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Per un’Europa più ricca e più equa

Politica ed economia devono muoversi insieme per favorire lo sviluppo. Come dice Carlo Azeglio Ciampi, senza stabilità non può esserci crescita, e viceversa

15 Luglio 2008

10/06/2008

di Gianni BORSA

Mentre erano ancora levati i calici per brindare al decimo compleanno della Banca centrale europea, creata il 1° giugno 1998, due notizie riguardanti l’euro hanno suscitato attenzione nell’Ue. La prima è l’annuncio di un ulteriore aumento del costo del denaro, che la Bce dovrebbe introdurre a luglio. La seconda è relativa a un rinnovato interesse del Regno Unito per la moneta unica, a fronte di una sterlina debole sui mercati internazionali. Fatti apparentemente slegati fra loro, ma che danno l’idea del ruolo che l’euro si è ritagliato nel panorama economico continentale e mondiale.

Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, ha dato per certo un ritocco all’insù dei tassi, dal 4 al 4,25%, manovra necessaria per tenere sotto controllo l’inflazione, che viaggia da tempo ben oltre il 3%, almeno un punto in più del livello di guardia. La stretta creditizia dovrebbe raffreddare i prezzi, con il rischio – è l’altra faccia della medaglia – di frenare ulteriormente gli investimenti, accentuando il clima recessivo che si respira nell’economia europea.

Ma il controllo dell’inflazione è uno dei compiti fondamentali della Bce, vera e propria sentinella della stabilità. Non a caso da quando è nato l’euro (1999 come moneta contabile, 2002 quale valuta di scambio oggi circolante in 15 Stati), la stabilità è stato l’ambiente in cui ha potuto procedere l’economia, con effetti positivi sulla capacità concorrenziale delle imprese e dei sistemi economici nazionali e sul controllo delle finanze statali.

Anche per questa ragione da Londra si guarda con rinnovata attenzione alla valuta Ue. La banconota inglese è apparsa vacillante di fronte alla crisi dei mutui subprime e in un anno e mezzo ha perso terreno nel cambio con l’euro.

Del resto una moneta unica forte (fin troppo rispetto al dollaro, con effetti svantaggiosi per le esportazioni europee) a molti fa paura. Soprattutto a chi guarda con scarsa simpatia, o addirittura con timore, il processo di integrazione politica di cui l’euro è al contempo causa ed effetto. Lo ha puntualmente spiegato Giacomo Vaciago sul Sole 24 Ore: «L’euro è il prodotto di una visione secondo la quale una sovranità monetaria condivisa migliora e fa progredire quel processo di integrazione economica e di cooperazione politica che chiamiamo Unione europea».

Nell’anniversario della Bce, celebrato nella sede di Francoforte, Carlo Azeglio Ciampi, uno dei padri della moneta unica, ha però voluto lanciare lo sguardo in avanti, spiegando due prossimi obiettivi da perseguire a livello comunitario. «Senza stabilità non può esservi crescita – ha affermato l’ex Capo dello Stato -; è altrettanto vero che alla lunga la stabilità diviene precaria se manca la crescita». Dunque «senza crescita non può esservi durevole stabilità» e in una economia stagnante «la distribuzione del reddito diviene iniqua» e le «sperequazioni distributive inaspriscono le tensioni sociali».

Inoltre Ciampi ha ricordato che all’Ue occorre «una politica economica europea che non si limiti al necessario rigore nei saldi di bilancio, ma pratichi anche un crescente coordinamento delle politiche economiche nazionali». Una visione, questa, che individua nell’economia e nella politica insieme il compito di accrescere l’integrazione tra i popoli e gli Stati e di costruire un’Europa più ricca e più equa a vantaggio dei cittadini.