per l’Italia la presenza di immigrati è un affare. Tuttavia c’è chi dice: «Aiutiamoli a casa loro», ricorda Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana, ma è anche vero che «nel 2009 l’Italia ha dimezzato gli aiuti ai paesi in via di sviluppo risultando all’ultimo posto in Europa». Inoltre chi raggiunge l’Italia come immigrato non parte dai paesi più poveri al mondo, perché non ne avrebbe le possibilità economiche.«L’Italia non ha ancora toccato il fondo della crisi», dice ancora Gualzetti, «e per tornare ai livelli occupazionali del 2007 dovrà aspettare fino al 2013». I segnali di difficoltà li legge attraverso le richieste di aiuto che arrivano al SAI (Servizio accoglienza immigrati) di Caritas Ambrosiana e al Fondo Familgia-lavoro lanciato dall’Arcivescovo nel Natale 2008. Non è un dato facilmente rilevabile, ammette Gualzetti, ma c’è anche chi torna a casa e chiede un sostegno economico per affrontare il viaggio: sono soprattutto donne sole con minori molto piccoli, donne di età adulta e uomini over 50. Spesso per paura non si rivolgono ai servizi del territorio, ma agli sportelli della Caritas e al terzo settore.Gualzetti non ha dubbi: «Dalla crisi se ne esce insieme, evitando chiusure e risentimenti, assumendo ognuno la propria responsabilità: pubblico, privato, imprese, società civile…».Per il direttore di Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo «è illusorio pensare di arginare il fenomeno migratorio» per quattro motivi: l’inarrestabile invecchiamento demografico del nostro Paese, l’aggravarsi di uno squilibrio economico tra paesi ricchi e paesi poveri, le situazioni di conflitto e di discriminazione in certi paesi e la riduzione delle risorse destinate alla cooperazione internazionale.Di fronte al fallimento del modello interculturale di Angela Merkel e ai pesanti scontri in Francia, Davanzo suggerisce il «modello interculturale» pur sapendo che «è più difficile, ma l’unico possibile». In pratica si tratta di avere «una visione dinamica della nostra identità», ha detto il direttore, «riconoscendo una reciproca contaminazione e recuperando la cultura dell’altro come ricchezza». – – «Senza immigrati, economia italiana in ginocchio» – Scheda su Lombardia e area milanese (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/schedami_2010.pdf) – Tabella sinottica regionale (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/Lombardia_Tabella_sinottica_regionale.pdf)