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Intervista

Una donna rappresenta i cristiani di Milano

In occasione dell'8 marzo la testimonianza di Francesca Melzi d'Eril, prima presidente nella storia del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, sull'evoluzione della presenza femminile nell'ambito ecumenico

Luisa BOVE Redazione

7 Marzo 2009

Francesca Melzi d’Eril è la prima presidente donna del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano (CCCM). È stata eletta nel giugno scorso, succedendo a padre Traian Valdman, e resterà in carica per un anno (rinnovabile). L’incarico “ruota” tra i rappresentanti delle diverse confessioni: nel 2008-2009 la presidenza spettava a un cattolico, la vicepresidenza a un evangelico (Emmanuel Gau dell’Esercito della salvezza), la segreteria a un ortodosso (padre Aren Shaeenian della Chiesa apostolica Armena).
Il CCCM è nato nel 1998 con l’inaugurazione solenne nel Tempio Valdese alla presenza del cardinale Carlo Maria Martini. Da allora si sono sempre succeduti presidenti uomini. L’elezione di Melzi d’Eril è dunque una novità, anche se «nella delegazione cattolica ci sono già tante donne: Rosangela Vegetti, Federica Frattini, Mariuccia Pietrogrande…».
È dunque una donna a rappresentare il Consiglio in varie occasioni: dalla Giornata della pace in Duomo (in cui l’Arcivescovo invita per tradizione tutti i membri delle Chiese) alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, fino al culto ecumenico che si svolge ogni sabato sera a San Gottardo, dove anche le donne annunciano il Vangelo. «Questa è una rivoluzione – spiega la presidente del Consiglio -: non siamo all’interno di una celebrazione eucaristica e quindi le donne possono annunciare la parola di Dio e commentarla all’ambone». Questa presenza femminile, ammette Melzi d’Eril, «non si è vista altrove, ma a Milano “predicatrici” come Maria Cristina Bartolomei, Silvia Giacomoni e una suora si sono avvicendate all’ambone». Finora questo avveniva solo per la Chiesa evangelica, «mentre ora si è aperto un piccolo varco, seppure con difficoltà, anche in ambito ecumenico». Francesca Melzi d’Eril è la prima presidente donna del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano (CCCM). È stata eletta nel giugno scorso, succedendo a padre Traian Valdman, e resterà in carica per un anno (rinnovabile). L’incarico “ruota” tra i rappresentanti delle diverse confessioni: nel 2008-2009 la presidenza spettava a un cattolico, la vicepresidenza a un evangelico (Emmanuel Gau dell’Esercito della salvezza), la segreteria a un ortodosso (padre Aren Shaeenian della Chiesa apostolica Armena).Il CCCM è nato nel 1998 con l’inaugurazione solenne nel Tempio Valdese alla presenza del cardinale Carlo Maria Martini. Da allora si sono sempre succeduti presidenti uomini. L’elezione di Melzi d’Eril è dunque una novità, anche se «nella delegazione cattolica ci sono già tante donne: Rosangela Vegetti, Federica Frattini, Mariuccia Pietrogrande…».È dunque una donna a rappresentare il Consiglio in varie occasioni: dalla Giornata della pace in Duomo (in cui l’Arcivescovo invita per tradizione tutti i membri delle Chiese) alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, fino al culto ecumenico che si svolge ogni sabato sera a San Gottardo, dove anche le donne annunciano il Vangelo. «Questa è una rivoluzione – spiega la presidente del Consiglio -: non siamo all’interno di una celebrazione eucaristica e quindi le donne possono annunciare la parola di Dio e commentarla all’ambone». Questa presenza femminile, ammette Melzi d’Eril, «non si è vista altrove, ma a Milano “predicatrici” come Maria Cristina Bartolomei, Silvia Giacomoni e una suora si sono avvicendate all’ambone». Finora questo avveniva solo per la Chiesa evangelica, «mentre ora si è aperto un piccolo varco, seppure con difficoltà, anche in ambito ecumenico». Una maggiore comunione Scopo del CCCM non è quello di organizzare eventi, «ma di promuovere prima di tutto una maggiore comunione tra le 18 Chiese presenti nel Consiglio – dice Melzi d’Eril -, creando quasi un vincolo fra quelle che convivono sullo stesso territorio e che talvolta si conoscono poco».Oggi, a distanza di 11 anni, «ci conosciamo molto meglio, ci apprezziamo, abbiamo imparato molto l’uno dell’altro, cerchiamo di abbattere pregiudizi e stereotipi sulle varie confessioni…». Si tratta dunque di un cammino interno di stima reciproca e collaborazione, ma anche di promozione all’esterno, perché le iniziative ecumeniche non siano calate dall’alto. «Per la Veglia di Pentecoste, per esempio, non intendiamo “catapultare” su una parrocchia o un decanato un evento, ma vorremmo che la comunità ecclesiale si preparasse all’evento lungo il corso dell’anno, coinvolgendo anche il territorio». È facile trovare un decanato disposto a ospitare la Veglia, «ma è anche necessario proporre un percorso, perché la gente non arrivi impreparata: un conto è partecipare alla processione altro è avere una formazione ecumenica. Qui sta il nostro ruolo di promozione».Sulla Festa della Donna testimonianze e approfondimenti su Milano 7 di Avvenire di domenica 8 marzo

Francesca Melzi d'Eril