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Economia, il rischio degli altri

I troppi privilegi e le poche responsabilità di imprenditori e manager mentre il Paese comincia a sentire gli effetti della recessione

28 Ottobre 2008

29/10/2008

di Sergio PIERANTONI

Il 24 ottobre l’Istituto di studi e analisi economica ha diffuso i risultati delle due indagini mensili presso i consumatori e presso le imprese manifatturiere ed estrattive. I risultati sono estremamente interessanti perché l’inchiesta si è svolta nelle prime tre settimane di ottobre, nel bel mezzo della crisi finanziaria. Nella fiducia dei consumatori e nell’attività produttiva delle imprese sono poste le fondamenta per l’uscita dalla recessione.

I risultati sono i seguenti: una contenuta flessione della fiducia dei consumatori a cui si contrappone invece un forte calo della fiducia delle imprese (siamo ai minimi dal settembre del 1993) e un ulteriore calo nel grado di utilizzo degli impianti industriali (pari al 75,4% nel terzo trimestre 2008).

I consumatori percepiscono in positivo un calo dei prezzi dei beni di consumo; sono invece preoccupati per le prospettive del mercato del lavoro e per la possibilità di risparmiare (presente e futura). Relativamente ai beni durevoli, aumentano le intenzioni di acquisto dell’automobile, ma scendono quelle relative all’acquisto e alla manutenzione dell’abitazione. Interessante il divario tra le diverse aree territoriali: la fiducia scende nel Nord-Ovest e al Centro, mentre rimane stabile nel Nord-Est e addirittura migliora nel Mezzogiorno.

Gli imprenditori italiani, invece, sono molto pessimisti circa lo stato attuale della domanda e le prospettive future della produzione. Calano, seppur di poco, le scorte: segno che gli imprenditori sono già intervenuti sui livelli produttivi, come indicato dal calo nel grado di utilizzo degli impianti. Il calo della fiducia è vistoso nel Nord-Ovest ed è meno intenso nelle altre aree del Paese.

L’Isae segnala che in una prospettiva di lungo periodo, la fiducia delle imprese manifatturiere si colloca oggi su livelli nettamente superiori rispetto a quelli raggiunti durante le forti recessioni dell’inizio degli anni Settanta e Ottanta; l’indice è invece vicino ai minimi raggiunti durante la crisi del 1993 ed è già notevolmente inferiore rispetto ai valori toccati nel periodo immediatamente successivo agli attentati dell’11 settembre e durante la fase recessiva dei primi anni 2000.

Questa è insomma la fotografia dei primi giorni di ottobre 2008. Di sicuro è iniziata la recessione che rappresenta l’effetto e non la causa delle nostre difficoltà. Le cause sono sotto gli occhi di tutti e risiedono in una voracità finanziaria che ha contagiato tutti. Ma come se ne esce? Lavorando duro e impegnandosi ognuno nel proprio lavoro.

Lo Stato deve spingere forte negli investimenti in opere pubbliche, che creano occupazione in ogni settore ed evitano l’aumento della disoccupazione. Diventa inoltre importante agire con gli ammortizzatori sociali e aiutare le famiglie povere, soprattutto quelle con più figli. Un aumento indiscriminato a tutti i contribuenti finirebbe per trasferire gran parte delle risorse pubbliche al risparmio dei singoli individui soprattutto per mancanza di fiducia.

Gli imprenditori e i manager debbono impegnarsi al massimo sapendo che è finita l’epoca dei maxi compensi, che permettono di guadagnare in un giorno quello che la media dei loro dipendenti guadagna in un anno. E tra queste persone non ci sono solo i banchieri, ma anche i cementieri, quelli delle telecomunicazioni… e per finire troviamo anche i vecchi e nuovi presidenti di Confindustria, che pontificano su cosa devono fare i lavoratori, i sindacati, i politici.

Imprenditori che si trovano a bussare per chiedere aiuto proprio a quei politici che fino a ieri dimostravano di disprezzare. Per una rassegna completa di questi imprenditori: La paga dei padroni di Gianni Dragoni e Giorgio Meletti (editore Chiarelettere).

Per fortuna dell’Italia esistono invece una miriade di piccole e medie imprese dove l’imprenditore lavora a fianco del dipendente, dove la produttività è al massimo, dove l’ingegno è incoraggiato ed è con queste persone che si supererà la recessione. Imprese (ce ne sono anche alcune grandi) dove il lavoratore si sente libero e valorizzato per il suo merito, non succube di un sistema dove deve adulare i suoi grandi capi.

I mprese dove ogni dipendente è contento di lavorare perché in azienda è valida una frase attribuita al generale sir John Monash: «Non me ne importa un accidente dei tuoi leali servigi quando pensi che io abbia ragione; a me interessa davvero averli quando pensi che io abbia torto».