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Storia e tradizione

Il rito della «nivola» e il Santo Chiodo

Popolarmente attribuito al genio di Leonardo, “l’ascensore” che porta l’Arcivescovo fino alla sommità della volta absidale del Duomo si deve probabilmente ad alcuni ingegneri del tempo di San Carlo, il Vescovo che portò in processione la reliquia della Passione di Cristo per le vie di Milano durante la peste

di Luca FRIGERIO

8 Settembre 2019

I milanesi la chiamano da sempre «nivola», perché effettivamente il macchinario utilizzato all’interno del Duomo di Milano per prendere e riporre il Santo Chiodo nel suo tabernacolo alla sommità della volta absidale ha l’aspetto di una nuvola. Una sorta di “ascensore” che sarà azionato anche sabato 14 settembre, alle 15, nel corso di una suggestiva cerimonia presieduta dall’arcivescovo Mario Delpini in occasione della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce.

La voce popolare vuole che sia stato Leonardo da Vinci a ideare questo congegno che si eleva fino a oltre quaranta metri di altezza nel cuore della Cattedrale, ma l’ideazione della «nivola» si deve probabilmente ad alcuni anonimi ingegneri operanti nella Fabbrica nella seconda metà del Cinquecento, cioè al tempo dell’episcopato di san Carlo. Fu proprio il Borromeo, infatti, a ripristinare la festa dell’«invenzione» – ovvero del ritrovamento – della Croce, in occasione della quale il Santo Chiodo veniva recato in processione dal Duomo alla chiesa del Santo Sepolcro. E questo dopo che San Carlo, durante la peste del 1576, aveva portato la venerata reliquia della Passione di Cristo per le vie di Milano, per implorare la liberazione dall’epidemia.

Ricordato già da Sant’Ambrogio, e da lui associato alle ricerche compiute a Gerusalemme da Elena (madre dell’imperatore Costantino), il Santo Chiodo, secondo la tradizione, sarebbe da allora presente nella Chiesa di Milano. La prima testimonianza documentale, tuttavia, risale soltanto all’ultimo scorcio del XIV secolo, quando si ricorda che nella cattedrale di Santa Tecla vi è riposto ab antiquo uno dei chiodi con cui fu crocifisso Gesù, oggetto di una sentita devozione. Per questo alcuni storici ritengono che il Santo Chiodo sia giunto a Milano soltanto all’epoca delle crociate (così, per esempio, sosteneva il cardinale Schuster).

La reliquia rimase in Santa Tecla fino all’edificazione del nuovo Duomo, dove fu solennemente traslata nel 1461 e collocata in alto sopra al presbiterio. La processione per le strade della città si tenne fino al 1876, quando le autorità civili del nuovo Regno d’Italia ne imposero lo svolgimento tra le mura della Cattedrale. Nel 1969 il rito venne poi sospeso, a causa degli imponenti lavori di consolidamento dei piloni del Duomo.

Nell’anno giubilare della Redenzione, indetto nel 1983 da San Giovanni Paolo II, che in parte venne a coincidere con il quarto centenario della morte di San Carlo, il cardinale Martini volle che il Santo Chiodo, memoria “tangibile” della Passione di Cristo, fosse portato in tutte le zone della diocesi in ricordo dell’esemplare azione pastorale del Borromeo. E pochi anni più tardi, conclusi gli interventi di restauro, fu ripristinata anche la processione all’interno del Duomo di Milano, fissata però in concomitanza con la festa liturgica dell’Esaltazione della Croce, il 14 settembre.

All’interno del Triduo del Santo Chioso, il muoversi della «nivola» costituisce il momento più emozionante. Più volte restaurata, l’attuale struttura è interamente rivestita di tela dipinta con figure di angeli, opera di Paolo Camillo Landriani detto il Duchino, che agli inizi del Seicento eseguì diverse opere per la Veneranda Fabbrica del Duomo, a cominciare da alcuni «quadroni» delle celebri serie che illustrano la vita e i miracoli di san Carlo.

In origine, e fino agli anni Sessanta del secolo scorso, azionata a mano grazie a funi e carrucole, oggi la «nivola» è mossa da un motore elettrico. Ma il fascino, per chi ne ammira l’ascesa, resta quello di sempre.

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