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Milano

Per una nuova cultura della vita

"La dignità umana del nascere e del morire" è stato il tema del congresso promosso sabato 28 novembre dalla sezione milanese dell'Associazione Medici Cattolici Italiani

1 Dicembre 2009

Sabato 28 novembre, presso l’Auditorium di Assolombarda a Milano, si è tenuto il tradizionale congresso promosso dalla sezione milanese dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, sul tema “La dignità umana del nascere e del morire”.
Introducendo i lavori, il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dell’Amci di Milano, ha ricordato come l’associazione voglia «portare un contributo al dibattito corrente sulla dignità umana nel nascere e nel morire, cercando di evitare l’urlato, la polemica e la contrapposizione rigida, ma viceversa facendo emergere le relazioni intime e sociali intrinseche a queste tematiche e la comprensione profonda che esse meritano». Le cronache che hanno interessato questi temi nell’anno in corso «hanno scosso l’opinione pubblica sull’onda dell’emozione, ma non si sono basate su valutazioni equilibrate e soprattutto sul rispetto di quelle scelte etiche che nascono da una compenetrazione della volontà del medico con quella esplicita o implicita del paziente».
Nel suo messaggio il cardinale Carlo Maria Martini ha rimarcato come «nascere e morire sono due momenti decisivi della nostra esistenza, su cui si concentrano moltissimi interrogativi. Tanto più che la scienza contemporanea, con le sue applicazioni quasi prodigiose, non semplifica, ma complica i problemi, anche perché permette di prendere in considerazione casi che prima venivano semplicemente abbandonati a se stessi. Per orientarsi in questa problematica complessa è molto utile, accanto al semplice concetto di vita fisica, anche quello di dignità della vita».
Don Aristide Fumagalli, teologo del Seminario di Venegono, ha letto il saluto del cardinale Dionigi Tettamanzi. Per l’Arcivescovo di Milano, tra i punti centrali della concezione dell’uomo a immagine di Dio c’è la convinzione che «lo sguardo adeguato sull’uomo e la testimonianza suprema della sua dignità scaturiscono da Cristo. La considerazione della dignità umana nel nascere e nel morire dovrebbe trarre vantaggio dall’approssimarsi a tale punto di osservazione». Inoltre «lo sguardo penetrante di Cristo, capace di cogliere la dignità umana anche in quelle situazioni di transito tanto delicate e ancor così misteriose del nascere e del morire, non è privilegio esclusivo di qualcuno, ma possibilità offerta a tutti».
Padre Carlo Casalone, Superiore provinciale d’Italia della Compagnia di Gesù, ha invece sottolineato come la medicina contemporanea ci pone in una situazione definita di «diluizione dei confini della vita»: alla fine, la morte non è più un istante puntuale, ma un processo prolungato; all’inizio, il momento in cui compare la persona è oggetto di interminabili dibattiti. Gli effetti del sapere tecnico-scientifico incidono anche sugli atteggiamenti interiori e sulle modalità in cui l’uomo comprende se stesso e il mondo: riguardo la percezione della vita, ne viene favorita una comprensione di tipo strumentale, che privilegia l’efficienza e l’utilità.
Monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha rilevato che l’uomo – bellezza assoluta – è stato creato il 6° giorno, il numero che rappresenta l’imperfezione (il 666 identifica il diavolo). La fragilità della vita non viene però considerata disperante: come si legge nel Salmo 39, occorre amare questa vita anche se non vi è nulla dopo.
Alfredo Anzani, vicepresidente europeo dei Medici Cattolici, ha concluso la giornata ricordando come «l’aborto e l’eutanasia interpellano la coscienza di tutti e chiedono a tutti di mettere in atto una strategia finalizzata a costruire e a diffondere una nuova cultura della vita capace di condurre l’attuale società a riscoprire e a vivere l’intera verità sull’uomo e sulla sua vita». Una medicina del corpo separato dall’anima «è condizionata da un calcolo utilitaristico della qualità della vita e non da una accoglienza e da un servizio alla vita di tutti e di ciascuno dei sofferenti. Senza rispetto incondizionato verso la dignità del malato non vi è neppure la dignità del medico».
Tra gli intervenuti, il filosofo e sindaco di Venezia Massimo Cacciari, Riccardo Chiaberge, responsabile de Il Domenicale de Il Sole 24 Ore, e il professor Vincenzo Saraceni, presidente nazionale dell’Amci. Erano presenti tra gli altri monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi, il professor Paolo Mantegazza, già rettore dell’Università degli Studi di Milano, e il professor Elio Polli, uno dei decani della ricerca ematologica italiana. Sabato 28 novembre, presso l’Auditorium di Assolombarda a Milano, si è tenuto il tradizionale congresso promosso dalla sezione milanese dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, sul tema “La dignità umana del nascere e del morire”.Introducendo i lavori, il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dell’Amci di Milano, ha ricordato come l’associazione voglia «portare un contributo al dibattito corrente sulla dignità umana nel nascere e nel morire, cercando di evitare l’urlato, la polemica e la contrapposizione rigida, ma viceversa facendo emergere le relazioni intime e sociali intrinseche a queste tematiche e la comprensione profonda che esse meritano». Le cronache che hanno interessato questi temi nell’anno in corso «hanno scosso l’opinione pubblica sull’onda dell’emozione, ma non si sono basate su valutazioni equilibrate e soprattutto sul rispetto di quelle scelte etiche che nascono da una compenetrazione della volontà del medico con quella esplicita o implicita del paziente».Nel suo messaggio il cardinale Carlo Maria Martini ha rimarcato come «nascere e morire sono due momenti decisivi della nostra esistenza, su cui si concentrano moltissimi interrogativi. Tanto più che la scienza contemporanea, con le sue applicazioni quasi prodigiose, non semplifica, ma complica i problemi, anche perché permette di prendere in considerazione casi che prima venivano semplicemente abbandonati a se stessi. Per orientarsi in questa problematica complessa è molto utile, accanto al semplice concetto di vita fisica, anche quello di dignità della vita».Don Aristide Fumagalli, teologo del Seminario di Venegono, ha letto il saluto del cardinale Dionigi Tettamanzi. Per l’Arcivescovo di Milano, tra i punti centrali della concezione dell’uomo a immagine di Dio c’è la convinzione che «lo sguardo adeguato sull’uomo e la testimonianza suprema della sua dignità scaturiscono da Cristo. La considerazione della dignità umana nel nascere e nel morire dovrebbe trarre vantaggio dall’approssimarsi a tale punto di osservazione». Inoltre «lo sguardo penetrante di Cristo, capace di cogliere la dignità umana anche in quelle situazioni di transito tanto delicate e ancor così misteriose del nascere e del morire, non è privilegio esclusivo di qualcuno, ma possibilità offerta a tutti».Padre Carlo Casalone, Superiore provinciale d’Italia della Compagnia di Gesù, ha invece sottolineato come la medicina contemporanea ci pone in una situazione definita di «diluizione dei confini della vita»: alla fine, la morte non è più un istante puntuale, ma un processo prolungato; all’inizio, il momento in cui compare la persona è oggetto di interminabili dibattiti. Gli effetti del sapere tecnico-scientifico incidono anche sugli atteggiamenti interiori e sulle modalità in cui l’uomo comprende se stesso e il mondo: riguardo la percezione della vita, ne viene favorita una comprensione di tipo strumentale, che privilegia l’efficienza e l’utilità.Monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha rilevato che l’uomo – bellezza assoluta – è stato creato il 6° giorno, il numero che rappresenta l’imperfezione (il 666 identifica il diavolo). La fragilità della vita non viene però considerata disperante: come si legge nel Salmo 39, occorre amare questa vita anche se non vi è nulla dopo.Alfredo Anzani, vicepresidente europeo dei Medici Cattolici, ha concluso la giornata ricordando come «l’aborto e l’eutanasia interpellano la coscienza di tutti e chiedono a tutti di mettere in atto una strategia finalizzata a costruire e a diffondere una nuova cultura della vita capace di condurre l’attuale società a riscoprire e a vivere l’intera verità sull’uomo e sulla sua vita». Una medicina del corpo separato dall’anima «è condizionata da un calcolo utilitaristico della qualità della vita e non da una accoglienza e da un servizio alla vita di tutti e di ciascuno dei sofferenti. Senza rispetto incondizionato verso la dignità del malato non vi è neppure la dignità del medico».Tra gli intervenuti, il filosofo e sindaco di Venezia Massimo Cacciari, Riccardo Chiaberge, responsabile de Il Domenicale de Il Sole 24 Ore, e il professor Vincenzo Saraceni, presidente nazionale dell’Amci. Erano presenti tra gli altri monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi, il professor Paolo Mantegazza, già rettore dell’Università degli Studi di Milano, e il professor Elio Polli, uno dei decani della ricerca ematologica italiana.