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Capolavori

La Risurrezione del Casoretto:
un trittico del ‘400 da riscoprire

Attribuita a Giovanni Ambrogio Bevilacqua detto il Liberale, uno dei migliori seguaci del Bergognone, l'opera è conservata nella chiesa di Santa Maria Bianca della Misericordia a Milano. Una ricca simbologia teologica rende il dipinto ancora più affascinante.

di Luca FRIGERIO

4 Aprile 2015

La chiesa di Santa Maria Bianca della Misericordia a Milano conserva uno dei più affascinanti dipinti antichi dedicati al tema della Risurrezione in terra ambrosiana. Un’opera magnifica, ma sconosciuta ai più, anche fra i cultori delle cose d’arte. Si tratta di un trittico rinascimentale, un tempo assegnato, per il suo alto livello qualitativo, alla mano del Bergognone, oggi più verosimilmente attribuito a uno dei suoi più validi seguaci, Giovanni Ambrogio Bevilacqua detto il Liberale, attivo in Lombardia a cavallo fra XV e XVI secolo.

Il monumentale lavoro pittorico fu realizzato attorno al 1480 su commissione di Giovanni Melzi, uno degli uomini più influenti della corte sforzesca, già ambasciatore a Venezia della Repubblica Ambrosiana, quindi consigliere ducale di Galeazzo Maria Sforza, infine nominato conte palatino dallo stesso imperatore Federico III. Melzi, al culmine della sua sfolgorante carriera, volle quest’opera per la sua cappella nella chiesa dell’Abbazia di Casoretto, all’epoca fiorente comunità dei canonici regolari agostiniani: lo vediamo ritratto, infatti, nello scomparto a sinistra del trittico, devotamente inginocchiato e presentato dal suo stesso patrono, san Giovanni Battista, che con una mano regge l’agnello cristico (a ricordo delle parole con le quali il Precursore indicò Gesù come il Salvatore: «Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo»), mentre con l’altra accarezza paternamente la spalla del nobiluomo milanese, come a rassicurarlo.

Moglie di Giovanni Melzi era Brigida Tanzi, discendente di quella famiglia che agli inizi del Quattrocento aveva invitato a Milano i primi religiosi del priorato della Frigionaia di Lucca, affinché dessero vita a un cenobio attorno a una chiesetta di loro proprietà, quella di Santa Maria della Misericordia, appunto. Anche la donna, naturalmente, è raffigurata in quest’opera, a destra, vegliata e introdotta dall’evangelista Giovanni. Colpisce, di queste due figure, il realismo con cui il Liberale ha dipinto non solo le loro vesti sontuose, ma anche i tratti stanchi e quasi dolenti di questi sposi ormai anziani, che giunti al termine della loro vita terrena testimoniano la loro fede nella risurrezione futura.

Il soggetto centrale e fondamentale di questo trittico, infatti, è il Cristo risorto. Bevilacqua lo rappresenta in piedi, longilineo ma vigoroso, eroico nella postura, avvolto nella bianchissima veste, la mano destra sollevata in un gesto che, allo stesso tempo, allude all’alto dei cieli e benedice, mentre la sinistra stringe il vessillo crociato, simbolo rafforzativo della vittoria sulla morte.

Gesù si erge sul sepolcro ormai vuoto, aleggiando più che poggiandosi sul sarcofago marmoreo che appare come incastonato nella viva roccia. Quasi a evocare in questa immagine, secondo la lettura teologica e spirituale dei mistici rinascimentali, non solo il momento della Risurrezione, ma anche quelli della Trasfigurazione e dell’Ascensione. In basso, due uomini armati giacciono a terra come tramortiti, incapaci di comprendere, ma anche solo di vedere, il prodigio che sta avvenendo. Il tutto mentre il chiarore dell’alba già illumina un nitido paesaggio che si apre in un orizzonte infinito. Nella cimasa del polittico, inoltre, si affaccia Dio Padre, proteso in un abbraccio, mentre alla base si distendono le figure quasi in miniatura degli Apostoli, forse di mano di un diverso artista.

Ma a colpire la nostra attenzione, in questo dipinto, è soprattutto il fatto che la tomba appare ben chiusa, mentre, istintivamente, ci aspetteremmo di vedere il coperchio divelto e spostato, come in effetti accade in molte rappresentazioni di questo soggetto, anche del XV secolo.

Il nostro pittore, invece, forse assistito dagli stessi agostiniani del Casoretto, correttamente mostra il sepolcro ancora intatto, seguendo cioè quanto si legge nel Vangelo di Matteo, e cioè che fu «un angelo del Signore», «passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana», che «rotolò via la pietra». E questo, secondo il commento dei Padri della Chiesa e degli autori medievali, proprio per mostrare alle donne giunte al sepolcro che il corpo di Gesù non è più là dove era stato deposto, perché è risorto come aveva annunciato. Il corpo spiritualizzato del Risorto, infatti, non aveva bisogno di spalancare la tomba per uscirne, trionfante sulla morte.

 

Merita davvero una visita, Santa Maria Bianca della Misericordia a Milano. La chiesa dell’antica abbazia del Casoretto, che sorge in piazza San Materno (nella periferia nord-occidentale della città, non lontano da piazzale Loreto), è infatti ricca di tesori artistici, a testimonianza di un glorioso passato che i vari restauri, effettuati in questi anni (e ancora in corso), stanno sempre più valorizzando.

Una storia che oggi può essere meglio conosciuta anche grazie ad un’agile guida, da poco pubblicata a cura della parrocchia. Per informazioni e visite si può contattare il parroco, don Giovanni Mariano, al numero 02.2846219.