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Esteri

Europa, nessun dorma

Neppure i cattolici per il bilancio Ue 2011

di Gianni BORSA Redazione

22 Ottobre 2010

Le cifre del bilancio dell’Unione europea per il 2011 si vanno delineando in queste settimane. Sulla proposta avanzata dalla Commissione tocca ora a Parlamento e Consiglio trovare un accordo che, pur tenendo conto dell’impossibilità di aumentare le risorse per via della crisi che attanaglia tutti i Paesi membri, non faccia mancare i fondi per gli innumerevoli progetti, programmi, azioni, affidati dagli stessi Stati all’Unione per far crescere l’Europa. I numeri (in discussione questa settimana durante la sessione plenaria dell’Assemblea a Strasburgo) ruotano attorno ai 130-140 miliardi di euro, ovvero l’1% circa del Prodotto interno lordo comunitario: dall’Ue i governi dei 27 si aspettano interventi risolutivi, quasi miracolistici, in svariati settori, salvo far giungere alle casse comuni le briciole della ricchezza prodotta.
Per utilizzare al meglio tali risorse, a livello Ue è stato avviato anche un confronto, che diventerà sempre più serrato nei prossimi mesi, in relazione alle cosiddette Prospettive finanziarie per il dopo-2014, in sostanza il bilancio pluriennale dell’Ue27. A questo proposito sta lavorando una commissione parlamentare appositamente costituita, che vorrebbe trovare la quadra per «assicurare il giusto equilibrio fra solidarietà e competitività», come va spiegando la presidente dell’organismo, la deputata tedesca Jutta Haug. La quale sottolinea: «Dobbiamo ricordarci che il bilancio dell’Unione è relativamente modesto. Per cui bisogna concentrarsi sugli investimenti dove l’intervento comunitario può avere un valore aggiunto».
In effetti il bilancio dà corpo e spessore alle decisioni assunte nelle sedi istituzionali e si divide in grandi capitoli: competitività, crescita e occupazione (comprese le misure anticrisi); sviluppo regionale e coesione territoriale; sostegno all’agricoltura e all’allevamento; conservazione e gestione delle risorse naturali; libertà, sicurezza, giustizia, migrazioni; cittadinanza; amministrazione. Dal budget Ue dipendono, concretamente, gli investimenti infrastrutturali, le reti energetiche, la ricerca (da quella spaziale a quella intesa a tutelare la salute dei consumatori o a irrobustire le comunicazioni e le nuove tecnologie), alcuni interventi per la formazione al lavoro e per la cultura, come il Fondo sociale europeo oppure l’Erasmus. Dal bilancio attinge inoltre l’Unione intesa come “attore globale”, ad esempio per creare il Servizio per l’azione esterna (cioè le ambasciate e la diplomazia Ue nel mondo), la cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari, le operazioni di peacekeeping.
Appare quindi evidente che, laddove si decide per centinaia di miliardi di euro, per il prossimo anno e quelli successivi, dovrebbe concentrarsi l’attenzione politica degli eurodeputati, dei governi dei Paesi aderenti (Italia compresa), così come dell’opinione pubblica, dei mass media, nonché delle lobbies e dei “gruppi d’interesse” (purché legittimi e trasparenti). Per la stessa ragione in questo percorso non sono consentiti ai cattolici impegnati nelle istituzioni, e al mondo cattolico nel suo complesso, distrazioni, silenzi o assenze. Chi c’è decide, anche in relazione alle innumerevoli possibilità di influire – direttamente o indirettamente – su famiglia, occupazione, salute, cultura, solidarietà, pace, lavoro, casa, contrasto alla povertà… Chi non c’è, invece, rischia di doversi accontentare delle decisioni altrui. Le cifre del bilancio dell’Unione europea per il 2011 si vanno delineando in queste settimane. Sulla proposta avanzata dalla Commissione tocca ora a Parlamento e Consiglio trovare un accordo che, pur tenendo conto dell’impossibilità di aumentare le risorse per via della crisi che attanaglia tutti i Paesi membri, non faccia mancare i fondi per gli innumerevoli progetti, programmi, azioni, affidati dagli stessi Stati all’Unione per far crescere l’Europa. I numeri (in discussione questa settimana durante la sessione plenaria dell’Assemblea a Strasburgo) ruotano attorno ai 130-140 miliardi di euro, ovvero l’1% circa del Prodotto interno lordo comunitario: dall’Ue i governi dei 27 si aspettano interventi risolutivi, quasi miracolistici, in svariati settori, salvo far giungere alle casse comuni le briciole della ricchezza prodotta.Per utilizzare al meglio tali risorse, a livello Ue è stato avviato anche un confronto, che diventerà sempre più serrato nei prossimi mesi, in relazione alle cosiddette Prospettive finanziarie per il dopo-2014, in sostanza il bilancio pluriennale dell’Ue27. A questo proposito sta lavorando una commissione parlamentare appositamente costituita, che vorrebbe trovare la quadra per «assicurare il giusto equilibrio fra solidarietà e competitività», come va spiegando la presidente dell’organismo, la deputata tedesca Jutta Haug. La quale sottolinea: «Dobbiamo ricordarci che il bilancio dell’Unione è relativamente modesto. Per cui bisogna concentrarsi sugli investimenti dove l’intervento comunitario può avere un valore aggiunto».In effetti il bilancio dà corpo e spessore alle decisioni assunte nelle sedi istituzionali e si divide in grandi capitoli: competitività, crescita e occupazione (comprese le misure anticrisi); sviluppo regionale e coesione territoriale; sostegno all’agricoltura e all’allevamento; conservazione e gestione delle risorse naturali; libertà, sicurezza, giustizia, migrazioni; cittadinanza; amministrazione. Dal budget Ue dipendono, concretamente, gli investimenti infrastrutturali, le reti energetiche, la ricerca (da quella spaziale a quella intesa a tutelare la salute dei consumatori o a irrobustire le comunicazioni e le nuove tecnologie), alcuni interventi per la formazione al lavoro e per la cultura, come il Fondo sociale europeo oppure l’Erasmus. Dal bilancio attinge inoltre l’Unione intesa come “attore globale”, ad esempio per creare il Servizio per l’azione esterna (cioè le ambasciate e la diplomazia Ue nel mondo), la cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari, le operazioni di peacekeeping.Appare quindi evidente che, laddove si decide per centinaia di miliardi di euro, per il prossimo anno e quelli successivi, dovrebbe concentrarsi l’attenzione politica degli eurodeputati, dei governi dei Paesi aderenti (Italia compresa), così come dell’opinione pubblica, dei mass media, nonché delle lobbies e dei “gruppi d’interesse” (purché legittimi e trasparenti). Per la stessa ragione in questo percorso non sono consentiti ai cattolici impegnati nelle istituzioni, e al mondo cattolico nel suo complesso, distrazioni, silenzi o assenze. Chi c’è decide, anche in relazione alle innumerevoli possibilità di influire – direttamente o indirettamente – su famiglia, occupazione, salute, cultura, solidarietà, pace, lavoro, casa, contrasto alla povertà… Chi non c’è, invece, rischia di doversi accontentare delle decisioni altrui.