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Cronaca

Violenza alle donne, non basta la richiesta di sicurezza

Intervista a Paola Bignardi: occorre un impegno educativo più condiviso

Gigliola ALFARO Redazione

20 Febbraio 2009

Dopo Guidonia, Bologna, Roma e Milano: sono solo le ultime città in cui sono avvenuti stupri con vittime giovanissime (15 anni a Bologna, 14 a Roma, 21 a Milano). Autori sono per lo più stranieri, spesso clandestini e qualche volta anche con reati alle spalle: cresce perciò la rabbia e l’intolleranza. A Paola Bignardi, direttrice della rivista Scuola italiana moderna, abbiamo chiesto di analizzare questo tragico fenomeno.

Purtroppo, negli ultimi tempi sono stati tanti gli stupri in Italia…
Un segnale di come la questione delle donne non debba smettere di essere oggetto di attenzione da parte di tutti. La donna – ma per altri versi i bambini o i vecchi, in forme non analoghe a questa – nella nostra società è ancora percepita come soggetto debole e, quindi, su cui si può esercitare una violenza. La questione femminile, dunque, non è chiusa perché la donna magari ha acquisito una maggiore possibilità di compiere alcune scelte in libertà; ci sono condizioni estreme in cui emerge come la libertà della donna di essere se stessa e di venire rispettata sia ancora molto lontana dall’essere praticata. Non è una questione di donne, ma di tutta la società, perché l’atteggiamento che una società ha nei confronti di alcuni soggetti diventa un indicatore del suo livello di umanità e civiltà.

Sarebbe necessario rilanciare una corretta educazione al corpo e in che modo?
Bisogna rilanciare la corretta educazione, ma negli episodi accaduti non è solo questione del corpo, ma del senso della persona, del significato che si attribuisce alla vita dell’altro. Inoltre, sulle questioni che riguardano il corpo, i sentimenti e il sesso, mi pare che si sia instaurata una sorta di patto di silenzio, come se non ci fosse bisogno di una proposta che dica il senso di queste dimensioni della vita e che orienti a viverle secondo il loro valore. Non solo: una grande riflessione dovrebbero farla anche quanti contribuiscono a formare opinione, perché ci sono persone che per la loro storia e la loro condizione sociale difficilmente sono raggiunte da una proposta educativa, mentre lo sono dall’opinione pubblica costruita attraverso i media. Credo che tutti dovremmo fare un grande esame di coscienza per un costume che si diffonde e che è all’insegna della banalizzazione di tutto, con il corpo della donna utilizzato solo per mostrarlo come oggetto del desiderio, o quando si indulge a quel disordine dei sentimenti che spesso vediamo rappresentato con compiacenza.

Come si sono comportati i media in questi giorni?
Credo che ci sia stata una qualche forma di morbosità. Da un lato, dare l’idea che ci sono oggi donne che si ribellano denunciando mi sembra positivo; dall’altro, quando l’informazione sembra puntare solo su certi aspetti, quando la violenza sulle donne diventa solo un problema di sicurezza e non di mentalità, di cultura e di senso della persona, allora dubito che anche lo scandalismo di questi giorni possa portare da qualche parte.

E le pagine che inneggiavano allo stupro pubblicate su Facebook e poi cancellate per le forti proteste?
Non possiamo invocare un inasprimento delle pene verso chi commette certe azioni, come si sta facendo in questi giorni, e al tempo stesso permettere che prolifichino queste forme di comunicazione, dove certi atteggiamenti hanno il loro terreno di cultura. Il comportamento è l’espressione ultima di una mentalità che viene coltivata e quindi bisognerebbe dire con maggiore decisione che non commette violenza solo chi materialmente la compie, ma anche chi coltiva pensieri violenti e chi crea le condizioni perché questo si realizzi.

Spesso gli stupratori sono stranieri e questo ha scatenato molta rabbia e una certa caccia allo straniero…
La percezione di un certo fariseismo in queste cose non mi abbandona perché il rispetto della persona ha tante dimensioni che sono tutte coerenti: quando se ne tradisce una, in qualche modo si tradiscono tutte. Quando viene meno il rispetto per la persona, anche per lo straniero che non c’entra niente, allora viene meno anche la condizione per il rispetto della donna. L’intolleranza ha un’unica matrice: aver perso il valore del senso della vita altrui.

Cosa possiamo fare?
Innanzitutto possiamo combattere la radice di questi atteggiamenti, che è l’indulgenza verso tutte quelle forme di banalità in cui attecchisce il non pensiero, il comportamento non motivato e stupido. In secondo luogo, dobbiamo continuare l’azione educativa che ci compete per scelta e portare avanti una campagna di opinione molto forte su tutte le situazioni che alimentano forme di violenza. Dopo Guidonia, Bologna, Roma e Milano: sono solo le ultime città in cui sono avvenuti stupri con vittime giovanissime (15 anni a Bologna, 14 a Roma, 21 a Milano). Autori sono per lo più stranieri, spesso clandestini e qualche volta anche con reati alle spalle: cresce perciò la rabbia e l’intolleranza. A Paola Bignardi, direttrice della rivista Scuola italiana moderna, abbiamo chiesto di analizzare questo tragico fenomeno.Purtroppo, negli ultimi tempi sono stati tanti gli stupri in Italia…Un segnale di come la questione delle donne non debba smettere di essere oggetto di attenzione da parte di tutti. La donna – ma per altri versi i bambini o i vecchi, in forme non analoghe a questa – nella nostra società è ancora percepita come soggetto debole e, quindi, su cui si può esercitare una violenza. La questione femminile, dunque, non è chiusa perché la donna magari ha acquisito una maggiore possibilità di compiere alcune scelte in libertà; ci sono condizioni estreme in cui emerge come la libertà della donna di essere se stessa e di venire rispettata sia ancora molto lontana dall’essere praticata. Non è una questione di donne, ma di tutta la società, perché l’atteggiamento che una società ha nei confronti di alcuni soggetti diventa un indicatore del suo livello di umanità e civiltà.Sarebbe necessario rilanciare una corretta educazione al corpo e in che modo?Bisogna rilanciare la corretta educazione, ma negli episodi accaduti non è solo questione del corpo, ma del senso della persona, del significato che si attribuisce alla vita dell’altro. Inoltre, sulle questioni che riguardano il corpo, i sentimenti e il sesso, mi pare che si sia instaurata una sorta di patto di silenzio, come se non ci fosse bisogno di una proposta che dica il senso di queste dimensioni della vita e che orienti a viverle secondo il loro valore. Non solo: una grande riflessione dovrebbero farla anche quanti contribuiscono a formare opinione, perché ci sono persone che per la loro storia e la loro condizione sociale difficilmente sono raggiunte da una proposta educativa, mentre lo sono dall’opinione pubblica costruita attraverso i media. Credo che tutti dovremmo fare un grande esame di coscienza per un costume che si diffonde e che è all’insegna della banalizzazione di tutto, con il corpo della donna utilizzato solo per mostrarlo come oggetto del desiderio, o quando si indulge a quel disordine dei sentimenti che spesso vediamo rappresentato con compiacenza.Come si sono comportati i media in questi giorni?Credo che ci sia stata una qualche forma di morbosità. Da un lato, dare l’idea che ci sono oggi donne che si ribellano denunciando mi sembra positivo; dall’altro, quando l’informazione sembra puntare solo su certi aspetti, quando la violenza sulle donne diventa solo un problema di sicurezza e non di mentalità, di cultura e di senso della persona, allora dubito che anche lo scandalismo di questi giorni possa portare da qualche parte.E le pagine che inneggiavano allo stupro pubblicate su Facebook e poi cancellate per le forti proteste?Non possiamo invocare un inasprimento delle pene verso chi commette certe azioni, come si sta facendo in questi giorni, e al tempo stesso permettere che prolifichino queste forme di comunicazione, dove certi atteggiamenti hanno il loro terreno di cultura. Il comportamento è l’espressione ultima di una mentalità che viene coltivata e quindi bisognerebbe dire con maggiore decisione che non commette violenza solo chi materialmente la compie, ma anche chi coltiva pensieri violenti e chi crea le condizioni perché questo si realizzi.Spesso gli stupratori sono stranieri e questo ha scatenato molta rabbia e una certa caccia allo straniero…La percezione di un certo fariseismo in queste cose non mi abbandona perché il rispetto della persona ha tante dimensioni che sono tutte coerenti: quando se ne tradisce una, in qualche modo si tradiscono tutte. Quando viene meno il rispetto per la persona, anche per lo straniero che non c’entra niente, allora viene meno anche la condizione per il rispetto della donna. L’intolleranza ha un’unica matrice: aver perso il valore del senso della vita altrui.Cosa possiamo fare?Innanzitutto possiamo combattere la radice di questi atteggiamenti, che è l’indulgenza verso tutte quelle forme di banalità in cui attecchisce il non pensiero, il comportamento non motivato e stupido. In secondo luogo, dobbiamo continuare l’azione educativa che ci compete per scelta e portare avanti una campagna di opinione molto forte su tutte le situazioni che alimentano forme di violenza.