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Milano

Enrichetta, la normalità di fare la volontà di Dio

Il carisma della Suora della Carità evidenziato nella messa di ringraziamento presieduta dal Vicario generale monsignor Carlo Redaelli nella Piccola Casa S. Giuseppe

di Silvio MENGOTTO

28 Giugno 2011
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Ieri, presso la cappella della Piccola Casa S. Giuseppe delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, è stata celebrata l’Eucaristia di ringraziamento per la beatificazione di suor Enrichetta Alfieri, presieduta da monsignor Carlo Maria Redaelli, Vicario generale della Diocesi.
In occasione della beatificazione – avvenuta con una straordinaria presenza di folla in piazza Duomo, trasformata realmente in una “cattedrale” all’aperto -, tutti i fedeli hanno assaporato, vissuto, un anticipo di paradiso in terra. Anche giornali e telegiornali, accanto alle solite notizie di cronaca nera, hanno ricordato come un segno di speranza la celebrazione di Milano, che per monsignor Redaelli è stata «un aperitivo del grande banchetto che il Signore ci prepara, che ci attende nel regno dei cielo, quando ogni lacrima sarà asciugata, quando il velo della morte sarà scappato dal nostro volto e la gioia sarà piena perché Dio sarà tutto in tutti». Nella visione di monsignor Redaelli la festa, in contemporanea, si è celebrata anche in paradiso, alla presenza di tutti i santi e i beati. Tra gli invitati, ha continuato, «sicuramente le migliaia di orfani birmani allevati da padre Clemente, i bravi parrocchiani di Chiuso (tra loro anche Alessandro Manzoni) e i carcerati di suor Enrichetta».
Il popolo di Dio in piazza ha vissuto un’esperienza che molte volte non viene percepita, ed è spesso dimenticata, qual è la comunione dei santi: un sentire «come proprio tutto ciò che di bello ha realizzato il Signore in ogni persona – ha rilevato monsignor Redaelli – e come dire che c’è un legame profondo tra tutti noi». Ognuno di noi è frutto della fede, della speranza, dell’amore degli altri. «Ci vorrà l’eternità – ha ripreso monsignor Redaelli -, altro che annoiarsi, in paradiso per scoprire quanto siamo debitori d’amore gli uni degli altri ».
Un primo motivo di ringraziamento a suor Enrichetta, padre Clemente e don Serafino è proprio l’aver intuito in piazza Duomo delle schegge di paradiso. Dal paradiso, avverte monsignor Redaelli, bisogna tornare sulla terra per riprendere il cammino della ferialità, fatto di fatiche, impegni, a volte vissuti con un po’ di scoraggiamento perché la vita di oggi è avvolta in una specie di melassa nel grigiore delle chiacchiere «che ci riempiono le orecchie».
Proprio leggendo le memorie di suor Enrichetta scritte nel tempo della prigionia «ci viene la conferma che i periodi di prova, di difficoltà, di guerra, di prigionia, sono certo difficili, ma fanno emergere ciò che sei nel profondo. A volte emerge il grigiore, ma spesso anche il meglio che c’è in noi con la grazia del Signore. Ed è più di quello che pensiamo, perché dentro di noi abbiamo la dignità e la bellezza, la forza di essere figli di Dio». I tre beati sono diventati tali non soltanto per i gesti eroici compiuti, «ma per l’attenzione quotidiana al Vangelo. In particolare suor Enrichetta, non solo perché ha vissuto i giorni della sua prigionia o qualche gesto di carità più rilevante rispetto ad altri, ma perché ha vissuto ogni giorno nella normalità il suo carisma di Suora della Carità facendo la volontà del Signore».
È impressionante il tempo che i tre beati hanno dedicato alla preghiera quotidiana. In questa scelta si concentra «il vero segreto della loro fedeltà al Signore e della loro dedizione incondizionata agli altri, appunto giorno per giorno, nei giorni belli, tristi e grigi». Due le grazie da chiedere a suor Enrichetta: avere verso gli altri gli stessi sentimenti di Cristo e riconoscere negli altri, soprattutto nei poveri e nei bisognosi, la presenza del Signore.