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Elezioni

Amministrative, segnali eloquenti

Si chiedono efficacia, efficienza e buon esempio

di Francesco BONINI

8 Maggio 2012
ROMA  10-12-2006
ELEZIONI   DEI RAPPRESENTANTI STRANIERI NON COMUNITARI NEL CONSIGLIO COMUNALE , NEI CONSIGLI MUNICIPALI E NELLA CONSULTA CITTADINA

Nel guazzabuglio della transizione italiana, in un’Europa nervosa – come dimostrano le elezioni in Grecia e in Francia – le amministrative hanno dato dei segnali. Non certo risposte sull’esito di un processo di riassetto del sistema politico ancora in corso, ma segnali abbastanza chiari. Ne spiccano tre.

Il primo è un calo significativo, ma non drammatico, dell’affluenza. In questa tornata di consultazioni amministrative ha votato il 66,88% rispetto al 73,75% delle ultime elezioni. Segno che, anche grazie all’elevatissimo numero di liste, dunque di candidati, i cittadini al voto ci tengono. E lo usano per dare segnali il più eloquenti possibile. Anche con l’astensione.

Il secondo segnale è il risultato plebiscitario dei referendum di semplificazione in Sardegna: abolizione delle Province più piccole, dimagrimento del paraStato regionale. Se anche le altre Regioni fossero state interrogate, la risposta non sarebbe stata diversa. Tornano alla memoria i referendum del 18 aprile 1993: allora spiccò quello per la riforma elettorale, ma non si deve dimenticare che il più votato fu quello sul finanziamento pubblico dei partiti e sull’abolizione di alcuni ministeri.

Il terzo segnale è che nessuno dei sindaci delle grandi città è stato eletto al primo turno, salvo il veronese Flavio Tosi, generalmente imputato di buona amministrazione.

In mezzo ci sono alcuni dati più chiaramente politici, da decifrare con maggiore attenzione caso per caso. Spiccano il buon risultato di Cinquestelle e il cattivo risultato del Pdl. Non mancano alcuni ritorni. Leoluca Orlando arriva largamente in testa al ballottaggio, raccogliendo più del doppio dei voti delle liste che lo sostengono. Un altro ex di lungo corso, Ubaldi, a Parma è invece superato dal “grillino”, che andrà al ballottaggio con il candidato del centro-sinistra.

L’indicazione politica, senza entrare nelle alchimie interne, è che i cittadini attendono con impazienza che le misure che sono state calendarizzate, di sgonfiamento della politica, dal finanziamento ai partiti al numero dei parlamentari, e di riforma elettorale siano rapidamente approvate. E poi che emerga qualcosa di ragionevole come risposta solidale alla crisi.

Nel frattempo, prima che su questi punti minimali vengano delle riposte, c’è semmai da stupirsi che il voto di protesta sia così contenuto. Insomma, la risposta italiana è molto più simile a quella francese che a quella greca. Così come è simile il risultato della maggiore delle forze di centro-sinistra, il Pd. Si tratta di elezioni amministrative, ovviamente, ma il messaggio è chiaro.

In sintesi non si può continuare solo a parlare di crisi. La crisi c’è, ma ci sono anche le tendenze autoreferenziali dei mercati finanziari, che devono rincorrere i loro utili a breve. Dopo le tasse e gli aumenti, si chiede efficacia ed efficienza delle amministrazioni, si chiede che il buon esempio del rigore di spesa venga dall’alto. E che si investa per aprire a un futuro poggiando su valori e principi solidi. L’incertezza rischia di diventare nevrosi collettiva.