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Ritratto

Nell’amore per la vita
la spiritualità di Vincenzo Cerami

La figura di Cristo per lui era centrale. Rispose a Elsa Morante, malata, che gli chiedeva se davvero Gesù fosse risorto: «Un uomo come Gesù doveva per forza risorgere». Lo scrittore aveva ricevuto da Papa Benedetto XVI il titolo onorifico di membro dell'Accademia Pontificia delle Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon

di Alessandra GAETANI Agenzia Sir

22 Luglio 2013
Vincenzo Cerami

Il vento. ?. È rimasto il vento.
Un vento lasco, raso terra, e il foglio
(Quel foglio di giornale) che il vento
Muove su e giù sul grigio
Dell’asfalto. Il vento
E nient’altro.

Questi versi, tratti dalla poesia Dopo la notizia di Giorgio Caproni, di cui Vincenzo Cerami fu amico, e che morì prima di lui, suonano come un necrologio postumo dell’amico. Venerdì scorso si sono svolti i funerali del poeta, sceneggiatore, scrittore, giornalista morto dopo una lunga malattia.

Innamorato in modo viscerale della vita, e ricambiato dalla stessa, non se ne staccherà mai, come Paolo e Francesca di dantesca memoria. Nel film La tigre e la neve, di cui ha scritto la sceneggiatura con l’amico fraterno Roberto Benigni, a un certo punto il protagonista dice: «Mi piacerà vivere anche da morto». E Cerami c’è riuscito.

Un artista è come un profeta: la veggenza che possiede gli consente di guardare avanti, oltre. Di sorridere anche sulla morte. La spiritualità di Vincenzo Cerami è qui: nell’amore viscerale per la vita. Un traguardo quotidiano e un punto di partenza. Una lotta. Come quella di Giacobbe con l’Angelo.

La spiritualità, nelle sue opere, è qualcosa di pervasivo, come la presenza di Dio. Con alcune tappe specifiche. Forse iniziò mentre lavorava come aiuto regista nel film Il Vangelo secondo Matteo diretto da Pier Paolo Pasolini. Pervadeva la sua voce nella lettura dell’Ecclesiaste, che ha portato anche nelle sinagoghe. Emerge nei dialoghi delle due madri protagoniste de La Pietà “Stabat mater”, un lavoro che ha le musiche dell’amico di sempre Nicola Piovani. La madre bianca piange il figlio morto per overdose. La madre nera piange il figlio morto per indigenza. Madri del nostro tempo che rimandano alla Madre di tutti i tempi, vittime dello stesso mondo. Questo passo dell’Ecclesiaste sembra riassumere l’interrogativo che Cerami starà passando nella sua testa.

«Passai poi a contemplar la sapienza, gli errori, la stoltezza, ‘e che è l’uomo – dissi – da poter seguire il re suo creatore?’. E vidi che la sapienza è tanto superiore alla stoltezza quanto la luce alle tenebre. Il saggio ha occhi in testa, lo stolto cammina al buio, ma riconobbi che tutt’e due aspettan la medesima morte».

Lo scrittore aveva ricevuto da Papa Benedetto XVI un titolo onorifico come membro dell’Accademia Pontificia delle Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon. Possedeva una spiritualità concreta Vincenzo Cerami, come dimostrano le sue parole sulla tolleranza: «Perché una persona deve essere tollerata? Quando si tollera vuol dire che si deve fare uno sforzo, mentre ogni uomo va accettato in quanto esistente, e non tollerato: io voglio essere accettato per quello che sono. Non vorrei essere tollerato».

Questo atteggiamento lo portava a esprimere la sua arte come un atto di fede. A vedervi la trascendenza. Per Cerami l’artista ha sempre qualcuno a cui rivolgersi, anche se si dice ateo «a prescindere dalla fede di appartenenza» disse. Se ne rese conto già il primo artista sulla Terra che individuò questa presenza nelle Muse ispiratrici e protettrici.

Vincenzo Cerami avvertiva la presenza di Dio quando lavorava, quando a fine giornata si accorgeva che aveva scritto meno fogli di quanti credeva. Viveva la sua arte come una vocazione «che va coltivata, perché le vocazioni non sono date una volta per sempre. Siamo diversi da un anno all’altro. Quindi non possiamo fossilizzarci sulla stessa idea di fede che avevamo da ragazzi. E poi guai se la fede fosse qualcosa di cristallizzato, di morto», come ha detto in un’intervista rilasciata a Mimmo Muolo nel 2012.

«La Fede va dubitata: più si dubita, più si rinforza. L’artista e il credente percorrono la medesima via perché si pongono le stesse domande: il mistero della vita e della morte». La figura di Cristo per Cerami era centrale. Rispose a Elsa Morante, malata, che gli chiedeva se davvero Gesù fosse risorto: «Un uomo come Gesù doveva per forza risorgere». Amava tanto la vita Vincenzo Cerami. E Dio è Dio della vita.