Share

Verso gli altari

Prete di grande carità, donò anche il suo materasso

Era nato a Milano da una famiglia numerosa e povera, da ragazzo lavorava in Duomo per pagarsi gli studi

di Luisa BOVE

9 Febbraio 2011

Serafino Morazzone nasce a Milano il 1° febbraio 1747 nel quartiere di via Broletto, da una famiglia numerosa e molto povera. Intorno ai 13 anni sente il desiderio della vocazione al sacerdozio, ma per le difficili condizioni economiche non potrà accedere al Seminario. Viene iscritto alle scuole esterne del Collegio di Brera, retto dai gesuiti, intanto presta servizio come chierico nella sua parrocchia di San Carpoforo. Il 4 settembre 1761 riceve la tonsura e il 17 dicembre 1762 i due ordini minori dell’ostiariato e del lettorato. A 18 anni, nel 1765, per poter continuare gli studi entra a far parte dei chierici che prestavano servizio in Duomo nella «Sacrestia delle messe». I chierici allora non erano più di 9 e venivano affidati a un maestro: al mattino i ragazzi prestavano servizio in Duomo e nel pomeriggio frequentavano la scuola di teologia nella chiesa di S. Maria presso S. Satiro. Ricevevano un compenso di 10 lire al mese e in più dovevano continuare a prestare aiuto nella loro parrocchia.
Serafino era fedelissimo al suo impegno e per otto anni prestò servizio alla «Sacrestia delle messe», finché il 2 gennaio 1771, dopo un ritiro di dieci giorni presso i Missionari di Rho, ricevette gli ordini minori dell’accolitato e dell’esorcistato e, inaspettatamente, si aprì per lui la strada del sacerdozio. Nel marzo 1773 infatti, quando ancora non aveva ricevuto gli ordini maggiori, su consiglio dei superiori partecipò al concorso per la nomina a parroco della chiesa di S. Maria Assunta in Chiuso, un piccolo sobborgo di Lecco.
Vinse il concorso di parroco, ma non era ancora prete e così il 10 aprile 1773 ricevette il suddiaconato e il 18 dello stesso mese il diaconato; quindi il 9 maggio fu ordinato sacerdote e il giorno successivo era già a Chiuso. Celebrò la sua prima messa nell’oratorio di San Giovanni Battista e fece il solenne ingresso in parrocchia.
Per 49 anni svolse il suo ministero pastorale nella piccola comunità lecchese senza mai allontanarsi dal paese, se non per gli esercizi spirituali annuali. Egli fu un prete di grande preghiera, carità e servizio agli altri, non si risparmiava mai e a qualunque ora lo chiamassero lui correva. Tutto ciò che riceveva era destinato ai poveri e agli ammalati, si privò anche del suo materasso per darlo a un uomo malato e sofferente; aprì in canonica una scuola gratuita, frequentata anche dai bambini dei paesi vicini.
La gente lo chiamava «il beato Serafino» ma lui si definiva «un povero peccatore». Morì il 13 aprile 1822.

 

La devozione a Chiuso (video)

Leggi anche

Morazzone
Le rovine del cosiddetto castello dell’Innominato sopra Vercurago

«L’itinerario manzoniano passi da Chiuso»

Una proposta del prevosto di Lecco, monsignor Franco Cecchin, a Comune e Regione nel ricordo dell’episodio dell’Innominato e nel segno della Riconciliazione

di Marcello VILLANI