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Società

Giovani e lavoro, il futuro in crisi

Dati Istat sulla disoccupazione e "questione educativa"

8 Luglio 2010

Il numero di occupati – in base al Rapporto Istat “Occupati e disoccupati a maggio 2010”, diffuso il 2 luglio – risulta in diminuzione dello 0,2% rispetto ad aprile 2010 (quando era aumentato dello 0,2%) e dell’1,1% rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il numero delle persone in cerca di occupazione diminuisce dello 0,1% rispetto ad aprile, segnando però un aumento del 15,5% rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione si conferma stabile per il terzo mese consecutivo all’8,7%; l’aumento rispetto a maggio 2009 è di 1,2 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 29,2% (circa 1 giovane su 3), con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,7 punti percentuali rispetto a maggio 2009. Quello sulla disoccupazione giovanile è il dato più alto mai rilevato nella serie storica, iniziata nel 2004, delle ricerche Istat sul mercato del lavoro.
Dai dati Istat emerge anche che la disoccupazione maschile nel maggio 2010 è in diminuzione dello 0,6% rispetto al mese precedente, ma in aumento del 16,8% rispetto allo stesso mese del 2009. Il numero di donne disoccupate aumenta invece dello 0,3% rispetto ad aprile e del 14% rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione maschile è uguale al 7,7%, stabile rispetto ad aprile e in aumento rispetto a maggio 2009 (1,1 punti percentuali). Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10,1%, in aumento rispetto ad aprile (0,1 punti percentuali) e rispetto al mese di maggio 2009 (+1,2 punti percentuali).
Su questi dati ecco il commento di Cristiano Nervegna, segretario nazionale del Movimento lavoratori di Azione Cattolica (Mlac): «I dati Istat sulla disoccupazione, e in particolare su quella giovanile, sono impressionanti, e lo sono per varie ragioni. La prima è che si è creata, artificiosamente, una generazione “cuscinetto”. Sono tutti coloro che non hanno mai intercettato un lavoro o stanno pagando la crisi con una cassa integrazione senza prospettive o, peggio, perdendo completamente il lavoro perché i contratti che li legano alle imprese non offrono alcuna garanzia né livelli di protezione accettabili. A questi si aggiungono, naturalmente, i tantissimi che lavorano in nero, in condizioni peggiori. Tali situazioni di difficoltà vengono vissute, spesso, tra servizi d’orientamento e politiche formative assenti o inadeguate. Non è, dunque, una buona situazione. Benedetto XVI, incontrando i giovani a Sulmona domenica 4 luglio, ricordava che “sono problemi concreti, che rendono difficile guardare al futuro con serenità e ottimismo”. Come non condividere questa preoccupazione?».
«Mi sembra si stia affermando, infatti, l’idea che questi giovani non siano una risorsa, ma un peso per il Paese, proprio ora che la crisi sembra meno virulenta – continua Nervegna -. Né sembrano utili al progetto di sviluppo di cui le politiche del lavoro sono il perno centrale. Tali condizioni, frutto di politiche “corte” realizzate da generazioni che in passato si sono impegnate a difendere i propri diritti e, oggi, offrono invece una contro-testimonianza materialista, sono altamente diseducative. Perché senza futuro non ha senso persino parlare di educazione. Tutto ciò appare, poi, ancora più evidente se si associa tale situazione ai commenti sui dati che, appunto, fanno emergere tali tendenze. Si ha l’impressione che l’attenzione venga rivolta quasi esclusivamente a chi rileva il problema, più che rivolgerla a chi tenta di proporre soluzioni efficaci. La crisi più grave, allora, è tutta racchiusa in quest’incapacità di assumere responsabilità, “rischiando” finalmente soluzioni nuove, certamente possibili anche in un tempo difficile. Si può purtroppo affermare che quanti dovrebbero responsabilizzare non sono in grado di assumere le proprie responsabilità». Il numero di occupati – in base al Rapporto Istat “Occupati e disoccupati a maggio 2010”, diffuso il 2 luglio – risulta in diminuzione dello 0,2% rispetto ad aprile 2010 (quando era aumentato dello 0,2%) e dell’1,1% rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.Il numero delle persone in cerca di occupazione diminuisce dello 0,1% rispetto ad aprile, segnando però un aumento del 15,5% rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione si conferma stabile per il terzo mese consecutivo all’8,7%; l’aumento rispetto a maggio 2009 è di 1,2 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 29,2% (circa 1 giovane su 3), con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,7 punti percentuali rispetto a maggio 2009. Quello sulla disoccupazione giovanile è il dato più alto mai rilevato nella serie storica, iniziata nel 2004, delle ricerche Istat sul mercato del lavoro.Dai dati Istat emerge anche che la disoccupazione maschile nel maggio 2010 è in diminuzione dello 0,6% rispetto al mese precedente, ma in aumento del 16,8% rispetto allo stesso mese del 2009. Il numero di donne disoccupate aumenta invece dello 0,3% rispetto ad aprile e del 14% rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione maschile è uguale al 7,7%, stabile rispetto ad aprile e in aumento rispetto a maggio 2009 (1,1 punti percentuali). Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10,1%, in aumento rispetto ad aprile (0,1 punti percentuali) e rispetto al mese di maggio 2009 (+1,2 punti percentuali).Su questi dati ecco il commento di Cristiano Nervegna, segretario nazionale del Movimento lavoratori di Azione Cattolica (Mlac): «I dati Istat sulla disoccupazione, e in particolare su quella giovanile, sono impressionanti, e lo sono per varie ragioni. La prima è che si è creata, artificiosamente, una generazione “cuscinetto”. Sono tutti coloro che non hanno mai intercettato un lavoro o stanno pagando la crisi con una cassa integrazione senza prospettive o, peggio, perdendo completamente il lavoro perché i contratti che li legano alle imprese non offrono alcuna garanzia né livelli di protezione accettabili. A questi si aggiungono, naturalmente, i tantissimi che lavorano in nero, in condizioni peggiori. Tali situazioni di difficoltà vengono vissute, spesso, tra servizi d’orientamento e politiche formative assenti o inadeguate. Non è, dunque, una buona situazione. Benedetto XVI, incontrando i giovani a Sulmona domenica 4 luglio, ricordava che “sono problemi concreti, che rendono difficile guardare al futuro con serenità e ottimismo”. Come non condividere questa preoccupazione?».«Mi sembra si stia affermando, infatti, l’idea che questi giovani non siano una risorsa, ma un peso per il Paese, proprio ora che la crisi sembra meno virulenta – continua Nervegna -. Né sembrano utili al progetto di sviluppo di cui le politiche del lavoro sono il perno centrale. Tali condizioni, frutto di politiche “corte” realizzate da generazioni che in passato si sono impegnate a difendere i propri diritti e, oggi, offrono invece una contro-testimonianza materialista, sono altamente diseducative. Perché senza futuro non ha senso persino parlare di educazione. Tutto ciò appare, poi, ancora più evidente se si associa tale situazione ai commenti sui dati che, appunto, fanno emergere tali tendenze. Si ha l’impressione che l’attenzione venga rivolta quasi esclusivamente a chi rileva il problema, più che rivolgerla a chi tenta di proporre soluzioni efficaci. La crisi più grave, allora, è tutta racchiusa in quest’incapacità di assumere responsabilità, “rischiando” finalmente soluzioni nuove, certamente possibili anche in un tempo difficile. Si può purtroppo affermare che quanti dovrebbero responsabilizzare non sono in grado di assumere le proprie responsabilità».